1 Apr 2015

Io faccio così #66 – Gli scambi scolastici di Intercultura: incontrare il mondo per costruire il dialogo

L'esperienza italiana di Intercultura, dal 1955, promuove il dialogo e la conoscenza delle diverse culture attraverso scambi scolastici ed esperienze interculturali. Ragazzi di 17 anni partono e arrivano da differenti paesi, per un anno, crescendo nelle proprie capacità di integrare la diversità e allargando le proprie prospettive future.

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Siena, Toscana - Costruire il dialogo interculturale attraverso gli scambi scolastici, aiutando così persone di tradizioni culturali diverse a comprendersi e collaborare in modo costruttivo. Con questa finalità è nata nel 1955 l’esperienza italiana di Intercultura  che “da decenni promuove il dialogo rispettoso tra uomini e donne di tutte le culture, nella convinzione che la conoscenza reciproca e la comprensione delle diversità costituiscano un prezioso antidoto allo ‘scontro tra le civiltà’”, oggi quanto mai attuale.

L’associazione promuove e organizza scambi ed esperienze interculturali, inviando ogni anno circa 1800 ragazzi delle scuole secondarie a vivere e studiare all’estero ed accogliendo nel nostro Paese un migliaio di giovani di ogni nazione. “Abbiamo cominciato a parlare di queste cose quando nessuno poteva immaginare nemmeno che potessero esistere”, ci racconta Roberto Ruffino, socio fondatore e segretario generale di Intercultura.

Il programma è destinato ai giovani di circa diciassette anni. Questi hanno la possibilità di trascorrere un anno scolastico in uno dei Paesi che aderiscono al circuito, dove lo studente viene ospitato da una famiglia del posto. L’organizzazione prepara i ragazzi e gestisce le problematiche che possono sorgere durante l’esperienza. D’altra parte, Intercultura si occupa dell’accoglienza dei ragazzi stranieri in Italia.

intercultura

“Lo sforzo di uscire da un angolo in un Paese in cui nessuno ti conosce – spiega Roberto Ruffino – è una lezione che ti porti dietro per tutta la vita. I ragazzi italiani quando vivono questa esperienza si sentono per la prima volta autonomi, vivi, capaci di fare qualcosa e, normalmente, capiscono cosa vogliono fare nella vita. D’altra parte anche l’Italia, che da un giorno all’altro è divenuta terra di arrivo per migliaia di persone, ha molto bisogno di imparare come ci si rapporta a chi proviene da altre parti del mondo”.

A dar vita ad Intercultura è stato un gruppo di volontari che avevano vissuto esperienze interculturali all’estero e ne avevano apprezzato il potenziale educativo e la carica innovativa rispetto ai programmi scolastici tradizionali. Oggi l’associazione conta circa quattromila volontari italiani suddivisi in più di 140 centri locali. Altri duecentomila, poi, fanno parte delle associazioni consorelle in sessanta Paesi. La struttura professionale conta oltre mille persone in tutto il mondo: “un vero e proprio ‘esercito di pace’ al servizio di tutti coloro che sono interessati all’apprendimento interculturale”.

Roberto Ruffino, socio fondatore e segretario generale di Intercultura

Roberto Ruffino, socio fondatore e segretario generale di Intercultura

Come si legge sul sito, il progetto educativo di Intercultura vuole così “contribuire alla creazione di una società mondiale pacificata, non attraverso la presenza egemone di poche culture ai danni di tutte le altre, ma attraverso il riconoscimento degli apporti che ogni cultura (non mitizzata, né fossilizzata, ma nel suo divenire) può dare alla soluzione di problemi comuni”.

Si tratta di collaborare alla costruzione di “una società in cui il conflitto non sia dissimulato o risolto con la violenza, ma sia fonte di soluzioni originali e di progresso e dove le soluzioni emergenti non siano sempre quelle delle nazioni più ricche, ma riflettano anche quelle emarginate”. Fondamentale è inoltre per Intercultura dialogare con il sistema educativo italiano al fine di sensibilizzarlo alle tematiche interculturali ed aprirlo alla conoscenza e allo studio delle relazioni con le altre culture.

“Uscire dai propri punti di riferimento è straordinario – afferma Roberto Ruffino – Si smette di considerare ‘normale’ ciò a cui si è abituati, e si allargano le prospettive”.

Il sito di Intercultura

 

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