24 Nov 2015

Dal Messico all'Italia: Carovane Migranti per i diritti e la dignità

Sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione dei migranti, promuovendo il rispetto dei diritti e della dignità umana di quanti ogni anno lasciano il proprio Paese. È questo l'obiettivo delle Carovane Migranti organizzate da diverse associazioni italiane e ispirate alla carovana delle madre centroamericane. Per saperne di più su questa iniziativa e più in generale di alcuni aspetti legati al fenomeno migratorio, abbiamo intervistato Roberto Brandinu e Fulvio Ferrario.

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Un viaggio in Italia percorrendo i ‘punti caldi’ della migrazione ma toccando, allo stesso tempo, gli scenari sociali e ambientali più critici del nostro Paese per mettere in luce le connessioni profonde con le ragioni del fenomeno migratorio. L’obiettivo delle Carovane Migranti è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione dei migranti, promuovendo il rispetto dei diritti e della dignità umana di quanti ogni anno lasciano il proprio Paese, pagando spesso questa “scelta” con la vita stessa.

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Organizzata da diverse associazioni, la prima carovana migrante italiana è partita il 22 novembre dello scorso anno da Lampedusa e si è conclusa il 6 dicembre a Torino. La Carovana italiana per i diritti dei migranti, per la dignità e la giustizia si ispira alla “Caravana de Madres Centroamericanas buscando a sus migrantes desaparecidos”, promossa dal Movimiento Migrante Mesoamericano, che da undici anni vede una moltitudine composta da madri, mogli e sorelle mettersi in cammino alla ricerca dei parenti scomparsi lungo il più grande corridoio migratorio del mondo, passaggio obbligato tra il sud e il nord, tragicamente simile al nostro Mediterraneo.

 

Lo scorso anno la “marcia delle madri” si è svolta contemporaneamente alla carovana italiana, alla quale hanno partecipato anche alcuni rappresentanti della carovana centroamericana. È nata così una forte collaborazione tra i promotori delle due iniziative portate avanti in due aree del mondo che, seppur distanti, presentano analogie riguardanti la condizione dei migranti e la situazione sociale che la determina.

 

Quest’anno la carovana si svolgerà dal 29 novembre al 19 dicembre, mentre quella italiana dal 2 al 17 aprile 2016. Le tappe sono ancora da stabilire ma quel che è certo è che anche stavolta il viaggio in Italia (e che forse toccherà anche l’area dei Balcani) rappresenterà un’occasione per riflettere sulle azioni intraprese dall’“alto” e dal “basso” per affrontare il fenomeno migratorio; denunciare le situazioni di ricatto e sfruttamento lavorativo di cui sono vittime i migranti; evidenziare l’inadeguato livello di contrasto alla criminalità organizzata che approfitta della situazione di debolezza nella quale le istituzioni lasciano i migranti e i richiedenti asilo; fare luce sulle cause, spesso poco esplorate, che spingono le persone a fuggire.

 

Per saperne di più di questa iniziativa, abbiamo intervistato Roberto Brandinu e Fulvio Ferrario, referenti di Carovane Migranti.

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Cosa sono le Carovane Migranti?
Roberto: Sono persone, associazioni e varie realtà che si sono messe insieme per cercare di dare una piccola risposta al tema della migrazione che ormai da tanti anni in Italia ci riguarda direttamente. Lo scorso anno la carovana è partita da Lampedusa e ha toccato vari punti caldi della Sicilia, Calabria, Puglia, Campania. ‘Punti caldi’ più o meno direttamente legati alla migrazione, come la Terra dei fuochi o il Muos di Niscemi.

 

Fulvio: La carovana ha toccato alcuni punti che non riguardavano esattamente le migrazioni ma alcune situazioni a queste connesse. Questo perché siamo convinti che i processi di migrazione europei hanno ragioni strutturali evidenti. Tali ragioni sono da ricercare nelle condizioni in cui versano i paesi da cui arrivano la maggior parte dei migranti.

 

Puoi spiegarci meglio?
Fulvio: Un esempio lampante lo abbiamo in Siria: la recrudescenza della guerra porta la stragrande maggioranza della popolazione siriana fuori dal suo Paese. Questo vale anche per altre situazioni di dittatura, mancanza di democrazia, presenza di bande armate, violenza nei confronti delle donne e mancanza di sussistenza. Siamo convinti che una parte delle responsabilità di queste situazioni derivi direttamente dalle politiche che i grandi centri economici e finanziari hanno portato avanti nei confronti di quei Paesi contribuendo a ridurli nelle condizioni in cui sono.

 

Quali sono le politiche legate al fenomeno migratorio?
Fulvio: Queste politiche riguardano lo sfruttamento intensivo delle risorse di quei paesi a favore delle economie dei paesi cosiddetti ‘sviluppati’, nonché l’appoggio a governi che garantivano alle potenze occidentali l’accesso alle risorse economiche. Queste sono, di fatto, le cause fondamentali che hanno determinato le situazioni di guerra e terrore in molti di quei Paesi.

 

Pertanto, mettere in comunicazione i migranti con la Terra dei fuochi o con le trivellazioni nel mar Adriatico o con lo sfruttamento del lavoro schiavistico negli appezzamenti dei proprietari terrieri del sud Italia, vuol dire andare alla ricerca delle cause fondamentali delle migrazioni dentro e fuori dai loro Paesi.

 

La guerra, lo sfruttamento del lavoro nei campi, la distruzione ambientale, la militarizzazione del territorio. Tutto ciò è strettamente collegato alle migrazioni e, con le Carovana Migranti, vogliamo dare risalto a questo.

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In che modo la situazione che si è determinata con gli attentati di Parigi inciderà sulla condizione, già critica, dei migranti?
Roberto: Sicuramente la situazione, purtroppo, peggiorerà. Questi avvenimenti verranno probabilmente utilizzati come alibi per limitare ulteriormente i diritti dei migranti e probabilmente anche i nostri.

 

Fulvio: I fatti di Parigi hanno determinato come conseguenza immediata la chiusura delle frontiere da parte della Francia, è stato dichiarato lo stato d’emergenza per tre mesi e sui territori sono stati dati poteri straordinari ai prefetti, che possono decidere di dichiarare il coprifuoco. Si delinea così una situazione molto simile a quella di una guerra.

Già prima era in corso un sistema di costruzione di sbarramenti, muri e ostacoli nell’attraversamento delle frontiere, sebbene la comunità europea avesse deciso per una distribuzione dei migranti. Non c’è dubbio che questo determinerà un peggioramento delle condizioni dei migranti.

 

Il nostro compito come Carovana dei Migranti è quello di rompere il muro del silenzio e far conoscere all’opinione pubblica qual è la situazione. Non dimentichiamo che le persone che provengono da tutti i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente scappano esattamente da quello stesso fondamentalismo che viene evocato nei Paesi occidentali come la scusa per respingere i migranti. In pratica, i migranti scappano dai tagliagole e noi chiudiamo loro le porte in faccia.

 

Pensate che aumenterà anche la paura e la diffidenza delle persone nei confronti dei migranti?
Roberto: Purtroppo sì, già adesso, anche per i messaggi che passano dai mezzi di comunicazione il migrante viene associato al delinquente. Gli ultimi eventi probabilmente accentueranno questa associazione. Si pensi al titolo in prima pagina sul quotidiano Libero il giorno dopo gli attentati di Parigi: “Bastardi Islamici”. Queste immagini si insinuano nel cervello della gente comune che non avendo la voglia o la possibilità di informarsi in modo approfondito interpreta quelle come verità.

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Durante la prima carovana, quello dello scorso anno, che clima avete percepito? In che modo i cittadini italiani hanno accolto questa iniziativa?
Roberto: Noi abbiamo avuto molti contatti con gente che condivide quello che stiamo facendo e quindi non era ostile.

 

Fulvio: in realtà, durante la carovana dello scorso anno, sono stati costruiti e consolidati molti rapporti poi proseguiti durante l’anno e nell’organizzazione della prossima carovana.
In generale l’accoglienza è stata molto buona, anche se ci siamo confrontati soprattutto con quella parte di opinione pubblica già sensibile nei confronti di questo tema.

 

In che tipo di situazioni negative vi siete imbattuti?
Fulvio: Abbiamo scoperto che il caporalato, che è una delle piaghe del sud che accomuna italiani e migranti, esiste anche al nord in modo molto più diffuso di quanto si possa pensare. Ci sono situazioni vergognose per un Paese civile. La percezione è che le organizzazioni criminali alle quali è legato il caporalato si stiano diffondendo a macchia d’olio anche al Nord.

 

Avete conosciuto esperienze positive e propositive dal basso?
Fulvio: assolutamente sì e sono diffuse in tutto il territorio italiano. Vi sono una serie di associazioni locali che stanno nascendo e avviando una serie di buone pratiche che si stanno diffondendo in molte parti del territorio italiano e che insieme configurano un embrione di rete che potrebbe divenire un meccanismo di protezione dei migranti generalizzato.

 

Abbiamo visto dal sud al nord esperienze di accoglienza diffusa dei migranti, di avviamento al lavoro, di ospitalità, di formazione. Ci sono esperienze straordinarie, quasi sempre nate dal volontariato, quasi mai purtroppo con il coinvolgimento degli apparati dello Stato. Ci sono tuttavia alcuni comuni che stanno lavorando molto bene sul piano dell’accoglienza diffusa: ovvero pochi migranti distribuiti in vari comuni.

 

Invece i grandi centri di accoglienza di migranti sono una vergogna: non risolvono il problema e al contrario rafforzano le organizzazioni che hanno come principale scopo il traffico di persone. Il Cara di Mineo è profondamente legato a Mafia Capitale. Piuttosto che portare avanti la politica dei grandi centri, lo Stato dovrebbe sviluppare un’accoglienza diffusa a tutti i livelli ed una solidarietà attiva verso i migranti.

 

Per saperne di più sulla situazione centroamericana:
“Messico, il dramma dei migranti e la marcia delle madri dei desaparecidos”

 

 

 

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