25 Gen 2016

Sardegna: apre il primo ambulatorio per cani e gatti randagi

Scritto da: Tamara Mastroiaco

Situato nella provincia di Carbonia-Iglesias, l’ambulatorio speciale per cani e gatti randagi sarà gestito dai volontari della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, supportati da veterinari volontari. La Legge n. 281/91 stabilisce che le autorità locali, Comuni e ASL, sono i responsabili della gestione del randagismo e, che i soggetti prioritari cui concedere le convenzioni per la gestione dei canili sono le associazioni di protezione degli animali. La normativa, però, viene troppo spesso disattesa. E il Comune di Roma ne è la prova!

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In una terra dove il fenomeno del randagismo è radicato, a causa della mancanza di sterilizzazione degli animali e dell’elevato tasso di abbandono, sorge a Carbonia, nella provincia di Carbonia-Iglesias, il primo ambulatorio dedicato agli animali randagi, voluto fortemente dai volontari della Lega Nazionale per la Difesa del Cane.

 

Ambulatorio11

 

“Questa è una terra di randagismo endemico e c’è necessità di sensibilizzare i cittadini a non tirare dritto se vedono un animale ferito e in evidente stato di malessere. A dissuaderli dall’occuparsene, spesso, sono le spese alle quali devono andare incontro per aiutarli” dichiara Patrizia Sitzia, Presidente della Lega Nazionale per la Difesa del Cane, sezione Carbonia.

Il pronto soccorso per cani e gatti è operativo dal 16 gennaio scorso e presterà le prime cure agli animali randagi vittime di incidenti o bisognosi di aiuto a causa delle cattive condizioni di salute. Il centro sarà attivo 24 ore al giorno, festivi compresi, e sarà gestito dai volontari dell’associazione, reperibili anche di notte al numero 3711178471, i quali saranno supportati da veterinari volontari.

 

“Il servizio non si pone in competizione con l’attività dei veterinari privati ma è rivolto ai randagi. I poveri animali potranno ricevere le prime cure del caso, le terapie base e piccole anestesie” precisa Nicola Maggio, veterinario volontario del centro e direttore sanitario del rifugio della sezione locale della Lega Nazionale per la Difesa del Cane. La Legge n. 281 del 1991 stabilisce che sono le autorità locali, Comuni e ASL, i responsabili della gestione del randagismo sul territorio ma la normativa viene troppo spesso disattesa.

 

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“A tal proposito, vorrei ricordare che il servizio veterinario della ASL di competenza è sempre obbligato a prestare soccorso gratuitamente agli animali in difficoltà e quindi il cittadino deve richiedere in prima istanza il suo intervento. Se la ASL non interverrà tempestivamente, il cittadino potrà portare l’animale ferito presso il nostro ambulatorio, senza doversi assumere nessun onere economico né tanto meno la proprietà del cane o del gatto come avviene nella maggior parte dei casi. Gli animali resteranno nell’ambulatorio il tempo necessario per il primo soccorso e verranno identificati per scoprire se hanno un proprietario al quale risalire attraverso il microchip. Se avranno bisogno di ulteriori interventi saranno portati, in seguito, alla ASL di competenza oppure condotti nei canili dei Comuni di appartenenza se randagi” spiega Patrizia Sitzia.

 

Il pronto soccorso avrà a disposizione anche un’autoambulanza per raggiungere velocemente l’animale ferito e trasportarlo in sede, dove verrà immediatamente curato. Solo in Italia, sono circa 600mila i cani randagi e 2 milioni e mezzo i gatti che vagano per le strade in cerca di acqua, cibo e riparo, secondo i dati forniti dalla Lega Antivivisezione (LAV). I primi diritti ai cani e gatti randagi sono stati riconosciuti nel 1991, grazie all’entrata in vigore della Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo (L. 14/08/91 n. 281). Fino a questa data, tutti i cani e i gatti accalappiati venivano uccisi dopo tre giorni di detenzione.

 

“I principi ispiratori della legge, purtroppo, non hanno trovato sufficiente attuazione pratica. Carente la costruzione di canili sanitari da parte delle amministrazioni locali, scarsi o assenti i programmi di prevenzione delle nascite, le campagne di adozione, le iniziative di promozione di un corretto rapporto uomo/animale” dichiara la LAV.

 

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Sebbene la Legge 281/91 stabilisca che i soggetti prioritari cui concedere le convenzioni per la gestione dei canili siano le associazioni di protezione degli animali, nel nostro paese sono nate, invece, tante strutture private che hanno fatto della detenzione dei randagi un business, il cui unico scopo è lucrare sugli animali. Il contributo fornito ai rifugi/canili privati va da 2 a 7 euro a cane, quindi, va da sé, che i responsabili, quelli disonesti e mossi esclusivamente dai guadagni, non hanno nessuna intenzione a far adottare i cani, anzi, tendono ad ammassarli per far funzionare i propri affari e ottenere maggiori profitti.

 

È questo quello che vuole il Comune di Roma? Essere complice di imprenditori che speculano sulla pelle di cani e gatti? Perché, se i due canili romani Muratella e Vitinia ex Poverello saranno chiusi, sarà questo il futuro dei 650 cani e 50 gatti! Gli animali finiranno in canili chiusi al pubblico, di proprietà di imprenditori privati, i quali presentano già oggi gravi deficit di adozioni. In 15 mesi, dal 1 gennaio 2014 al 31 marzo 2015, solo 89 cani sono stati fatti adottare dalle 4 strutture private convenzionate con il Comune di Roma, contro circa i 1300 cani che nei 12 mesi del 2014 sono usciti dai canili comunali grazie al lavoro dell’Associazione Volontari Canile di Porta Portese (AVCPP). Il 31 gennaio scade la proroga concessa all’associazione prima di Capodanno; siamo tutti invitati a sostenere gli operatori, i volontari e gli animali dei canili romani che, grazie alla giunta Marino, sono fortemente a rischio.

 

 

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