20 Giu 2016

Le Banche del Tempo nella società che cambia

Scritto da: Armando Lunetta

Promuovere un nuovo concetto di socialità attraverso lo scambio di saperi e abilità, utilizzando il tempo, e non il denaro, come strumento e intervenendo nei bisogni quotidiani delle persone. Diffuse su tutto il territorio nazionale, le Banche del Tempo propongono una nuova visione del mondo e sono testimonianza di una società in cambiamento.

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Lazio - Le Banche del Tempo  (Bdt) sono ormai una realtà diffusa in tutto il territorio nazionale e cominciano ad avere un ruolo riconosciuto nel comparto della nuova economia eco-sostenibile e nella cosiddetta sharing economy.

 

Dal punto di vista economico, le BdT, attraverso lo scambio dei servizi tra gli associati (tu fai una cosa per me e io faccio una cosa per te all’insegna della solidarietà e dell’amicizia, e dei servizi offerti alle amministrazioni pubbliche), sono generatori di ricchezza, non rilevata dalle statistiche ufficiali, perché non può essere certificata, e sicuramente, per gli economisti, non concorre alla creazione del Pil (Prodotto interno lordo). Di sicuro però concorre alla creazione del Pif (Prodotto interno della felicità).

 

Ma oltre all’aspetto economico, le Banche del Tempo sono, soprattutto in questo momento storico di crisi economica, sociale e di valori, un concetto rivoluzionario di socialità, intesa come il bisogno delle persone di aggregarsi attorno a valori condivisi e scopi comuni.

 

Rivoluzionario perché in piena epoca del consumo parossistico, le Bdt privilegiano il bene relazionale al bene materiale, diffondono la cultura della relazione attraverso lo scambio e la reciprocità delle azioni solidali.
Usano il tempo come strumento alternativo al denaro. Le Banche del Tempo rappresentano i precursori dell’utopia possibile: sfidano il principio cardine della cultura capitalistica, proponendo una microsocietà che utilizza come mezzo di pagamento non più il denaro ma il tempo.

 

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Sono agenti del cambiamento, che vogliono transitare verso una società post-moderna, mettere in discussione il pensiero unico dell’economia liberista, caratterizzata dell’ideologia materialistica e tecnocratica, e favorire e promuovere nuove visioni del mondo e valori diversi da quelli attualmente imperanti.

 

La cultura delle Banche del Tempo è fortemente in contrasto con la cultura della Tecnica, dominante oggi nel mondo occidentale. La Tecnica è la forma più alta di razionalità raggiunta dall’uomo e dove il denaro, sostiene il professore Galimberti, è l’unico generatore simbolico di tutti i valori e l’uomo è al servizio e strumento di un’economia che lo prevede soltanto come consumatore infelice (perché l’uomo felice non consuma), media-dipendente, competitivo, individualista.

 

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In questa epoca, dominata da uno spasmodico edonismo, e di un capitalismo assoluto, non c’è più spazio – afferma Diego Fusaro – per una comunità, ma ci sono solo individui, delle monadi individuali che ruotano in una comunità assente e che hanno come principio l’accrescimento di sé, o l’impiego cinico dell’altro.

 

Luigi Agostini nel suo libro “Il Pipistrello di La Fontaine “ nel capitolo dedicato alle Banche del Tempo, rileva: “l’individualismo senza limiti sta portando ad un crollo verticale della coesione sociale di cui la grande crisi attuale non è altro che la manifestazione più eclatante. Antropologicamente l’uomo competitivo, soppiantando in questi decenni l’uomo cooperativo, ha minato e sta minando le basi del processo di civilizzazione.”

 

Ormai, arrivati a questo punto, tutti avvertiamo il bisogno di un cambiamento, e tutti ne parlano. C’è una massa critica di milioni di persone in Italia che ha le idee chiare su dove andare: sono tutte le associazioni, enti, fondazioni, movimenti che vogliono tornare ad una visione umanistica dell’uomo. Si occupa di volontariato, di solidarietà, di una visione etica della vita, auspica il ritorno alle relazioni umane. Tale moltitudine ha preso il posto e, in parte anche il compito, che apparteneva al welfare statale, che si è dissolto con l’apparire dei venti di crisi.

 

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Le Banche del Tempo vogliono essere protagoniste di questa nuova visione della società. Ci sono dentro, con una loro peculiarità: si occupano della cultura della relazione, della reciprocità, dello scambio, e hanno assunto come mission il concetto del donare, ricevere e ricambiare, azioni e comportamenti che producono nella collettività il senso di appartenenza, di protezione e di amicizia.

 

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Scrive Pietro Cavaleri, psicologo, nel suo libro “Vivere con l’altro”, esistono molti tipi di relazione, ma quello fondato sulla reciprocità costituisce un paradigma, un modello relazionale, molto specifico e particolare. In esso, infatti, ciascuno dei due partecipanti all’interazione ha cura di “guardare” l’altro non solo come “altro da sé (differente e distinto da sé), ma anche come “altro di sé” (necessario, fondamentale per l’espressione per la realizzazione di sé). In questa prospettiva, l’altro in qualche modo “mi fa essere” contribuisce ad estrinsecare ciò che potenzialmente è in me, a svelare ciò che sono e ciò che posso essere. Sicché nella dinamica della reciprocità, io sono “attento” all’altro, lo accolgo, lo sostengo nella sua diversità ed egli nel contempo assume il medesimo atteggiamento nei miei confronti.

 

Il valore della relazione, dunque, come valore aggiunto che pone questa associazione, insieme alle altre presenti nel panorama associazionistico italiano, e che operano nel Terzo Settore, come produttori del “ben-essere”.
Sappiamo che la capacità di influire sui processi cambiamento non è solo una questione di predominanza numerica ma anche un percorso di consapevolezza, di maturazione di nuovi bisogni e di nuovi stili di vita da parte di svariate fasce sociali.

 

Nel corso della storia piccole minoranze ben organizzate hanno spesso influito, più di vaste maggioranze, sulle trasformazioni socio culturali. Tra di queste ci sono anche le Banche del Tempo.

 

 

 

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