25 Ott 2017

La rivoluzione del Filo di Paglia, introduzione all'agricoltura naturale

Scritto da: Giorgio Avanzo

Ridurre al minimo l'intervento umano sui processi naturali e tornare ad un modo di coltivare più a contatto con la natura e con noi stessi. Questo il fine della ricerca di Masanobu Fukuoka, padre dell'agricoltura naturale e autore del libro “La rivoluzione del Filo di Paglia”.

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Questo articolo nasce per consigliarvi un libro: “La rivoluzione del Filo di Paglia” di Masanobu Fukuoka. Ma prima di approcciarsi alla lettura di un libro doppiamente tradotto (da giapponese ad inglese e da inglese ad italiano), magari senza conoscere alcuni tratti della cultura nipponica, è bene fare alcune premesse. Mi servirò di una citazione di uno dei più bei libri prodotti dall’Occidente.

Masanobu Fukuoka, padre dell'agricoltura naturale e autore del libro “La rivoluzione del Filo di Paglia”

Masanobu Fukuoka, padre dell’agricoltura naturale e autore del libro “La rivoluzione del Filo di Paglia”


“Il Piccolo Principe” di Saint-Exupèry è un capolavoro nella sua semplicità. Una delle frasi che spesso mi ricordo è detta dalla Volpe al Piccolo Principe: “Le parole sono fonte di malintesi”. La volpe, figura saggia nel libro dello scrittore francese, mette in guardia il Piccolo Principe sui limiti e sulle insidie del comunicare attraverso parole.
Non mi addentro nel profondo significato di questa frase, però credo che aiuti a capire, in certi passaggi, la visione di Fukuoka, un uomo che ha abbandonato la conoscenza scientifica a favore di una comprensione intuitiva della natura e della vita.

 

Sto approfondendo da qualche anno le tecniche alternative rispetto all’agricoltura moderna. Il motivo principale che mi ha spinto in questa direzione è che non sono mai stato a mio agio con l’uso dei pesticidi e dei prodotti chimici. Cercando di studiare un po’ l’argomento mi sono reso conto che non c’è qualcosa di sostitutivo a questi prodotti nel moderno sistema agricolo. Mi spiego meglio: i pesticidi e gli altri prodotti chimici fanno parte di un “pacchetto” unico che contiene anche le monocolture, l’uso di mezzi pesanti e i grandi appezzamenti sfruttati in maniera intensiva.

 

Gli operatori di questo sistema vi diranno che non si può fare senza. Potremmo chiamare questa modo di operare “agricoltura industriale” o “agricoltura di mercato”. Questo tipo di agricoltura ha la caratteristica di essere molto complessa, ha bisogno di molto controllo da parte dell’uomo, oltre che un grande sforzo teorico e tecnologico da parte del mondo scientifico. Sostanzialmente: se vogliamo abbandonare i prodotti chimici, bisogna cambiare modello di coltivazione su grande scala.

agriculture
L’alternativa a questo mondo agricolo esiste! È già costituita da varie comunità e singoli che a loro modo cercano un approccio diverso alla coltivazione. Si parla di: “agricoltura naturale”, “agricoltura sinergica”, “permacultura”, “agricoltura biodinamica” ecc. La lista è lunga.

 

Delle volte si è portati a pensare che questi siano mondi diversi. A livello intellettuale magari lo sono, ognuna di essa ha delle pratiche che, seguite come fossero comandamenti, le renderebbero diverse l’una dall’altra. La cosa che ho notato invece è che al di là della ragione, che domina l’agricoltura industriale, queste pratiche rispondono al medesimo bisogno dell’uomo di tornare ad un modo di coltivare che sia più a contatto con la natura, ed infine più a contatto con noi stessi.  Ecco perché chi pratica agricolture di questo tipo non dovrebbe dividersi sui termini, perdendosi nella teoria dell’agricoltura.

 

Ciò che ricerchiamo con queste agricolture non ha bisogno di definizioni. È un modo di fare dove l’uomo non ha il controllo. Egli può osservare ed intuire, ecco tutto. L’arte di osservare quello che la natura ci offre è un dono che si sta perdendo.

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ll punto di partenza iniziale dell’agricoltura industriale invece è il risultato voluto. Questo approccio non può funzionare semplicemente perché il desiderio non ha limiti e segue il mito utopico della crescita infinita.
Qui entra in gioco il protagonista della nostra storia, un contadino giapponese di nome Masanobu Fukuoka. Egli sosteneva che l’agricoltura è una pratica che arriva senza sforzo. Invece di chiedersi: “cosa possiamo fare in più?”, dovremmo chiederci: “cosa potremmo fare di meno?”. Non è questo forse il sentimento guida delle nuove agricolture? Ecco dunque che sorge un nuovo sistema agricolo dove: non si lavora la terra, non si concima, non si usano prodotti chimici. Questo non per partito preso ma perché è semplicemente una modalità naturale.

 

Secondo me è utile abbandonare giudizi e aspettative in un primo momento e imparare ad osservare e sperimentare. Dove le aspettative e i giudizi sono abbandonati è dove l’intuizione e la creatività possono sorgere, assieme al vasto mondo delle coltivazioni naturali. Così potremmo anche capire che non ci sono due punti uguali sulla terra. C’è una così grande varietà di climi, terreni, piante e animali che non ci saranno due posti con le medesime condizioni, e ognuno potrà fare agricoltura a suo modo. Questa è agricoltura naturale.

 

 

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