28 Mar 2018

Panacea, il progetto che recupera l’antica filiera del pane – Io Faccio Così #205

Scritto da: Paolo Cignini

Dalla materia prima ricavata dalle aziende agricole del territorio, passando per il mulino e arrivando al pane a lievitazione naturale e alla sua distribuzione nel forno cittadino. Andiamo oggi a Torino, alla scoperta di Panacea: un possibile esempio di una sana filiera del pane a chilometro zero auspicabilmente replicabile.

Salva nei preferiti

Eccoci oggi in Piemonte, specificatamente tra Torino e Stupinigi, alla scoperta di un progetto che potrebbe rappresentare un esempio di sana filiera del pane a chilometro zero, auspicabilmente replicabile: si tratta del progetto Panacea, ideato dalla Cooperativa Articolo 4. Recuperando l’antica filosofia di produzione del pane a lievitazione naturale, Panacea è riuscita ad unire il produttore, l’intermediario e la distribuzione nel creare un forno che rappresenta un progetto imprenditoriale dove l’unione fa la forza e ognuno vince.

Come funziona Panacea

Il progetto Panacea è nato nel 2014: alcune aziende agricole di Stupinigi (una frazione del comune di Nichelino, in provincia di Torino), convertendo la propria produzione, cedono il proprio grano al Mulino di Candia Canavese, che a sua volta vende le varie farine ai forni Panacea che realizzano un pane a lievitazione completamente naturale.

“Con il progetto di Panacea abbiamo voluto creare un forno che producesse pane a lievitazione naturale solo con la pasta madre, perché era un prodotto raro da trovare qui a Torino” ci racconta Isabella de Vecchi, responsabile del forno Panacea. “Abbiamo pensato che, oltre a dotarci di uno spazio funzionale al forno e dell’attrezzatura necessaria, fosse anche importante lavorare con una buona materia prima”.

Da qui è nata l’idea imprenditoriale di Panacea: coinvolgere cinque aziende agricole di Stupinigi nella coltivazione sia dei grani classici che di alcune varietà di grani antichi che permettessero la produzione di un pane a lievitazione naturale, con poco glutine e ricco di nutrienti e fibre, capace di riequilibrare la flora batterica e stabilizzare in modo spontaneo e naturale il ph dell’intestino e il suo normale funzionamento fisiologico.

Il progetto è riuscito ed è partito anche grazie alla collaborazione raggiunta con il Mulino Roccati di Candia Canavese, dando vita alla filiera della farina di Stupinigi, regolata da un patto composto da vari impegni a cui si conformano i vari attori della filiera e che valorizza il  lavoro degli agricoltori, riconoscendo un giusto reddito per il loro lavoro e a garantendo la qualità del prodotto. Questo è stato un bel traguardo e una bella soddisfazione – ci spiega Enzo Bertola, uno dei cinque agricoltori coinvolti nella filiera e socio Panacea – soprattutto perché la nostra era un’azienda intensiva prima della collaborazione con Panacea. La filiera ci ha permesso di cambiare il nostro approccio, investendo insieme a Panacea e ottenendo un importante riconoscimento anche a livello economico, perché nonostante produciamo meno grano, questo ci viene pagato di più”.

19894944_774333876082723_5735282460279200684_n

Il Forno e il valore della sostenibilità

Le panetterie dove vengono trasformati e venduti i panificati di Panacea sono tre e si trovano a Torino. Nel corso di questi anni la richiesta del pane prodotto da Panacea è in costante aumento, tant’è che oggi è nata la cooperativa Panacea Social Farm che si occupa esclusivamente del progetto e le persone coinvolte lavorativamente sono circa quindici, con varie collaborazioni in termini di tirocini. Dall’ottobre 2017 Panacea ha sviluppato anche una parte educativa, organizzando dei corsi di panificazione con la pasta madre.

“È un bel risultato e abbiamo anche un fatturato ormai solido che permette a Panacea di essere un progetto sostenibile dal punto di vista economico – spiega Isabella de Vecchi – secondo me però è importante sottolineare anche il ruolo della filiera: con questo percorso abbiamo cercato di avere tutti i prodotti che fossero vicino alla città, siamo riusciti a convincere i contadini a trasformare parte delle loro coltivazioni, con un impatto ambientale importante e questo secondo noi è un buon risultato. La gratitudine e l’affetto delle persone per questo progetto è importante perché stanno capendo, oltre al valore oggettivo di produrre un buon pane, l’importanza della sostenibilità delle relazioni che si sono venute a creare”.

Vi rimandiamo a questo link per un approfondimento sulla collaborazione tra Panacea e la Federazione dell’Economia del Bene Comune.

Intervista: Daniel Tarozzi
Riprese: Roberto Vietti e Daniel Tarozzi
Montaggio: Paolo Cignini

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Crisi agricola e proteste degli agricoltori: qual è la verità? – A tu per tu + #14
Crisi agricola e proteste degli agricoltori: qual è la verità? – A tu per tu + #14

Coltivare Condividendo: “Salvaguardiamo i semi tipici dall’attacco dei nuovi OGM”
Coltivare Condividendo: “Salvaguardiamo i semi tipici dall’attacco dei nuovi OGM”

Come sta l’agroalimentare italiano? La parola a Silvio Barbero
Come sta l’agroalimentare italiano? La parola a Silvio Barbero

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Meteo estremo, dalla Sicilia al Brasile: dobbiamo rivedere i modelli climatici? – #898

|

Mare Libero, battaglia per l’accesso libero alle spiagge di Napoli

|

La realtà del suono: tradizioni musicali e riti del sussurro in Sardegna

|

Al museo Poldi Pezzoli un percorso di podcast che rende le visite inclusive e innovative

|

Lega del Cane (e non solo): cambiare cultura e leggi per difendere gli animali

|

Col Tofersen la SLA si può combattere ma vanno ridotte le disuguaglianze nell’accesso alle cure

|

A teatro con Slava’s snowshow per tornare bambini e guardare il mondo con occhi diversi

|

“Il Tyrrhenian Link è l’ultimo tentativo di colonizzare l’Isola, poi non resterà più niente”

string(8) "piemonte"