12 Mar 2018

Lavorare ispirati è possibile o siamo schiavi del lavoro?

Silvia Salmeri e lo staff di Destinazione Umana hanno elaborato una proposta che hanno chiamato "Lavorare ispirati". Di che si tratta? È un corso per imparare come cambiare il nostro approccio nei confronti del mondo lavorativo, che oggi opprime e totalizza la vita di tante persone. Silvia ce ne parla meglio in questa intervista.

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Oggi il lavoro sta diventando un elemento totalizzante nella nostra vita e infatti non è un caso che sempre più persone mostrino segni di insofferenza. L’aspetto peggiore non è tanto la fantozziana sveglia del lunedì mattina, quanto gli effetti di alienazione e frustrazione che lavorare provoca su di noi. In una società che ci identifica in base a quanto produciamo, ciascuno si sente obbligato a sacrificare sull’altare della professione tempo libero, famiglia, passioni, salute.

ispirati4Ma è possibile cambiare questo paradigma? Se lo sono chiesti Silvia e lo staff di Destinazione Umana, che hanno deciso di provare ad aiutare le persone a riconciliarsi con il mondo lavorativo e a scegliere la propria strada sulla base di criteri differenti dal successo, il denaro o carriera. Il nome del corso che propongono spiega già molto dell’approccio adottato: Lavorare ispirati.

 

Quali sono le categorie di “lavoratori scontenti” che avete individuato?

 

Direi che sono principalmente tre: quelli che lavorano (nella maggior parte dei casi come dipendenti) ma si sentono fortemente demotivati perché stanno facendo un lavoro che “devono” fare ma che non li fa sentire vivi e appagati. Quelli che hanno perso il lavoro, magari nel mezzo del cammin della loro vita, e si trovano ad un bivio: continuare a cercare di fare quello che hanno sempre fatto (spesso con scarsi risultati nel farcela e da qui il senso di frustrazione) oppure cogliere la crisi per fare un cambiamento e cercare di reinventarsi, magari facendo qualcosa che sia più affine al loro sentire. Come Morena, che racconta la sua esperienza con noi in questo video. Infine, quelli che lavorano fin troppo, spesso in multinazionali, e arrivano al burn-out per capire che è giunto il momento di invertire la rotta.

 

Pensi che per trovare soddisfazione nel lavoro bisogna fare per forza il grande salto o si può raggiungere questo traguardo anche con piccoli miglioramenti, passo dopo passo?

 

La mia esperienza dice che “ogni grande viaggio inizia con un piccolo passo” quindi voto la seconda.

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Quanto è importante l’ambiente in cui si lavora?

 

Tantissimo. Spesso si migliorerebbe di molto la qualità del lavoro anche con piccoli accorgimenti: ambienti luminosi e, se possibile, a contatto con la natura, con ritmi umani.

 

In Italia la cultura del “lavoro alternativo” (nuove professioni, homeworking, telelavoro ecc.) a che punto è secondo te?

 

Si sta cominciando a diffondere sempre di più, ma siamo ancora molto indietro. L’imprenditore vecchio stampo vede come unica via quella delle tradizionali 40 ore settimanali, con tanto di cartellino e quindi presenza obbligata del lavoratore in ufficio. Basterebbe capire che una maggiore flessibilità, anche semplicemente nella gestione dei propri orari e dei propri spazi di lavoro, non farebbe altro che aumentare la motivazione e quindi la produttività delle persone.

 

Ci puoi fare l’esempio di come lavora lo staff di Destinazione Umana per capire meglio il concetto di “lavorare ispirati”?

 

Lavoriamo principalmente da remoto, con una roadmap mensile che definisce scadenze e responsabilità e ognuno poi deciderà le modalità con cui portare a casa il risultato. Se lavorando all’alba come piace a me, sul letto come fa Federica o di notte o nel weekend come Andrea e Francesca, non importa. Poi naturalmente ci vediamo, almeno una volta a settimana. La nostra sede è in un bed and breakfast in Valsamoggia, in provincia di Bologna; abbiamo l’ufficio in una depandance immersa nella campagna e come vicini di scrivania abbiamo un asino, Lucio, un cavallo, Drago, una capra, Vito, il cane Semola e tanti gatti. Quando non ci vediamo comunichiamo principalmente via SLACK, ottimo strumento per team che lavorano a distanza.

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Cosa si porteranno a casa i partecipanti al corso?

 

Per citare le parole della mia collega Andrea Zacchi (la counselor che terrà il corso insieme a me), “non abbiamo trovato nella nostra Valsamoggia o in uno dei nostri Viaggi un libretto di istruzioni per essere felici, pensiamo che dallo scambio possa svilupparsi consapevolezza e che raggiunta questa sia più semplice prendere decisioni. É quindi un corso per avere ispirazioni, invece che istruzioni. Non proponiamo un corso di due giorni con l’obiettivo di insegnare ad essere felici, l’intenzione è quella di avvicinarsi alla propria finalità, offrire un nuovo punto di vista e di osservare un altro modo di fare le cose, che siano le stesse o completamente diverse”.

 

Cosa risponderesti a chi dice che non tutti si possono permettere il lusso di lavorare ispirati?

 

Che abbiamo fatto tanti, tanti sacrifici, soprattutto dal punto di vista economico. È naturale che siamo dovuti arrivare ad un compromesso tra lo stipendio buono e sicuro ogni 10 del mese e la libertà di fare un lavoro che ci facesse sentire vivi. Abbiamo scelto la seconda. In battuta diciamo che stiamo diffondendo un nuovo stile di vita, quello “poveri di lusso” e speriamo di essere sempre di più!

 

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