11 Apr 2018

Cos’è questa Rete di Reti di cui ho sentito parlare?

Qualche mese fa alcune realtà di cambiamento diffuse sul territorio italiano, fra cui la stessa Italia che Cambia, hanno deciso di intraprendere un percorso condiviso. È nata così una rete di reti che sta muovendo i primi passi di un cammino comune. Andrea Degl'Innocenti, che ha partecipato agli incontri, ci racconta di cosa si tratta.

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“Ho sentito che vi incontrate, come mai? Posso venire anch’io?”

“Ma quindi volete fare un partito politico?”

“Che cos’è questa rete di reti di cui ho sentito parlare?”

 

Recentemente sempre più persone si sono interessate a questa strana creatura nata in una calda giornata di luglio in Umbria (nel villaggio ecologico Panta Rei) che abbiamo chiamato Rete di Reti. Il nome non è molto originale, e a dire il vero non l’abbiamo neppure scelto del tutto consapevolmente. Semplicemente avevamo l’esigenza di chiamare in qualche modo questo percorso comune che, ormai otto mesi fa, alcune realtà italiane hanno deciso di intraprendere verso un mondo sostenibile, equo, solidale e felice. Finora, la natura embrionale e fragile di questa rete ci ha fatto propendere per non parlarne troppo, fatta eccezione per qualche scarno comunicato stampa. Tuttavia la crescente curiosità da parte di “esterni” unita al progressivo consolidamento del percorso ci ha spinto ad osare di più e raccontare un po’ meglio quello che stiamo facendo.  

 

rete-reti

Un incontro del gruppo Rete di reti presso l’ecovillaggio Il Rosmarino


 

Tutto è nato dalla volontà da parte di alcune realtà diffuse in tutto il territorio italiano di aumentare le collaborazioni reciproche e intraprendere un percorso comune. Si tratta di realtà molto eterogenee fra loro, ma accomunate da obiettivi e valori simili (a tal proposito, proprio in questi giorni stiamo lavorando alla stesura di un manifesto d’intenti che renda più chiari i valori e gli obiettivi della rete di reti).

 

D’altronde all’interno della Rete di reti le differenze non sono percepite come un limite ma come una ricchezza. Ogni realtà è stimolata a mettere a disposizione delle altre le proprie competenze, particolarità e punti di forza. C’è il Movimento per la decrescita felice che, secondo l’attivista ed ex presidente Jean-Louis Aillon, può mettere a disposizione “un pensiero che faccia da utile matrice per le varie alternative che porta la rete, valorizzando la biodiversità”; ci sono le Reti di economia solidale con le loro “pratiche innovative dei DES/RES locali di ‘economia trasformativa’: filiere agro-alimentari alternative, monete sociali, Comunità che supportano l’Agricoltura, Patti collaborativi tra produttori e GAS ed altre simili” (nelle parole di Davide Biolghini del tavolo Res nazionale). E i Bilanci di Giustizia che a detta di Ludovica Kirschner possono condividere la loro “esperienza di una struttura reticolare leggera ma efficace e resistente, la voglia di mettersi in gioco e mettersi in discussione, in modo creativo”.

 

In questo percorso confluiscono molte aspettative e speranze diverse. C’è chi, come Lidia Di Vece della Federazione per l’Economia del Bene Comune in Italia , si aspetta una “comunione di principi, valori, ma anche di fatti” e chi, come Dino Mengucci di Panta Rei, di realizzare una relazione “win-win-win, in cui non siamo più ognuno sotto il proprio cappello ma sotto un cappello comune, per il bene di tutti.” Secondo Filippo Bozotti di Italia che Cambia gli obiettivi sono “Conoscere nuove persone, e creare rapporti di fiducia per sviluppare progetti insieme, allinearci sui punti di forza di ognuno per massimizzare il nostro impatto a livello nazionale.”

 

 

Uno schema del metodo sociocratico adottato dalla rete di reti.

Uno schema del metodo sociocratico adottato dalla rete di reti.


 

Quindi a che punto siamo? Inutile ribadire che si tratta di un percorso ancora molto giovane che necessita di strutturarsi e darsi obiettivi più definiti. Finora il gruppo della Rete di Reti ha lavorato  su accordi di base ed iniziato a scrivere un manifesto d’intenti comune. Gli accordi di base stabiliscono le modalità mediante le quali i soggetti aderenti decidono di “stare assieme”, assumere  decisioni, comunicare all’interno e verso l’esterno e così via. Negli accordi di base è stabilito, ad esempio, che si utilizza il metodo del consenso  quando vengono adottate decisioni riguardanti questioni identitarie relative al “chi siamo”, e quello dell’assenso per ll’adozione di decisioni sul “cosa facciamo”. Gli accordi di base regolano prevalentemente gli aspetti relativi al “come” rispetto a quelli riferiti al “cosa”, che invece verranno affrontati nella stesura di un manifesto.

 

Tuttavia, nonostante il percorso sia ancora agli inizi, i partecipanti sembrano fiduciosi del processo  intrapreso assieme, pur fra le molte incertezze. “Ho trovato nel gruppo un’alta qualità di ‘spessore’ umano, oltre a quello esperienziale – afferma Francesca Guidotti di Terra Nuova -. Ho sentito in ognuno il senso di appartenenza alla propria rete ma apertura e stima del lavoro degli altri. Ho sentito con gratitudine che ognuno è consapevole che non si può realizzare questo grande cambiamento da soli e, vista l’esperienza del passato, sappiamo che è un percorso lungo e scivoloso.” Tutto ciò, a detta di Bruno Di Loreto, “fa ben sperare che tale processo amplifichi il potenziale di ognuno e dunque del collettivo che si trova a dover gestire un passaggio storico senza precedenti. Occorrerà saper esprimere anche risorse ed energie che non sappiamo d’avere.”

 

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