7 Nov 2018

Non chiamatelo maltempo

Scritto da: Greenpeace

L'Italia sta subendo gli effetti dei cambiamenti climatici che, proprio in queste settimane, sono tristemente sotto gli occhi di tutti. Eppure politica e mezzi di informazione preferiscono dare la colpa al “maltempo” piuttosto che attribuire questi fenomeni al clima che sta cambiando, chiarire le cause, le responsabilità e le possibili soluzioni.

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Qualche anno fa si parlava di cambiamenti climatici come una minaccia per il futuro. Oggi, purtroppo, gli effetti dei cambiamenti climatici sono in tutta Italia, ma li chiamiamo maltempo.

 

D’altronde, con il maltempo non ci si può arrabbiare. Con i cambiamenti climatici si potrebbe invece provare a chiarire le cause, note da anni alla scienza, e le conseguenti responsabilità di chi per decenni non ha fatto nulla. Responsabilità che sono sia della politica, che fa lo slalom tra annunci ed impegni non abbastanza ambiziosi, sia delle aziende che da anni bruciano carbone, petrolio e gas lasciando le conseguenze sulle spalle, e sui polmoni, dei cittadini.

 

Più facile allora chiamarlo maltempo, bombe d’acqua, ondate di calore. Poco si può fare contro questi eventi meteo. Stare chiusi in casa, al massimo, e quando la tempesta è passata lasciare spazio per qualche passerella politica, magari con la tuta della protezione civile. Senza mai parlare delle vere cause e delle possibili soluzioni, sia chiaro, perché con quelle non si guadagnano voti.

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Eppure è la scienza a dirci che bombe d’acqua, ondate di calore, siccità, e tutti i fenomeni meteorologici estremi sono sempre più intensi e frequenti proprio a causa dei cambiamenti climatici. Sempre la scienza, in particolare l’IPCC – il braccio scientifico dell’ONU che si occupa dei cambiamenti climatici – ha delineato delle chiare soluzioni: abbandonare i combustibili fossili, carbone petrolio e gas, e accelerare la transizione energetica verso un mondo 100% rinnovabile. Oltre che diminuire il consumo di carne e fermare la deforestazione. Il tutto, a detta degli scienziati, va fatto adesso. Non domani, oggi. Senza mezzi termini.

 

La politica però preferisce chiamare tutto questo maltempo. Supportata da gran parte dei mezzi di informazione, che si guardano bene dal fare parlare uno scienziato di questo “maltempo”: meglio dare spazio a politici che si rimpallano le responsabilità in un terribile gioco a chi ha fatto peggio nella difesa del territorio.

 

Se in Italia il collegamento tra maltempo e cambiamenti climatici è ancora latitante, non è cosi in altre parti del mondo. Ci sono infatti persone che hanno addirittura deciso di percorrere oltre 2mila km a piedi per difendere il clima. Si chiamano “pellegrini per il clima” e sono un gruppo che è partito da Roma lo scorso 3 ottobre, dopo aver incontrato il Papa, e che arriverà a Katowice, in Polonia, ad inizio dicembre. Punto di arrivo non scelto a caso, visto che proprio a Katowice a dicembre si terrà la COP24, l’annuale conferenza sul clima. Una delle ultime possibilità per la politica di prendere impegni concreti di riduzione delle emissioni e di produzione di energia da rinnovabili che ci permettano di limitare gli effetti dei disastri climatici.

 
Questi pellegrini vengono da tutto il mondo: Filippine, Irlanda, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e… Italia. A queste persone non sfugge il collegamento tra maltempo e cambiamenti climatici. Uno di loro, ad esempio, si chiama AG e viene dalla Filippine. A causa del tifone Haiyan, che ha colpito il suo Paese nel 2013, ha perso quasi tutta la famiglia e i suoi amici. Lui è uno dei pochi sopravvissuti al più devastante tifone della storia, con venti a quasi 350 chilometri orari. E oggi ha la forza di girare il mondo, insieme alla sua nuova famiglia di pellegrini, portando un messaggio di speranza. Ma anche di urgenza, di necessità di agire subito.

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Questo gruppo di persone, motivate, forti e sorridenti, ha passato ieri il confine dell’Italia entrando in Slovenia. In 4 settimane di cammino sul suolo italiano ha incontrato centinaia di persone, studenti, sindaci, vescovi, comunità locali, che li hanno accolti con grande calore e orecchie pronte ad ascoltare. Il messaggio principale che questo gruppo di camminatori ha lasciato in Italia è che ognuno può fare la sua parte. A cominciare da tutti noi, con le nostre scelte individuali, ma non solo.

 

Le aziende ad esempio giocano un ruolo decisivo nella partita dei cambiamenti climatici. E per questo motivo lo scorso sabato i pellegrini hanno incontrato Assicurazioni Generali, il più grande gruppo assicurativo italiano, che da un anno è al centro di una campagna internazionale che chiede al Leone di Trieste di smettere di assicurare ed investire nel carbone, la più inquinante fonte di energia che esiste. Il gruppo di camminatori ha raccontato le proprie storie, facendo capire a Generali che quelli che per loro sono solo investimenti, possono invece trasformarsi in disastri climatici, vittime e tragedie. O si è parte della soluzione o si è parte del problema. Non ci sono vie di mezzo. Generali è chiamata a decidere una volta per tutte quale ruolo vuole giocare. E deve farlo subito, perché la COP24 è alle porte.

 

Ma se ognuno deve far la sua parte, chi deve indubbiamente fare più di tutti è la politica che in questo campo in Italia non si distingue certo per ambizione e concretezza. Proprio ieri il ministro dell’Interno Salvini ha detto in conferenza stampa che “Troppi anni di incuria e malinteso ambientalismo da salotto, che non ti fanno toccare l’albero nell’alveo, ed ecco che l’alberello ti presenta il conto”. Salvini non ha mai nominato i cambiamenti climatici durante il suo discorso. Forse non gli è chiaro che il conto lo stanno presentando i cambiamenti climatici, non l’alberello.

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Tutto questo non stupisce, visto che proprio Salvini nel 2016 ha votato nell’Europarlamento contro l’adozione degli Accordi di Parigi. Proprio quegli accordi che tutti, da Papa Francesco a grandi manager di aziende come Apple, hanno accolto come il possibile punto di svolta nella lotta ai cambiamenti climatici. Salvini e la Lega si sono opposti a quegli accordi.

 

E anni prima, nel 2009, sempre la Lega ha votato al Senato una risoluzione negazionista sul tema dei cambiamenti climatici. Andando così contro il messaggio sostanzialmente unanime della scienza. In compenso però Salvini ha gioito per l’elezione di Trump, dichiarando che “grazie a Trump il dibattito sul clima ora torna serio”.

 

Forse il ministro Salvini preferisce parlare con Trump, che ha dichiarato di voler abbandonare gli Accordi di Parigi e bruciare carbone per i decenni a venire, piuttosto che con gli ambientalisti, che lui definisce “da salotto”. Noi saremmo contenti di sederci nel suo di salotto, per fargli una semplice domanda: “La Lega è un partito negazionista sui cambiamenti climatici, che preferisce Trump alla scienza, e dà la colpa del maltempo agli alberelli?”.

 

Gli italiani dovrebbero poter sapere qual è la posizione del partito di governo su questo tema che è ormai su tutti i quotidiani, anche se sotto il falso nome di “maltempo” e se il ministro Salvini vuol continuare a dare la colpa ai salotti e al meteo inclemente o se intende ascoltare il monito della comunità scientifica internazionale. Prima che sia troppo tardi.

 

Luca Iacoboni, campaigner Energia e clima 

 

 

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