14 Dic 2018

Pratica Meditativa: dispiegare la Coscienza Testimone

Questa settimana vi proponiamo una pratica meditativa per contattare e sperimentare la coscienza testimone, per assaporare quello spazio di “identità” dal quale si può osservare la mente e i pensieri, il corpo e le sue sensazioni, qualsiasi contenuto senza identificarci con esso. Uno spazio di libertà e sollievo che ci connette alla nostra essenza.

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Pratica ispirata alla Preghiera del Testimone, di Ken Wilber e inclusa nel libro “Una tanica d’acqua per attraversare il deserto”, di José María Doria (prossima pubblicazione).

 

Siediti nella postura della meditazione, in una posizione stabile, seduto su una sedia o a terra su un cuscino, con la schiena dritta, il mento arretrato, le spalle e l’addome rilassato. Fai diversi respiri profondi e prendi consapevolezza dello spazio che ti circonda, delle forme delle cose… sei un testimone che senza sforzo o difficoltà osserva le forme che sono alla portata della tua percezione.
Osserva ora le sensazioni presenti nel tuo corpo: il contatto con il pavimento o con la sedia, il peso del tuo corpo sulla seduta, la tensione o il rilassamento nelle diverse parti del corpo. Semplicemente renditi conto delle sensazioni che appaiono e scompaiono. Delle sensazioni che sorgono in questo stato di presenza. Sei testimone delle tue sensazioni.

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Ora osserva i pensieri che sorgono nella tua mente… Puoi notare immagini, ricordi, anticipazioni, desideri… Renditi conto di come sorgono spontaneamente, di come rimangono per un po’ e poi se ne vanno… Senza sforzo sei testimone di tutto questo.

 

Renditi conto che, se puoi vedere le forme dello spazio intorno a te, è perché tu non sei quelle forme, sei colui che le sta osservando… Allo stesso modo, se puoi sentire le sensazioni corporee è perché non sei quelle sensazioni, sei il testimone di quelle sensazioni. E se riesci a vedere come aleggiano i pensieri, è perché non sei quei pensieri, ma il testimone di quei pensieri. In modo naturale e spontaneo, tutte queste cose sorgono, da sole, nel tuo presente “renderti conto”, senza sforzo da parte tua.

 

Chi sei? Non sei gli oggetti là fuori, non sei le sensazioni, non sei i pensieri.  
Sei testimone della presenza di tutti essi. Chi o cosa sei?
Ho delle sensazioni, ma non sono quelle sensazioni. Chi sono io?  

Ho pensieri, ma non sono quei pensieri. Chi sono io?  
Ho desideri, ma non sono quei desideri. Chi sono io?  

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Faccio un passo indietro verso la sorgente della mia coscienza… Un passo indietro verso il testimone, e riposo in Lui. Io non sono oggetti, non sono sensazioni, non sono desideri, io non sono pensieri… Riposo nel Testimone… Non ho niente di speciale da vedere o sentire… Se vedo qualcosa, sarà semplicemente un altro oggetto: un’altra sensazione, un altro pensiero, un’altra immagine… Tutti questi sono oggetti, e io non sono nessuno di essi…

 

Mentre riposo nel Testimone, tutto ciò che osservo è una sensazione di liberazione e di sollievo da ciò che implica l’identificazione con questi oggetti finiti, dall’identificarmi con il mio corpo, con la mia mente, con il mio ego… Tutti questi sono oggetti che possono essere visti e perciò non sono Colui che vede, il vero Sé, il centro di percezione cosciente o consapevole?, il puro Testimone che veramente io sono…

 

Riposo nel Testimone e non mi aspetto di vedere niente di speciale, ciò che emerge andrà bene… Questa coscienza-testimone non ha niente di specifico da vedere… È semplicemente una sensazione radiosa di libertà nel puro vuoto… E in quel puro vuoto, che è quello che Io Sono, emerge l’intero mondo del manifesto: forme, sensazioni, sentimenti, emozioni, pensieri… Io sono quella libertà, quell’apertura, quel vuoto, e non le cose che nascono da lì.

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Riposo in questa testimonianza vuota, libera, facile e senza sforzo. Osservo che le nuvole sorgono nel vasto spazio della mia coscienza… Il cielo e la mia coscienza sono diventati uno. Posso baciare il sole, ingoiare la montagna… sono così vicini. Lo Zen dice “Prenditi l’Oceano Pacifico in un solo sorso”, ed è la cosa più facile da fare quando dentro e fuori non sono più due, quando il soggetto e l’oggetto non sono due, quando chi guarda e chi è guardato sono un Unico Sapore.

 

 

 

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