3 Dic 2014

Scirarindi 2014, viaggio nella Sardegna che Cambia

Scritto da: Sabina Bello

Mi è difficile scrivere innanzi a tante emozioni. Un viaggio nella Sardegna di Scirarindi  è come un viaggio al centro […]

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Mi è difficile scrivere innanzi a tante emozioni. Un viaggio nella Sardegna di Scirarindi  è come un viaggio al centro di un cuore vivo e pulsante. Cuore, più caldo di un festival. Vivo, perché nel suo nucleo ci sono state riflessioni acute, arcane, sul senso della vita, su i suoi punti nevralgici, dove il sangue si inonda e irrora nel profumo del fare. Viaggio, perché contemporaneamente mi ha fatto paesana di mondo e cittadina di campo, appartenente fin nelle mie cellule più taciturne alla terra e alla sua umida sostanza.

 

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Giovannella Dall’Ara e Daniel Tarozzi al Festival Scirarindi




Come ben ci ricorda Daniel Tarozzi, la rete web è il mezzo, ma l’importante è il reale, è l’incontro tra persone che si conoscono e riconoscono, scambiandosi saperi, pratiche, consapevolezze, sguardi e progettualità. Un ringraziamento speciale va a chi ha pensato e lavorato alla realizzazione di questo evento che sicuramente è un prototipo d’eccellenza, agli ospiti preziosi e a tutte le persone che con la loro presenza e operoso via vai hanno arricchito i convegni, gli spazi espositivi e tutte le attività di questo ultimo fine settimana di novembre.

 

La scuola e la terra sono i due fili d’oro, culla dell’oggi e del domani, da qui la matassa si dipana. Il pregio del vivere questi tempi è nel poter iniziare a prendere spunto da prototipi reali. La preside del Cilento “terra terra”, Maria De Biase, raccontandoci della sua scuola di forte impronta ecologica ha fatto il dono prezioso dell’esempio. Per tutta la vita dobbiamo capire a chi volgere innanzi a noi lo sguardo, perché questo primo atto ci insegna l’umiltà.

 

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“Educare le nuove generazioni a tutelare la propria terra. Ho faticato tantissimo a convincere che la ruralità è contemporaneità”.

Viaggiare talvolta è scoprire che bisogna arrivare molto lontano per capire la propria meta all’inizio del viaggio. Così oggi è un lungo cammino che ci fa guardare con occhi nuovi saperi antichi. Guardare altre labbra, forse arse di vento, per pronunciare parole nuove, insolite innanzitutto nel suono.

“Chi ti finanzia? Nessuno, cambiare stili di vita non ha bisogno di finanziamenti. Fare le cose, senza contestare, è quello che è rivoluzionario, un modo diverso che cambia le coscienze, che coinvolge tutti. Smettere di lavorare contro, lavorare per”.
Educarsi a pensare al di là delle reti, dei portoni, delle ringhiere, questo è il passaggio chiave, proprio quando si va ad affrontare l’ignoto di un terreno di confine, qualunque esso sia.

 

“Per fare gli orti si aprono i cancelli della scuola, arriva l’esterno, le nonne, i volontari, si costruisce un percorso didattico non prestabilito, di senso. Ai bambini la terra piace”.
Da L’asilo nel bosco  gioisco a vedere i prossimi possibili passi dell’operare, perché capisco che c’è molto da apprendere, che ci sono strade che a percorrerle davvero ti portano dove non ti aspetti. Bambini e piante crescono bene insieme. La scuola che cambia non è più un sogno così lontano, anzi, in certi luoghi esiste già.

 

Semi umani e semi campestri, qui gira il nocciolo della questione. Ogni seme ha il suo tempo, specialmente lento e questa lentezza è sinonimo di fertilità. Fertile umanità.

 

 

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Debal Deb, Daniel Tarozzi e Andrea Degl’Innocenti


Dalle parole di Debal Deb risuona un senso profondo di sacralità della vita, in ogni suo frammento, dove tutto l’habitat diventa naturalmente sacro, sacralità che arriva a proteggere quanto di più piccolo e fragile, appunto i semi. L’umanità come anima di cura, di accuratezza. È da questi racconti che abbiamo l’opportunità di apprendere.

 

I semi sono della terra, come i contadini, uomini dalla posizione privilegiata, intimi conoscitori del territorio, frontiera fra mondo naturale e cultura umana.

 

Le esperienze rappresentate e presenti al festival di Scirarindi sono molteplici e colorate, diverse da paese a paesino, appartenenti ai territori, alla Sardegna tutta e meravigliosamente incastonate in quest’Italia che Cambia. Come dice Teresa Piras, sono loro che ci sostengono, queste piccole realtà rappresentano proprio quelle fila fondamentali che fanno sì che un tessuto resti insieme. Semi da custodire e da diffondere, come le cose che non hanno prezzo, doni. La Sardegna che Cambia è qui.

 

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Andrea Degl’Innocenti e Maria de Biase


 

Questi incontri servono a mantener vivo il coraggio, a non perdere la direzione. Le comunità si assumono la responsabilità della propria vita. La vita vuole la diversità, esalta le differenze. C’è un filo comune. Quest’oggi anche ciò che è fatto con semplice lana ha coscienza. Così il cibo, l’acqua, l’edilizia, l’artigianato, il sapone, il miele.

 

Un nuovo immaginario sta sorgendo. Il documentario sull’Italia che Cambia ce lo racconta attraverso i suoi volti, riempendoci gli occhi commossi.

Racconto, batte nel petto. Che sia sussurro o canzone suggerisce di sfiorar le orecchie dell’Italia intera. Italia, terra, segreto, dama sinuosa che seduce e col suo filo d’oro ti stringe al cuore. Donna, che danza e che pulsa, non tace e a sé richiama animi coraggiosi. Oggi innamora. Racconto che ti prende e ti spinge tuttora, insonne alla ricerca del vero. Tutti da qualche parte abbiamo un cuore di terra.

 

 

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