1 Set 2015

Cyclolenti in Georgia: alla scoperta dei grani antichi

Scritto da: CycloLenti

Da Tbilisi passiamo un colle a 1700mt prima di riscendere verso Telavi. Facciamo risalire il nostro tasso di zuccheri mangiando […]

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Da Tbilisi passiamo un colle a 1700mt prima di riscendere verso Telavi. Facciamo risalire il nostro tasso di zuccheri mangiando accanto ai venditori di miele di montagna che si alternano a quelli di funghi lungo tutta la strada. Una grande pianura si apre davanti a noi, campi di grano e girasole squadrati… e dei vigneti dai quali si ottiene il rinomato vino di Kakétie (in Georgia ci tengono molto al loro vino. In aeroporto danno il benvenuto regalando una bottiglia a passeggero, ci riferiscono alcune persone atterrate a Batumi).

 

Una pausa al monastero ortodosso di Alaverdi, poi percorriamo gli ultimi chilometri che ci portano all’inizio di un parco naturale ai piedi delle alte vette (superano i 3000mt) che separano la Georgia dalla Cecenia. È qui che si trova il villaggio di Argokhi in cui è partito il progetto Momavlis Mitsa (Terre d’Avenir = Terra per il futuro). Siamo pronti ad una tappa di due settimane di wwoofing. 

 

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Il monastero di Alaverdi


A fine giornata, la luce inizia a calare, ma nessun segno di Momavlis Mitsa. Argokhi assomiglia agli altri paesini georgiani con le sue casette tutte identiche, traccia di un passato comunista, con i maiali, le mucche, le oche e galline che camminano per strada, i contadini che rientrano dai campi seduti sui loro carretti tirati da cavalli e asinelli… Chiediamo a qualcuno a caso “Jean Jacques?”. Senza esitare gli abitanti ci indicano una casa, ci siamo!

 

Jean Jacques, il fondatore del progetto, si è trasferito qui per via dei grani antichi georgiani. Ed è proprio durante un suo viaggio in Georgia che, mangiando del pane fatto con questi grani, si rende conto che, nonostante la sua intolleranza al glutine, non ha nessuna reazione allergica . Da due anni ormai coltiva e produce il proprio pane in un forno a legna che egli stesso ha costruito con l’aiuto dei wwoofer. Tra qualche mese arriverà anche un mulino a pietra. In questo modo terrà le fila di tutte le tappe di produzione.

 

Al nostro arrivo siamo accolti da Rosa, Jannes e Colyer, dei ragazzi volontari tedeschi e americani; non hanno ancora 21 anni, ma tengono in piedi la baracca con una sicurezza e una serietà notevole durante l’assenza di Jean Jacques. Dopo un dolce risveglio al suono del violoncello di Colyer, ci occupiamo tutti insieme dell’orto che gestiscono dalla A alla Z. Sono stupita, hanno imparato tutto da soli e al minimo dubbio vanno a controllare sui libri. La sera fanno un bilancio di ciò che hanno piantato e raccolto, annotano le temperature e i millimetri di pioggia caduta.

 

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Non sono soli, hanno anche il supporto di Rainer, uno dei grandi esperti di biodinamica che si è trasferito qui per entrare a far parte del progetto Momavlis Mitsa. In passato Rainer ha portato avanti uno studio finanziato da una compagnia svizzera che voleva dimostrare che l’agricoltura biologica e biodinamica non avevano nessun impatto positivo sui terreni radioattivi. I risultati hanno invece mostrato gli enormi benefici di questi metodi (in particolar modo quelli della biodinamica si sono rivelati nettamente migliori), ma si è dovuto aspettare 20 anni per pubblicarli perché ovviamente contrari agli interessi dell’azienda.

 

Io stessa ho scoperto che cos’è la biodinamica durante questi giorni e attraverso la lettura del libro “Il vino dal cielo alla terra” di Nicolas Joly, proprietario del vigneto La Coullée de Serrant in Francia (I prodotti di agricoltura biodinamica si trovano in commercio col marchio Demeter). Ma al di là dell’agricoltura è un’altra maniera di vedere le cose che introduce la biodinamica: essa presenta il pianeta come un organismo vivente dove tutto interagisce, la Terra è in un universo nel quale tutto si influenza a vicenda; la biodinamica ci ricorda che non siamo in un mondo fatto di sola materia, ci dimentichiamo spesso di considerare le energie e le forze che ci circondano.

 

Il vantaggio in Georgia è che i pesticidi, diserbanti e altri prodotti chimici sono arrivati che di recente e quindi è ancora possibile trovare dei terreni “intatti”, o facilmente “recuperabili”, in cui i microrganismi non siano ancora scomparsi e in cui l’equilibrio naturale possa essere ristabilito. Uno sguardo all’orto di Momavlis Mitsa e si comprende che questi prodotti non sono necessari. Che piacere, all’ora di mangiare, andare a “fare la spesa” nell’orto, dai vicini per il latte, il formaggio, vino, le uova… farsi il proprio Matsoni (yogurt caratteristico della regione e rinomato per le sue proprietà terapeutiche per via di alcuni batteri particolari), senza alcun bisogno di un supermercato!

 

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L’orto è così produttivo che il surplus va sui banchetti del mercato settimanale che Jean Jacques tiene a Tblisi per la vendita del suo pane. Vende anche dell’olio di girasole che lui stesso molisce, del formaggio di Telavi, del miele di un apicoltore locale, del succo di mele di una cooperativa del posto… rifornisce addirittura dei ristoranti della città. L’associazione Momavlis Mitsa è in cerca di persone per un aiuto nelle varie attività: orto, panetteria, nuove costruzioni… Non esitate a contattare Jean Jacques (momavlismitsa.jjj@gmail.com , +995 59 11 33 478).

 

Grace e il suo compagno sono passati da qui in bici due anni fa per raggiungere l’Inghilterra dall’Australia. Lei e suo padre realizzano dei documentari e oggi sono di ritorno per filmare l’avventura Momavlis Mitsa e la vita al villaggio di Argokhi. Ritornerò anche io? Le partenze non sono mai facili, ma questa qui è ancora più difficile per me, perché? Sarà forse perché questo posto lascia a ciascuno lo spazio per “mettersi all’ascolto del seme di vita che è in ognuno di noi”?

 

Durante una chiacchierata, parlando del grano, Jean-Jacques ci offre la sua visione: “…un seme è riposto in ogni anima, in ogni cuore, sta a noi scoprirlo e lasciarlo crescere…”.

 

Tiphaine

 

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