24 Mag 2018

L’associazione “Di tutti i colori”, uno spazio di condivisione per la crescita collettiva

Scritto da: Lorena Di Maria

“Di tutti i colori” è un’associazione culturale di promozione sociale attiva a Pino Torinese che si occupa di creare uno spazio di condivisione e di crescita collettiva proponendo attività culturali ed artistiche aperte a tutti. Secondo i principi della creatività, del rispetto dell’ambiente e della multiculturalità, la casa “Di tutti i colori” si inserisce nel contesto cittadino favorendo forme di scambio e conoscenza tra i residenti, come ne è esempio il recente evento realizzato all’insegna dell’integrazione, dal nome “Tutto il mondo è Paese”.

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Torino - “Di tutti i colori” è un’associazione attiva nel Comune di Pino Torinese a partire dall’anno 2008, con l’obiettivo di creare un luogo di incontro per tutte le fasce di età, che favorisca l’evoluzione e l’educazione delle capacità espressive e strategiche della persona attraverso la creatività, la conoscenza, il rispetto per l’ambiente, lo sviluppo della multiculturalità ed il benessere psico-fisico, proponendo variegate attività quali tecniche corporee, teatro, laboratori creativi ed artistici.
Affiliata all’ENDAS, l’Ente Nazionale Democratico di Azione sociale, l’associazione cresce ogni anno di più, grazie all’energia e alla collaborazione dei molti organizzatori e volontari che nell’azione collettiva credono fortemente.
Barbara Bordin è la presidente dell’associazione ed in una interessante conversazione, ci racconta la storia, gli obiettivi e la visione comune “Di tutti i colori”.

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Che cos’è l’associazione “Di tutti i colori” e di cosa si occupa?
“Siamo un’associazione attiva a Pino Torinese e condotta col lavoro e l’impegno di tutti coloro che lavorano qua. Nasciamo come associazione che vuole stimolare la creatività soprattutto nei bambini e la nostra volontà parte dall’idea che viviamo in un Paese dove si pensa che tutti i bambini diventeranno avvocati, medici, ingegneri, ma non è esattamente così e per questo accompagniamo e stimoliamo i giovani nella loro crescita, aiutandoli a sviluppare e riconoscere le proprie capacità e potenzialità.
Di tutti i colori si pone più o meno come una casa di quartiere, ovvero come un luogo dinamico ed aperto a tutti. Da quando abbiamo affittato la casa in cui svolgiamo le attività, cinque anni fa, sono tanti gli stimoli che noi offriamo alla popolazione e che si basano sui tre pilastri principali del nostro statuto, quali creatività, rispetto dell’ambiente e multiculturalità.
Nel primo caso, favoriamo la creatività attraverso stimoli di tipo culturale come presentazioni di libri o mostre ed abbiamo inoltre attivato corsi di musica, teatro, ginnastica o yoga. Prestiamo inoltre molta attenzione alla cura e tutela dell’ambiente, ad esempio tutto ciò che è presente in associazione è stato recuperato direttamente alla discarica. Dal punto di vista della multiculturalità e dell’interculturalità invece, crediamo fortemente nell’integrazione tra le culture, in particolare considerando il contesto territoriale e sociale in cui viviamo a Pino Torinese”.

Che ruolo riveste il tema dell’integrazione a Pino Torinese?
“A Pino Torinese ci troviamo in uno dei paesi più ricchi di Italia e quindi le problematiche legate all’integrazione sembra che non ci tocchino da vicino, ma in realtà non è così. Viviamo in un Comune di per sè multietnico dal momento che qui vivono persone di nazionalità diverse: la maggior parte proviene dal nord del mondo, tra cui svizzeri, tedeschi, lussemburghesi, ovvero dirigenti di aziende che in passato sono arrivati a Pino per risiedere in collina. Quando un anno fa è uscita sul giornale la notizia dell’arrivo di migranti, abbiamo sentito molta diffidenza intorno a noi e così è nata l’idea di dare vita ad un evento che prestasse particolare attenzione a questa tematica, per vincere timori ed ostilità nei loro confronti. Se anni fa gli stranieri di Pino provenivano dal nord, ora nelle famiglie ci sono tante persone che svolgono le professioni di badanti o colf, che stanno in qualche modo come nascoste. La nostra finalità è proprio quella di renderle partecipi della vita sul nostro territorio e protagoniste del nostro recente evento, ovvero il Festival delle culture”.

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In cosa consiste il Festival delle Culture che avete recentemente realizzato?
“Il Festival delle culture che abbiamo organizzato prende nome di “Tutto il mondo è Paese”, e rappresenta un evento che si è tenuto il week end del 19-20 maggio, in collaborazione con l’amministrazione comunale di Pino T.se, la consulta delle Associazioni ed altri enti. Quest’anno abbiamo dato vita alla prima edizione del festival, che rappresenta un momento di incontro tra culture, di approfondimento e avvicinamento che permettesse alle persone del nostro Paese di fermarsi, incontrarsi e conoscersi. Si tratta di un evento volto a favorire la conoscenza in differenti contesti di vita e l’incontro con persone originarie di altri Paesi che vivono in mezzo a noi senza che neanche le conosciamo”.

L’iniziativa ha riunito molteplici persone di culture, nazionalità e religioni diverse, in un momento dedicato al confronto e alla condivisione attraverso momenti collettivi dedicati al ballo, alla musica, a giochi, ad esposizioni fotografiche.
Tra le diverse attività a cui l’associazione ha dato vita e che nel complesso rappresentano un forte elemento di coesione e conoscenza reciproca tra i cittadini, emerge la “Living library”, che l’associazione definisce essere un metodo innovativo e concreto per promuovere il dialogo, ridurre i pregiudizi e favorire la comunicazione e la comprensione tra le persone dal diverso background culturale. La libreria vivente si presenta come una vera e propria biblioteca in cui i libri sono rappresentati da persone in carne ed ossa che raccontano ad un’altra persona un pezzo della loro vita. L’iniziativa, nata in Danimarca e riconosciuta ed incoraggiata dal Consiglio d’Europa a partire dal 2003, si basa sul concetto che la comprensione sia la precondizione della tolleranza, mettendo le persone di fronte ai loro pregiudizi ed offrendo uno spazio protetto in cui ospitare un dialogo franco e aperto.

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Un altro esempio di pratica utilizzata dall’associazione e molto efficace è quella del “Drum circle”, il cerchio di tamburi, in cui un gruppo di persone, guidate da un facilitatore, suona insieme strumenti a percussione di diverso tipo, col fine di creare assieme sonorità coinvolgenti, rendendo facile ed immediato per tutti entrare nel ritmo e nella musicalità. In questo modo, il forte clima di coinvolgimento dà vita ad una dinamica di gruppo condivisa che allenta lo stress e le tensioni, aumentando la fiducia negli altri. Come afferma Barbara Bordin, “è stato incredibile vedere 53 nazionalità diverse tutte unite in un solo cerchio”.
Nel complesso “l’evento si è svolto nell’arco di un week end ed è stato preceduto nei mesi precedenti da diversi appuntamenti ed occasioni di incontro e riflessione sul tema delle culture, su ciò che unisce e accomuna. La festa si è svolta per strada, in piazza e negli spazi identitari. È un viaggio nello spazio del mondo, ma anche all’indietro nel tempo, alla riscoperta della nostra natura migrante che dura fino ad oggi”.

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