29 Mag 2018

“Perché non ho mandato a scuola i miei figli e vi consiglio di fare lo stesso” – Seconda parte

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell'educazione a casa? E i genitori sono adatti ad insegnare? Non c'è il rischio che i bambini crescano isolati? E ancora, non si rinuncia forse così a voler cambiare la scuola? Di questo e molto altro abbiamo parlato con Erika Di Martino, mamma, scrittrice e divulgatrice fra le massime esperte di educazione parentale in Italia, in una lunga intervista di cui vi presentiamo qui la seconda parte.

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Erika, italoamericana trasferitasi in Italia dall’età di 5 anni, è una delle principali divulgatrici dell’homeschooling nel nostro Paese, autrice del libro “Homeschooling, l’Educazione Parentale in Italia” e fondatrice del Network Italiano EduPar. In occasione di un incontro sul tema ho avuto il piacere di intervistarla. Ecco la seconda parte di questa lunga e interessante intervista.

LEGGI LA SECONDA PARTE DELL’ARTICOLO

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“I bambini imparano anche senza il nostro intervento, siamo noi adulti che non lo vediamo”.  Cosa intendi?

Ti faccio un esempio: quando aveva 4.5 anni mio figlio Nicholas, che adesso ha nove anni, un giorno correva come un matto. A un certo punto viene da me e mi fa ‘Mamma, ho fatto tutti i numeri da uno a dieci’. Lui aveva ‘corso’ i numeri: l’uno correva dritto, il due storto, e così via. Per me era un gioco come un altro, io non avrei mai saputo che lui stava facendo i numeri da uno a dieci. A scuola probabilmente l’avrebbero messo con la giacchetta contenitiva, quella che adesso hanno inventato e adesso usano in Germania…

Ovvero?

Usano delle giacchette fatte di sabbia: i bambini troppo agitati li infilano dentro a questa veste che li tiene tranquilli. E dicono che è giusto così perché il bambino deve essere contenuto.

Allucinante… Tu quanti figli hai?

Cinque. Quando ho capito che i figli erano i miei maestri mi sono detta ‘Devo avere almeno cinque maestri, minimo!’ E quindi ci siamo dati da fare.

E ti occupi a tempo pieno della loro educazione?

Sì. L’educazione parentale è anche diventata il mio mestiere. Devo fare una premessa. È impossibile fare questo tipo di scelta senza mettersi molto in discussione in prima persona. Chi sceglie l’homeschooling non può continuare la propria vita, con la propria routine quotidiana, il lavoro e tutto il resto. O meglio, lo puoi anche fare, ma dopo un anno inizierai ad essere invidioso dei tuoi figli. Una buona invidia intendo. Ti dirai: ‘Ma come, questi hanno la libertà e io no!? E io mi devo svegliare presto tutte le mattine, col capo che mi rompe le scatole, respirare lo smog’. E allora lì ti trasformi. Perciò ci siamo trasformati entrambi, sia io che Matteo, e io ho trasformato la mia esperienza personale nel mio lavoro, ho scritto un libro, ho provato a mettere a disposizione la mia esperienza. Una cosa che dico sempre ai miei figli è ‘Trovate quello che vi piace fare, quello che fareste anche gratis e che magari, in più, aiuta anche qualcuno, e sarete contenti’. Io faccio questo. Posso gestire il mio lavoro dove voglio, come voglio.

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Quali sono le principali obiezioni che ti vengono fatte sull’homeschooling?

Sono tantissime. La prima è fondata, ed è quella dello stare insieme. Non direi socializzazione perché è un’altra cosa, la socializzazione è stare in società e i bambini scolarizzati non sanno stare in società. Non perché siano cattivi o malvagi, ma perché sono inesperti, stanno in un ambiente scolastico che è molto restrittivo, monotono, ripetitivo. Invece, se parliamo di solitudine, di sentirsi non in comunità, allora sì, quella è un’obiezione fondata. In Italia ci sono dei centri che stanno crescendo, tanti luoghi soprattutto da Roma in sù dove i bambini che fanno homeschooling si trovano, però ci sono anche molte famiglie isolate, laddove i ragazzini hanno bisogno di condividere una quotidianità. Come quella che c’è qui a Panta Rei ad esempio: qua, come in un campeggio, i bambini vivono l’autonomia, la quotidianità dello stare insieme, del condividere, del lavorare insieme.

Tuttavia c’è una contro obiezione: il problema della solitudine non è un problema di chi fa educazione parentale, è un problema della società. E c’è anche a scuola! Io ho incontrato molti bambini che mi dicono di sentirsi soli anche se frequentano una classe con venti o più compagni. In questo senso l’homeschooling può essere un modo per riattivare il tessuto sociale morto, nelle città come nelle campagne. Voler vedere i nostri figli felici in compagnia di altri bambini porta noi genitori a ritrovare il tempo per intessere il legame. Per questo è così rivoluzionario.

Altre obiezioni?

Dicono che i genitori sono ignoranti e quindi non possono provvedere a fare da insegnanti, e a questa ti ho già risposto: non dipende da quanto o cosa sai ma dalla tua voglia di metterti in gioco, perché tutti dobbiamo reimparare. Soprattutto oggi, in un’epoca in cui le informazioni sono dappertutto e quello che manca è semmai la voglia di informarsi. Poi c’è la questione dei soldi: dicono che siamo tutti dei nababbi… certo, come no! Piuttosto, siamo persone che utilizzano quel denaro che hanno per fare le cose che ritengono prioritarie. È una questione di scala di valori. C’è chi pensa che certe cose siano fondamentali e investono la gran parte del proprio capitale in quello ed altre che hanno rivalutato tutto e hanno dato priorità ad altro, ad esempio all’educazione dei propri figli. E non costa! Se voi avete una semplice connessione ad Internet ci sono gruppi, informazioni, ci sono persino le università che hanno i video online delle lezioni. Certo, se vi interessa il pezzo di carta allora dovete stare al gioco delle istituzioni, e si può fare anche quello. A me non interessa il pezzo di carta, quindi noi esami non ne abbiamo ancora fatti nemmeno uno. Non puoi venirmi a dire non ho i soldi o non ho capacità. Se vuoi farlo lo fai.

Ti faccio io una domanda un po’ provocatoria. Divulgare e sponsorizzare l’homeschooling non è una rinuncia a cambiare un sistema educativo che invece ha enorme bisogno di essere cambiato?

Sì, lo è, sicuramente. Io ci ho provato negli anni, in tutti i modi. Ma vedevo che mettevo cento e mi tornava meno dieci. Lo vedo negli insegnanti che mi scrivono tramite il mio blog o sui social e mi dicono ‘Non ce la faccio più, posso mollare e venire ad aiutare voi?’ Non è un sistema che va riparato, è un sistema che va azzerato e ricostruito dal nulla. Non si possono mettere cerotti, aggiustare o modificare delle parti. Le riforme che fanno sono solo peggiorative. Penso che la rivoluzione dell’educazione debba partire dal basso, e sta partendo dal basso. Da chi? Dalle famiglie, dalle mamme e dai papà. E quindi non mi sento male nel dire che non entro in quel sistema che fagocita solo tante energie. Io le mie energie me le tengo strette, le uso per i miei figli, per le altre famiglie anche perché credo che i cambiamenti nel sistema, se mai ci fossero, sarebbero così in là nel tempo che loro non ne godrebbero mai. Io potrei anche battermi oggi perché fra dieci anni ci sia un cambiamento, ma intanto i miei figli sarebbero adulti! io vivo nel presente, non in un futuro incerto. I cittadini coscienti, rispettosi dell’ambiente, sani, educati li faccio adesso. Non spero in un sistema educativo che invece è lì per tutt’altri scopi, che sono quelli commerciali, dell’economia, delle lobby.

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Quindi ritieni impossibile cambiare questo sistema educativo?

Sì, va azzerato.

E come avviene questo azzeramento?

Con le persone che rifiutano, globalmente, questo modello. Sempre più persone diventano consapevoli che la lamentela non li porta da nessuna parte… Sai in quanti mandano i figli a scuola e poi si lamentano! Si deve ripartire da zero, ridando un valore nuovo alla conoscenza. Questo non vuol dire fare la guerra alla scuola eh: io sono per il mutuo aiuto, infatti nel fare homeschooling stiamo ispirando anche tante persone all’interno della scuola. Ho parlato con un dirigente scolastico che mi diceva che se avesse un homeschooler nella sua circoscrizione gli direbbe ‘Che bello! Dimmi i tuoi metodi perché io devo rinnovarmi visto che la scuola è terribile!’. Detto da un dirigente scolastico, ripeto. Purtroppo pochi sono così e in molti fingono molto di essere in controllo della situazione senza esserlo realmente. Col dialogo, con l’esempio: così si può agevolare questo azzeramento. Mostrando come sono i bambini cresciuti con l’homeschooling. E chissà, magari i loro figli o i figli dei loro figli riusciranno a fare questo cambiamento epocale.

Un’ultima domanda, ci sono libri in cui s’immagina un governo di bambini. Hai mai riflettuto sulla possibilità che i bambini abbiano un ruolo anche a livello politico e decisionale nella società?

Sicuramente è auspicabile che questo avvenga. La cosa più concreta che mi viene in mente rispetto a questo sono le scuole libertarie dove c’è il gruppo di bambini che decide le proprie regole. Ti posso dire con certezza parlando con bambini da anni che i bambini si sentono cittadini di ‘serie z’, si sentono segregati, non voluti, vorrebbero poter parlare, esprimere le proprie idee, spesso molto concrete e realizzabili, e si rammaricano di non essere ascoltati dalla maggior parte degli adulti. E questo è terrificante, perché hanno la sensazione di non essere, di dover divenire qualcos’altro per aver diritto di parlare. Io mi auspico innanzitutto che i bambini diventino cittadini veri e propri, prima ancora di farli andare in politica. Rispettiamoli come persone, diamogli valore. Loro percepiscono molto che la società li respinge li mette da parte. Fra l’altro, non avendo mai provato cosa significa partecipare alla società da bambino arrivi manipolabile all’età adulta. Quindi partiamo da farli diventare cittadini. Poi penseremo anche a farli andare in politica, intesa come partecipazione alle decisioni.

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