8 Mag 2019

Una Fattoria dei sogni nel terreno confiscato alla mafia

Scritto da: Barbara Cassioli

A Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, in un terreno confiscato alla mafia ha sede una realtà che offre un'occasione di riscatto e inserimento lavorativo a persone in condizione di forte svantaggio sociale. Barbara, in viaggio da qualche settimana, è andata a trovarli e ha intervistato il presidente della cooperativa Al di Là dei Sogni che ha dato vita alla fattoria agricola-sociale denominata Fattoria dei sogni.

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Si dice che si gira e si rigira per ritrovarsi sempre nel giusto posto. In maniera inconsapevole, la mia strada per la cooperativa sociale Al di Là dei Sogni è cominciata quattro anni fa quando, dopo l’esperienza con un progetto di sartoria sociale della ong Amani a Nairobi ero entrata in contatto con Made in Castelvolturno, un’altra realtà in cui il cucito diventa strumento di emancipazione femminile.

 

Quest’inverno, una delle attiviste mi scrisse invitandomi ad andarle a visitare e io, che avevo nel frattempo organizzato il mio viaggio, la chiamai. Da quella telefonata partì un passaparola che mi portò a Simmaco Perillo, presidente di Al di Là dei Sogni, il quale mi accolse come una amica cui si vuole bene. La prima sera ho assistito alla sua presentazione del progetto ad un gruppo di giovani scout. E ho compreso subito quanto il lungo percorso per arrivare qui mi abbia portata, ancora una volta, nel posto giusto al momento giusto.

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Com’è nata e di cosa si occupa Al di là dei sogni?
Al di là dei Sogni nasce nel 2004 come cooperativa A e B, cioè sia di servizi alla persona sia di servizi finalizzati all’inserimento lavorativo di uomini e donne in condizione di forte svantaggio sociale, individui che provengono dal mondo delle dipendenze, della salute mentale, degli OPG (ospedale psichiatrico giudiziario) e dell’area riabilitazione.

 

Il progetto, dal 2008, ha sede e gestisce il terreno confiscato alla mafia “Alberto Varone” nel comune di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Al di là dei sogni é una quotidiana forma di scommessa e resistenza finalizzata al riscatto personale di soggetti “fragili” e ad una società libera dalla criminalità organizzata e dalla violenza.

 

Perché un terreno confiscato?
All’inizio eravamo un gruppo di operatori consapevoli di voler avviare un progetto che rendesse le persone coinvolte il più possibile autonome e libere da forme di assistenzialismo; ci eravamo resi conto che alcuni tipi di interventi educativi avevano dei limiti strutturali ed avevamo deciso di ritornare alla terra per coltivare il sogno di percorsi di integrazione produttivi e realmente individualizzati.

 

Questa terra è stata confiscata nel 1994 e ci è stata affidata nel 2005. Non è stato semplice per l’assemblea dei soci decidere di parteciparvi. Come mai? Per la paura. La paura di ritorsioni, per le prevedibili difficoltà ed i rischi. Paura del tutto fondata visto che dopo l’assegnazione del terreno, la vincita di un bando europeo e con esso la costruzione dell’edificio principale e la riqualifica di 17 ettari abbandonati da un decennio, tutto il bene, in una notte, è stato vandalizzato. Inoltre le difficoltà burocratiche dovute ad infiltrazioni mafiose nelle istituzioni locali hanno rallentato molto e messo in difficoltà la realizzazione del nostro progetto di vita, di lavoro e soprattutto quello dei ragazzi coinvolti. Sono serviti anni per arrivare ad essere in possesso dello spazio e delle necessarie autorizzazioni per poter svolgere semplicemente il nostro mestiere.

 

Ora sono otto anni che la Fattoria dei Sogni, giorno dopo giorno, vive e cresce.

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Viste le difficoltà, cosa ti ha spinto a restare e non lasciar perdere tutto?
La felicità. Penso che alla base vi sia una scelta “egoistica”: tutto questo mi rende felice, d’altro canto, per cos’altro si vive? Negli anni ’90 io avevo svolto il mio servizio civile presso una struttura per tossicodipendenti a Marradi, al confine tra Toscana ed Emilia Romagna e alla fine dell’esperienza mi avevano proposto di restare, ma io sapevo in che condizioni verteva la mia terra natia e ho sentito, forte e chiaro, il richiamo e la volontà di rientrarci per mettere a servizio le competenze acquisite.

 

Qual è lo scopo del vostro lavoro?
Il benessere psicofisico delle persone, la loro realizzazione, il raggiungimento massimo della loro autonomia sulla base delle potenzialità e difficoltà personali. La nostra metodologia educativa e gli accordi con i servizi invianti prevedono sei anni per realizzare con la persona un progetto di vita sostenibile e renderla il più possibile autonoma. Uomini e donne che hanno alle spalle talvolta decenni di OPG, portatori di disagio psichico e mentale che, attraverso la cura, il lavoro, la presenza educativa diventano lavoratori e soci della cooperativa.

 

Mi racconti una storia? Un nome, un volto spesso rende tutto più semplice da capire
E allora ti parlo di A. che è arrivato qui nel 2009 dopo decenni in strutture riabilitative. Nasce in una famiglia contadina e come tutti i figli fragili nati in un contesto amorevole, viene protetto dai suoi genitori che lo tengono vicino a insegnandogli l’arte della produzione casearia. Tutto procede in questo modo semplice ma sicuro per il ragazzo fintanto che non mancano i genitori anziani e lui si ritrova istituzionalizzato.

 

Un letto. Un numero. A. non parla. É il numero 13 e niente di più di due pasti al giorno e l’isolamento totale dagli affetti e dal resto della società. Le condizioni peggiorano quando viene definito ‘socialmente pericoloso’ a causa di atti di autolesionismo: ha sempre più spesso delle crisi durante le quali l’uomo si morde le braccia fino a strapparsi la pelle. É l’unico modo che ha per farsi notare ed essere visto come Essere umano, anche se solo per pochi minuti, anche se, le conseguenze erano di nuovo forti sedativi e cinghie che lo legavano al letto. Per mesi, anni, decenni.

 

Le prime sere che A. ha trascorso in cooperativa, dopo cena, si allontanava e andava, da solo, nei campi. Perché? “Perché un uomo di campagna, prima di dormire, verifica che tutto vada bene”. Come lo abbiamo capito? Guardandolo. Pur non avendo mai appreso il linguaggio dei gesti, lui tuttora si esprime e si fa capire, da chi lo vede. (Con me ha fatto lo stesso, appena arrivata, ero in cucina e guardandomi mi ha chiesto “Tu chi sei?”, nda)

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Che servizi offrite alla cittadinanza?
Abbiamo un’azienda agricola biologica ed un laboratorio di trasformazione, una fattoria didattica, un servizio di giardinaggio e uno di pulizie ed un catering. Abbiamo poi un servizio di animazione e organizziamo eventi nel bellissimo spazio che gestiamo, dove ospitiamo soggiorni, gite scolastiche e corsi sul tema della legalità.

 

Come ha reagito e come reagisce la comunità locale al vostro lavoro?
Non tutti ci amano. Oltre alla criminalità organizzata, che resta presente seppur molto indebolita negli ultimi dieci/quindici anni, c’è una parte della società che fatica a schierarsi esplicitamente dalla parte della legalità, per via di piccoli e grandi legami e dunque vantaggi economici dovuti alla presenza della camorra. D’altra parte, invece, abbiamo un altissimo numero di volontari che riempiono i nostri campi e le nostre estati, molti attivisti, scuole e realtà locali ed italiane coinvolte che supportano il nostro progetto.

 

E se qualcuno volesse venirvi a conoscere di persona?
Come con te, Barbara, noi siamo molto disponibili ed ospitali. Spesso transitano viaggiatori, sostenitori e persone di passaggio che quando vengono qui si innamorano e poi ritornano.Vi sono poi i campi di lavoro organizzati in estate da Libera e la possibilità di fare turismo sostenibile: stiamo costruendo infatti l’ostello che affiancherà l’area campeggio già avviata.

 

Al di là dei sogni prosegue il suo cammino ed io, pur lasciando qui un pezzetto di cuore, domani mi rimetto in viaggio verso altri progetti del consorzio NCO.

 

Metto nel mio zaino la sensazione che ciò che realmente differenzia una realtà del genere é la forza di volontà dei suoi membri e riparto con una domanda: alla luce di ciò che ho ascoltato e visto, cosa è realmente possibile nella mia e nella nostra vita? La sensazione è che, oggi, la risposta sia ben più ampia di qualche giorno fa.

 

 

 

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