17 Ott 2019

Una Scuola nel Bosco per imparare ogni giorno dalla natura – Io faccio così #265

Intervista di: Francesco Bevilacqua e Paolo Cignini
Riprese di: Paolo Cignini

Una scuola senza lezioni, senza banchi e senza aule, completamente circondata dal verde di un bosco. È un progetto educativo nato dalla volontà di due mamme della provincia di Bologna che coinvolge bambini dai tre ai sei anni e si ispira ai principi dell'outdoor education, del gioco libero e dello sviluppo delle autonomie.

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Una fredda pioggia primaverile ci bagna la faccia mentre, trascinandoci dietro l’attrezzatura, ci inerpichiamo su per uno scivoloso sentiero immerso nei boschi dei colli bolognesi. La strada asfaltata è ormai lontana, intorno a noi solo alberi, cespugli e prati. Da una piccola radura in mezzo al verde che sovrasta il viottolo arrivano voci di bimbi. Siamo confortati: non ci siamo persi!

Ad attenderci ci sono i piccoli della Scuola nel Bosco di Pianoro insieme alle loro accompagnatrici: Pannocchia e Ghianda. Sono le dieci di una giornata di fine aprile pungente e piovosa e i bambini si stanno preparando per la consueta passeggiata. Abbiamo appena il tempo di montare la camera e tirare su il cappuccio delle giacche che le loro vivaci gambette si incamminano spedite lontano dal tepee che svetta al centro del campo base della scuola.

«Questo progetto è nato un paio d’anni fa – ci racconta Pannocchia, all’anagrafe Maddalena Scalabrin – dall’idea di due mamme che volevano dare un’alternativa ai loro figli per offrire loro la possibilità di vivere la Natura».

Prima di diventare una maestra nel bosco Maddalena era architetto del paesaggio. A un certo punto si è resa conto di non riuscire più a lavorare con gli adulti. Per questo abbinava spesso ai suoi progetti laboratori per bambini, che erano in grado di instaurare una relazione più pura e un dialogo più sincero con la Natura. I grandi, al contrario, avvertono meno la necessità di un mondo più pulito e rispettoso dell’ambiente.

Piano piano il sogno di Maddalena ha preso corpo, grazie anche a un percorso di formazione che l’ha messa in contatto con alcune delle esperienze più significative del paese nel campo dell’outdoor education: Nature Rock, la cooperativa Canale Scuola (di cui fa parte la Scuola nel Bosco di Pianoro), l’Asilo nel Bosco di Ostia, la Yurta nel bosco di Arona, Eta Beta Bologna.

scuola nel bosco 1

Anche il lavoro culturale sulle famiglie, oltre che sui bambini, è una parte fondamentale e abbastanza impegnativa, che va curata costantemente. «Lo scoglio più grande per le famiglie è sempre stare all’aperto quando piove – racconta –, ma abbiamo visto che il problema maggiore è quando c’è molto caldo. In fondo per proteggersi da pioggia o neve basta un abbigliamento adeguato».

Il secondo scoglio, soprattutto con i tirocinanti, è la tendenza a mettersi al di sopra dei bambini con un atteggiamento giudicante: «Noi lavoriamo molto su noi stesse cercando di porci al loro livello. Se diamo loro la possibilità di esprimersi e li ascoltiamo, le soluzioni le trovano da soli». Chi ha un percorso legato all’educazione spesso fa fatica a compiere questo passaggio e a destrutturarsi. «I tirocinanti iniziano parlando molto e finiscono parlando poco e stando lontani dai bimbi, sembrano involuti ma in realtà hanno imparato tantissimo. Noi stesse impariamo molto ogni giorno».

L’approccio della Scuola nel Bosco è inedito per molti e questo ha spinto le maestre a coinvolgere da vicino le famiglie: «I genitori devono fare un corso chiamato “giocare da grandi nel bosco”, una mattinata in cui sperimentano la routine che seguiranno i bambini. Questo serve a far capire loro la filosofia, ma anche la pratica, del progetto e dell’educazione all’aperto».

La pedagogia si fonda sul gioco libero, sulla riduzione degli interventi da parte dell’accompagnatore e sull’autonomia nella gestione dei conflitti. Chi sta intorno al bambino deve esserne consapevole e dare continuità a questo approccio anche a casa: «Una volta al mese facciamo un cerchio dei genitori, affrontando un ordine del giorno pratico ma anche questioni pedagogiche, come le reazioni dei piccoli quando tornano a casa. Questo serve anche a noi per conoscere meglio i bambini e il loro contesto familiare».

scuola nel bosco 4

Dopo un’ora di giochi intensi, scivolate nel fango e arrampicate sugli alberi ci incamminiamo verso il campo base, fermandoci di tanto in tanto ad analizzare l’escremento di qualche animale o i germogli delle piante che incontriamo lungo il percorso. Si avvicina il momento del pasto e ogni bimbo tira fuori i contenitori metallici con dentro il pranzo. «Stiamo insegnando ai bambini ad ascoltare il proprio corpo, quindi decidono loro quando mangiare», ci spiega Camilla, ovvero maestra Ghianda. «Dopo mangiato ci sarà altro gioco libero e poi il momento della lettura, che serve anche per farli riposare e rilassare. Abbiamo libri che parlano di Natura e di emozioni».

Anche Camilla ci racconta com’è arrivata qui: «Sono diventata maestra nel bosco perché mi piace stare nella Natura, che è la nostra insegnante più importante, non parla ma ti mette di fronte ai tuoi limiti e alle tue potenzialità». Dunque non si tratta solo di respirare aria buona e giocare fra gli alberi: «La libertà di potersi confrontare e risolvere momenti critici è per i bambini una grande risorsa. La Natura li mette in una condizione in cui piccoli di diverse età possono apprendere tanto senza doversi confrontare con la frontalità di una spiegazione».

Agganciandosi al discorso, Maddalena ci fornisce implicitamente la risposta a una domanda molto comune quando si parla di questo approccio educativo: nel loro percorso di vita sarà davvero utile tutto ciò? «In questo modo – spiega Pannocchia – cresce anche l’autostima, perché ogni giorno imparano a fare qualcosa senza l’aiuto dell’adulto, dal punto di vista pratico ma non solo. Aiutiamo molto i bambini a comunicare fra di loro piuttosto che avere reazioni fisiche e li incoraggiamo a parlarsi».

scuola nel bosco 3

La nostra visita sta per concludersi, così come la giornata della Scuola nel Bosco. L’epilogo è dedicato al cerchio. I bambini si accomodano su alcuni sassi disposti in maniera circolare, il bastone della parola comincia a girare. Bisogna decidere l’assegnazione dei posti sul pulmino che li riporterà in città. Ma non solo… «Si prendono decisioni, ma si cantano anche canzoni che parlano della loro giornata e del loro gioco. Si fanno giochi sul posizionamento del sole e su altri elementi del bosco. Parliamo di come stiamo, di come ci sentiamo», racconta Camilla.

Un altro cerchio aveva aperto la giornata e questo la chiude. In fila indiana e in barba a una fitta pioggerellina che continua a cadere, i bambini si avviano giù per il sentiero verso la strada dove li attendono i loro genitori. Continuano a giocare, a cantare, a scivolare nel fango, a bagnarsi il viso con le gocce di pioggia. Liberi e felici.

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