13 Dic 2019

Yana casa Portale, una comunità di giovani che vivono insieme in natura

Scritto da: Charlotte Cecchi

Dieci ragazze e ragazzi dopo varie esperienze di vita e lavoro in Italia e all'estero hanno deciso di andare a vivere insieme sui colli che circondano Bologna. Yana è la “casa portale” che ospita oggi questa giovane comunità che sta sperimentando la condivisione in natura, l'autoproduzione, il riciclo ed una modalità al contempo nuova e antica di tessere relazioni.

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Bologna, Emilia-Romagna - Fra i colli che circondano Bologna potete trovare, se meglio cercate, un luogo magico chiamato Yana casa Portale, fondato da una decina di ragazzi che hanno deciso di cambiare vita. Sono riuscita ad intervistare alcuni di loro, in una fredda mattina d’autunno fra una teglia di zucca al forno, una tisana di erbe selvatiche e l’impasto della loro pizza km zero.

Nella vecchia casa di pietra regna una pace caotica, al suono di chitarre, pentole e scoppiettii di caminetti. Questa famiglia, come mi ispira chiamarli dopo averli vissuti, sembra non fermarsi mai. C’è sempre qualcosa da fare a Casa Yana e qui ci raccontano come e perché.

casa yana 1

Partiamo parlando del progetto, delle sue origini, della sua essenza: «È un progetto comunitario nato con l’intento di creare un modo di vivere, di relazionarsi con se stessi, con gli altri, con la Natura che è allo stesso tempo nuovo e antico, che si rifa’ alle tradizioni del posto», dice Gaia, che ha ereditato la casa dalla famiglia e deciso di darle una nuova vita. Poi Marco e Tommaso aggiungono: «È anche l’opportunità per l’individuo di portare i propri talenti al servizio della comunità, è la decisione di vivere insieme, sostenersi a vicenda, perché la condivisione rende tutto più facile, cucinare, lavare i piatti, fare la legna…».

«Casa Yana è un progetto in Natura, basato sulla permacultura, sulla sostenibilità sia per l’ambiente che per la persona, valorizzando il cibo e i prodotti locali, ma anche attingendo alle tradizioni contadine, regionali, dei popoli che abitavano questo territorio e in generale l’Italia. Siamo anche connessi a reti estere, poiché molti di noi hanno viaggiato e vissuto all’estero, integriamo quindi tradizioni del Sud America, dell’Australia», aggiunge Costanza, anche lei parte del primo nucleo fondatore di casa Yana.

Mi raccontano poi del nome, che deriva dal vicino Monte Iano, trasformato al femminile, in onore della dea Iana – dalla stessa radice sanscrita di Diana, Giana, la Dea Madre – perché il progetto nasce nel concreto dall’incontro di quattro ragazze che da tanto camminavano con la stessa visione nel cuore, finché le loro strade non si sono incrociate.

casa yana 4

Proseguiamo parlando della loro vita precedente: ognuno porta la propria storia individuale. Robin ha sempre lavorato con l’immagine, fotografia, disegno, pittura. Non ha cambiato attività, piuttosto «è cambiata la mia organizzazione personale del tempo, avendo come priorità la comunità, è nata l’esigenza di provare a cucire insieme i miei talenti e la condivisione di essi all’interno della casa e degli eventi che creiamo».

Marco invece ha lasciato Milano nel 2013, con un classico “mollo tutto”, cominciando un percorso di ricerca interiore durato sei anni, finché al momento giusto è arrivata la risposta. Tommaso ha sempre arrampicato, diventando poi istruttore nei parchi avventura «grazie agli incontri fatti con altri arrampicatori, ho ricevuto tanti spunti, ispirazioni che mi hanno portato ad interrogarmi su cosa ci fosse oltre questo mondo. Sono riuscito a vedere le possibilità che avevo, di espandermi nell’essere e nel fare, mantenendo il contatto con la natura. Poi l’incontro con Costanza, al Rainbow gathering in Friuli, ha permesso la condivisione dei nostri intenti e desideri di vita. Lasciare gli affetti e il comfort in cui vivevo è stata una scelta paurosa, difficile – confessa – ma solo così ho potuto unire la mia individualità al sogno di vivere in condivisione».

Gaia invece ha vissuto questa casa fin da piccola, vedendone l’abbandono e poi la completa trasformazione grazie al progetto. Prima di Casa Yana viaggiava in Sud America, sognando e progettando di creare una realtà simile proprio lì, finché per varie sincronicità si è trovata a poter scegliere di ripartire proprio dalle sue radici, e così è stato. Costanza ha vissuto 10 anni a Bologna, laureandosi in antropologia. «Durante un viaggio in Brasile, sono stata ospite da amici in un posto chiamato Casa Portale, nome che per loro significava “l’incontro di persone che portavano amore e conoscenza”. Tornando ho dimenticato tutto questo, ma dopo l’incontro con Tommi è tornata l’idea di creare e condividere uno spazio in natura, nel quale portare gli eventi che già organizzavo individualmente».

casa yana 2

Viene fuori anche un piccolo aneddoto: le storie di queste ragazze e ragazzi si sono incrociate in un momento ben preciso, partorendo il progetto Casa Yana il 2 Febbraio 2018, giorno della Candelora che rappresenta simbolicamente il ritorno alla Luce.

A proposito di esempi, chiedo loro se c’è qualche esperienza comunitaria in particolare che li ha ispirati nella loro scelta. «Non abbiamo copiato un modello specifico, tutti noi abbiamo però avuto occasioni di visitare e vivere in diverse comunità prima di casa Yana, sia in Italia che all’estero. Questo ci ha dimostrato che una vita basata sull’autosufficienza, l’autoproduzione, la co-produzione e il baratto, è possibile e realizzabile.

Avevamo il desiderio di creare un luogo di collaborazione e sostegno reciproco, ma non ci siamo ispirati a nessuna comunità in particolare . Di sicuro abbiamo ricevuto grande sostegno da Maria Sonia Baldoni di La Casa delle Erbe (ndr. rete-progetto erboristico diffuso in tutta Italia) che ci ha spronato tanto nella creazione del progetto».

La conversazione tocca inevitabilmente anche l’aspetto economico: voglio capire come si sostiene Casa Yana. «Per prima cosa – mi spiegano – con l’autoproduzione, dal cibo dell’orto, a diversi manufatti che produciamo in casa e nel laboratorio, e il riciclo, anzi “upcycling” ( il riutilizzo di un oggetto senza degradarne la qualità e composizione per il suo prossimo utilizzo, ndr) di diversi oggetti trovati all’esterno o già presenti nella casa. Organizziamo poi diversi eventi, invitando persone con saperi specifici a condividere qui da noi, attraverso workshop, attività, cerchi e spettacoli. I nostri eventi si basano generalmente su donazioni, e chiediamo un contributo per i pranzi e cene che prepariamo con i prodotti dell’orto. Inoltre lavoriamo con Campi aperti e ognuno di noi contribuisce con lavori più piccoli esterni alla comunità, quando abbiamo tempo».

Minimo comune denominatore che unisce tutte queste peculiarità è la volontà di ridurre il più possibile l’impronta ecologica: «La nostra vita si basa sull’autoproduzione, nel profondo rispetto della Terra, grazie al sistema di permacultura con cui curiamo il nostro orto biodinamico, e le reti locali di cui facciamo parte, tutto ciò che consumiamo è a km0, e per ciò che non produciamo ci affidiamo al baratto e lo scambio consapevole con i nostri vicini. Produciamo anche saponi e detergenti per la casa! Inoltre siamo riusciti a creare la nostra farmacia, grazie allo studio e la raccolta di erbe curative spontanee. In qualsiasi nostra azione cerchiamo di essere nel massimo ascolto e rispetto dei cicli della natura».

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Gaia aggiunge: «Per noi sostenibilità non è solo una questione di rispetto della Natura, ma anche di relazioni umane, vivere in armonia con se stessi e chi ci circonda contribuisce senza dubbio all’abbondanza e l’allegria del pianeta. Crediamo sia fondamentale anche l’educazione dei più piccoli, vogliamo contribuire a sostenere le nuove generazioni nell’essere più consapevoli».

La nostra conversazione volge al termine e ne approfitto per chiedere loro cos’hanno in serbo per il futuro. «I progetti educativi ci stanno molto a cuore. Cerchiamo sempre più di lavorare con i bambini, portarli al contatto con la Natura, qui e in altri luoghi. Da poco ci è stata proposta da un istituto superiore di Marzabotto, l’organizzazione di una giornata-percorso a Casa Yana per i loro studenti, pensato sul concetto di seme. Stiamo partecipando ai bandi di varie scuole per proporre dei percorsi durante l’anno scolastico. Vogliamo anche ristrutturare il vecchio fienile che sta cadendo a pezzi. È un edificio storico con architettura tradizionale che potrebbe essere valorizzato per ospitare e accogliere».

Costanza interviene con occhi sognanti: «Sarebbe bellissimo nel fienile fare uno spazio per danzare e fare yoga! costruire un soppalco, creare nuovi spazi. Stiamo anche montando una yurta!». La loro immaginazione non conosce orizzonti temporali né limiti alla crescita del progetto: «Ci sarà il Villaggio Yana! Abbiamo tanti amici che ci sostengono e vorrebbero abitare qui vicino, fare rete con noi. Il sogno sarebbe costruire una rete di piccole case in terra cruda nelle vicinanze, purtroppo la burocrazia italiana non aiuta. In realtà ci sono anche diverse case in decadenza che sarebbe bello ristrutturare, valorizzando ciò che già esiste intorno a noi. Per ora vogliamo creare una rete sempre più forte anche con i nostri vicini, con cui siamo già in ottimi rapporti: scambiamo prodotti, ci aiutiamo a vicenda con costruzioni, giardinaggio, anche curando i bambini. Espandersi a livello di comunità umana, di sostegno orizzontale».

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