18 Mar 2020

Cosa succederà dopo il coronavirus? Ipotesi di un mondo nuovo

Scritto da: Roberto Battista

L'emergenza legata alla diffusione del coronavirus è ancora drammaticamente in corso ma quel che già appare evidente è che la pandemia avrà forti ripercussioni sulla società, l'economia e la psiche della popolazione. Spesso, d'altra parte, i cambiamenti più profondi risultano solo da contingenze drammatiche che costringono le persone a riesaminare radicalmente il loro modello di vita, e in questo caso potremmo beneficiare della grave situazione per elaborare soluzioni rivoluzionarie a beneficio di tutti.

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In questi giorni pare inevitabile non parlare d’altro che non sia il coronavirus. Sparite la piaga delle cavallette africane, il dramma dei profughi siriani al confine tra Grecia e Turchia e mille altre questioni urgenti e preoccupanti.

La mancanza di coordinamento a livello globale, le informazioni contraddittorie e viziate dei rappresentanti della politica, lo sciacallaggio mediatico di giornalisti indegni di questo titolo, la confusione, credulità e comportamento incivile di una parte del pubblico, lo spropositato affollamento di teorie rocambolesche sui social media… tutti questi elementi hanno contribuito a creare una situazione paradossale e pericolosa che però potrebbe avere una sua funzione se utilizzata per metterci di fronte ad una realtà dai risvolti nuovi che ci costringa ad una riflessione sullo stato delle cose.

Pare evidente che questa crisi costerà molte vite, ma al di là di questo triste dato di fatto ci sono le conseguenze a lunga scadenza che sono ancora difficili da prevedere. Simili pandemie si sono verificate periodicamente nella storia della nostra specie sul pianeta, ma la condizione globalizzata del mondo contemporaneo rende questo evento nuovo ed unico.

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I modelli che abbiamo a disposizione per prevedere gli effetti a lungo termine sono inadeguati, e questa esperienza è un’opportunità per svilupparne di nuovi e più efficaci. Spesso i cambiamenti più profondi risultano solo da contingenze drammatiche che costringono le persone a riesaminare radicalmente il loro modello di vita, e in questo caso potremmo beneficiare della grave situazione per elaborare soluzioni rivoluzionarie a beneficio di tutti.

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Le ripercussioni economiche saranno notevoli e penose per molti (anche se sicuramente ci saranno anche alcuni che trarranno grande profitto nell’approfittare della crisi), e questa potrebbe essere la molla per far crollare certi sistemi che ormai hanno dimostrato la loro fallibilità e sostituirli con altri più sostenibili ed umani. Molte sono le ipotesi di cui ho sentito parlare in questi giorni, più avanti ne vedremo una promettente.

Anche nella migliore delle ipotesi questa crisi durerà mesi e prevedibilmente investirà tutte le parti del pianeta. È legittimo immaginare che la catena di distribuzione delle merci subirà grosse conseguenze negative e, in particolare per il settore alimentare, certi alimenti scarseggeranno, ci sarà intermittenza di forniture se non addirittura interruzione di scambi tra vari paesi. Questo porterà inevitabilmente ad un aumento dei prezzi al dettaglio, proprio in un momento nel quale molti si troveranno in difficoltà finanziarie. Non mancheranno sicuramente gli episodi di sciacallaggio, sia da parte di singoli che a livello di industrie.

Quindi, sarebbe il caso di cominciare a pensare seriamente fin d’ora (cosa che si sarebbe già dovuta fare da tempo) al potenziamento delle filiere corte, della produzione locale, delle coltivazioni biologiche, dell’economia circolare, delle varie opzioni per rendersi più autonomi in modo più sano e sostenibile. Sarebbe un’opportunità di cambiamento che, indotta dalla necessità ineluttabile, potrebbe funzionare, evitare problemi più grandi e fornire modelli migliori da consolidare nel futuro.

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Un elemento che per ora sembra largamente ignorato è quello delle conseguenze sulla psiche di massa. Siamo per molti versi una razza indebolita, specialmente nei paesi ricchi, e la situazione attuale avrà conseguenze rilevanti su ansietà, depressione e instabilità di molte persone. Questo è un fatto che non va sottovalutato e per il quale occorre prepararsi.

Il peso che i social media hanno sulla vita delle popolazioni contemporanee è stato soggetto di innumerevoli studi, ma un caso come questo, altamente democratico nella sua distribuzione universale, dovrebbe rendere evidenti certi cambiamenti che sono essenziali se vogliamo evitare di cadere in una trappola di involuzione antropologica estremamente pericolosa.

Io appartengo a quella generazione che lavorò agli sviluppi iniziali di internet agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso, e devo riconoscere, come molti che furono parte di quella rivoluzione, l’abissale ingenuità che ci travolse, nell’attendersi che lo sviluppo di internet avrebbe inevitabilmente contribuito a creare una società migliore, a dare accesso alla conoscenza, a creare una maggior capacità critica nelle popolazioni, a livellare le differenze sociali e culturali. Quello che è accaduto è esattamente l’opposto, ed è difficile oggi immaginare come riprendere controllo di una situazione che è totalmente sfuggita di mano.

Jaron Lanier, creatore della realtà virtuale e uno dei pionieri di internet, analizza più lucidamente di altri questa casistica e nei suoi libri, in particolare “Who owns the future” (Simon & Schuster 2013, non disponibile in italiano) propone delle alternative ardite ma sensate sul come invertire la rotta, recuperare i potentissimi e positivi elementi della tecnologia arginandone gli effetti deleteri e farne lo strumento di sviluppo socio-economico che intendeva essere agli albori della sua storia. In particolare Lanier ipotizza un modello di uso dei social media che contempli la retribuzione di chi pubblica sulle varie piattaforme, diventando così partecipe dei profitti dei giganti del web come Amazon, Google e facebook, che vivono dei contributi, finora gratuiti, degli utilizzatori, e allo stesso tempo utilizzando tipologie sul modello del block-chain per limitare la proliferazione di fake news, informazione infondata e diffusione di odio, esercitando un controllo che non diventi censura. Sono teorie che meritano un’analisi approfondita.

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Un altro caso interessante che vale la pena di tener d’occhio è Diem25,, il movimento iniziato da Yannis Varoufakis insieme a Brian Eno, Noam Chomsky e altre menti indipendenti della cultura e politica internazionale, che sta crescendo e indicando vie percorribili a livello europeo per un Green New Deal con più sostanza e realismo della blanda versione approvata recentemente dal parlamento europeo, che pur rappresenta un piccolo passo nella giusta direzione.

Ritornando alle conseguenze economiche, che saranno inevitabilmente anche la base di effetti sociali e psicologici, sono incappato in varie ipotesi interessanti e, per quanto riguarda l’Italia nel contesto europeo, ce n’è una che mi pare abbia un potenziale considerevole. Al di là del dibattito, spesso futile, sulla sovranità monetaria e gli effetti dell’Euro sulla vita degli italiani, varrebbe la pena di considerare una soluzione originale (e fattibile) con la creazione di una moneta virtuale sul modello del Sardex, poi seguito da altre monete basate sullo stesso principio come l’Umbrex e simili esperimenti che hanno avuto un certo successo a livello locale. Si tratta di monete complementari non speculative, quindi nulla a che vedere con il modello Bitcoin, e sono pensate per stimolare l’economia circolare su basi locali.

Considerato che il denaro nel mondo contemporaneo è un concetto completamente artificiale ed avulso da ogni relazione con valori materiali e reali (vedi questa impressionante visualizzazione), se il governo italiano ardisse sperimentare una soluzione innovativa e mettesse in circolazione una moneta virtuale, ad uso interno, in parallelo con l’euro, ne elargisse una quota per ciascun cittadino ed una, più lauta, per ogni azienda in base alle dimensioni, il sistema potrebbe consentire una ripresa dell’economia del dopo-corona basata sull’interscambio locale che avrebbe il potenziale di far ripartire il motore inceppato della nazione.

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Questo provvedimento dovrebbe necessariamente andar di pari passo con una razionalizzazione dei diabolici e kafkiani apparati burocratici e una professionalizzazione dei quadri amministrativi dello stato, cosa alquanto più difficile da realizzare vista la cancrena che divora la macchina di gestione dello stato, ad un livello che in Europa trova un analogo ormai solo in Grecia e che assomiglia a quelle che paralizzano molti paesi in via di sviluppo, ma forse questo frangente drammatico potrebbe essere l’occasione per agire ed evitare di affogare.

La decisione del primo ministro Conte di scegliere Mariana Mazzucato e Gunter Pauli come consulenti per l’economia è azzardata ma promettente, e visto l’immobilismo sclerotico e l’attitudine succube alle politiche economiche decise altrove degli ultimi decenni, potrebbe risultare inizialmente in scelte indigeste e difficilmente comprensibili dai più ma con grande potenziale e risultati interessanti sulla lunga scadenza.

Tutto ciò però deve fare i conti con una larga parte dell’opinione pubblica ormai troppo condizionata da social media e fake news. L’attuazione di qualsiasi politica innovativa e radicale sarebbe comunque in balia di onde imprevedibili e forti opposizioni, quindi il motto di questo 2020 dovrebbe essere innanzitutto come sfuggire dall’idiocrazia diffusa e ricominciare a pensare come… esseri pensanti.

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