23 Giu 2020

Cosa succede nelle periferie lontane? La vita delle comunità rom in Italia

Scritto da: Redazione

Scende a 20.000 il numero di rom in emergenza abitativa in Italia. Tra gli amministratori locali va maturando l’urgenza di un superamento degli insediamenti mentre a Roma spetta la maglia nera. Sono alcuni dei emersi dal Rapporto annuale redatto dall'Associazione 21 luglio che fotografa la condizione delle comunità rom presenti negli insediamenti formali e informali, la prassi politica e il rapporto che intercorre tra il “sistema campi” e il resto della società.

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Roma, Lazio - L’Italia è l’unico Paese in Europa ad aver creato, organizzato e consolidato negli ultimi 40 anni un sistema abitativo parallelo per comunità considerate di etnia rom che assume forma architettonica in quello che viene denominato impropriamente “campo nomadi” o “campo rom”. Alla luce di tale specificità da 5 anni l’Associazione 21 luglio presenta un Rapporto Annuale che fotografa la condizione delle comunità rom presenti negli insediamenti formali e informali, la prassi politica e il rapporto che intercorre tra il “sistema campi” e il resto della società. Il Rapporto 2019 ha come titolo “Periferie lontane – Comunità rom negli insediamenti formali e informali in Italia” ed offre uno spaccato della situazione in Italia e nella città di Roma.

Dati e numeri in Italia: la fotografia di un calo
Dai 28.000 del 2017 ai 25.000 del 2018, sino ad arrivare, nel 2019 a 20.000. Sono questi i numeri dei rom che vivono in Italia nelle baraccopoli formali e informali. Di essi il 63%, pari a 12.700 unità, vivono in 119 baraccopoli istituzionali presenti il 68 Comuni italiani. L’anno precedente gli insediamenti mappati erano stati 127 in 74 Comuni. In tali aree il 47% dei residenti negli insediamenti formali ha la nazionalità italiana; il 42% è originario dell’ex Jugoslavia mentre, per il resto, si tratta di cittadini comunitari. Nel totale il 55% ha meno di 18 anni. Roma, con i suoi 15 “campi” formali è la città che più di tutte ha investito, negli ultimi anni, per la progettazione e gestione di tali insediamenti.

Circa 7.300, tutti cittadini comunitari, sono invece i rom che vivono in insediamenti informali e censiti nel 2019. I più grandi sono concentrati nella Regione Campania e al loro interno l’aspettativa di vita è di 10 anni inferiore rispetto a quella della popolazione italiana.

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Foto di Fabio Moscatelli

Politiche verso il superamento degli insediamenti formali
Prosegue nel 2019 il trend, già registrato l’anno precedente, verso il superamento degli insediamenti formali. Sempre più amministrazioni locali, al di là del colore politico, mostrano segni di consapevolezza sull’importanza di porre fine a questi spazi di segregazione su base etnica attraverso percorsi di inclusione. Spicca nel 2019 il superamento degli insediamenti di La Favorita (Palermo), via delle Bonifiche (Ferrara), via Madonna del Piano (Sesto Fiorentino), dove Amministrazioni di opposte appartenenza politiche si sono adoperate per il trasferimento di famiglie dai cosiddetti “campi rom” in abitazioni convenzionali.

In altri casi la chiusura dell’insediamento, come per il “campo” dell’Oratorio (Pisa), è coinciso con il semplice trasferimento delle famiglie verso altre aree non appropriate sotto il profilo abitativo.

Secondo le previsioni delle amministrazioni locali saranno almeno 11, nel 2020, gli insediamenti formali che verranno superati secondo i principi della “Strategia Nazionale per l’inclusione dei rom”.

Sgomberi forzati
La pratica degli sgomberi forzati, mai risolutiva, dispendiosa e lesiva dei diritti umani, continua ad essere quella fatta propria da numerose Amministrazioni anche nel 2019. Si è assistito tuttavia ad un calo del numero totale degli sgomberi forzati rispetto alle precedenti annualità. Dai 250 sgomberi del 2016, si è passati ai 230 del 2017, ai 195 del 2018 e ai 145 del 2019 con un calo, rispetto all’anno precedente del 26%.

Tale calo numerico va interpretato da una parte come una diminuzione delle famiglie presenti insediamenti informali; dall’altro con l’introduzione dell’odiosa pratica degli “sgomberi indotti”, causati dalle pressioni esercitate dalle Forze dell’Ordine nei confronti degli abitanti delle baraccopoli che, raggiunto un forte livello di esasperazione, optano per l’allontanamento volontario.

Discorsi d’odio
Nel 2019 l’Osservatorio 21 luglio ha registrato un totale di 102 episodi di discorsi d’odio nei confronti dei rom di cui 39 sono stati classificati di gravità media-alta. La media giornaliera che si ricava è di circa 2 episodi a settimana. Rispetto al 2018 il dato complessivo rivela, rispetto al 2018, un decremento del 18%. Tale diminuzione potrebbe derivare dalla maggiore attenzione del discorso politico e mediatico nei confronti dei flussi migratori in entrata. Si segnala inoltre il mutato linguaggio di alcuni attori politici e pubblici nazionali e locali che ormai hanno quasi abbandonato il ricorso a dichiarazioni manifestamente discriminatorio e incitante all’odio prediligendo invece un utilizzo di affermazioni stereotipate, collocandosi così al riparo da eventuali sanzioni.

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Castel Romano, Roma (Foto di Stefano Sbrulli)

La maglia nera alla città di Roma
Quasi un terzo delle persone rom in emergenza abitativa presenti in Italia, risiedono negli insediamenti formali e informali della città di Roma. Nella Capitale nei 6 “villaggi attrezzati” risultano vivere 2.600 persone, di cui 1.250 minori. Nei 10 “campi tollerati” vivono invece 880 persone, mentre 2.000 sono quelli censite nel 2019 dalla Prefettura di Roma nei 338 micro-insediamenti. Nell’unica occupazione monoetnica della città di Roma vivono da circa 4 anni, 600 rom di cittadinanza rumena.

A fronte di fallimentari pratiche di superamento degli insediamenti – culminate nel 2018 con lo sgombero del Camping River – l’azione privilegiata scelta dall’Amministrazione Capitolina appare quella degli sgomberi formati. Nel 2016 erano stati 28 quelli registrati; 33 nel 2017; 40 nel 2018 e 45 nel solo 2019, con un incremento del 13% rispetto all’anno precedente.

Anche sul fronte scuola i dati generano preoccupazione. Lontano dall’applicare anche una minima di quanto previsto dal “Piano rom” della Giunta Raggi, sono i numeri a dimostrare come l’Amministrazione Capitolina abbia rinunciato a qualsiasi reale azione che favorisca e sostenga l’iscrizione, la frequenza e il successo scolastico dei minori presenti negli insediamenti della Capitale.

Analisi e prospettive
Alla luce degli incoraggianti dati emersi sul territorio nazionale, si legge nel Rapporto, «bisognerà attendere il 2020 per vedere eventualmente il consolidarsi di un trend. Certamente in Italia qualcosa sta cambiando e potremmo trovarci di fronte all’inizio di una nuova stagione. Occorre mantenere alta l’attenzione – raccomanda Associazione 21 luglio – maturare un pensiero diverso, liberare le politiche da prassi etnicizzanti, orientare la bussola in direzione dei diritti umani. In molti casi, come si è potuto osservare su diversi territori, per superare le baraccopoli è sufficiente fare uso di quel buonsenso che ogni amministratore dovrebbe coltivare».

Sul fronte romano Associazione 21 luglio scrive di un 2019 che «ha lasciato una profonda disillusione nei confronti di un Piano rom che non è mail decollato». Secondo Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, «l’Amministrazione Capitolina, testardamente chiusa e isolata nelle sue certezze, ha lasciato le parole “superamento dei campi” solo nei buoni propositi, per poi vederli sfumare nell’incompetenza che regna sovrana negli uffici capitolini e nella superficialità dei suoi amministratori. Ne è prova il fatto, a titolo esemplificativo, che da 5 anni giace nei cassetti del Consiglio Comunale una proposta di iniziativa popolare sul superamento dei campi rom che ancora deve essere discussa e portata ai voti, segno inequivocabile della barriera che, sul tema “campi rom” la Giunta Capitolina ha consapevolmente costruito attorno a sé al fine da isolarsi da qualsiasi dialogo e confronto».

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