26 Ago 2020

OrtiAlti: come l’agricoltura urbana può trasformare tetti delle nostre città

Scritto da: Lorena Di Maria
Intervista di: LORENZA DI MARIA e DANIEL TAROZZI
Riprese di: DANIEL TAROZZI
Montaggio di: PAOLO CIGNINI

Orti sui tetti, orti di comunità, orti urbani, orti pensili: nelle periferie e negli angoli più nascosti di Torino stanno nascendo piccole e grandi oasi che colorano di verde la città, insegnandoci che si può ricreare un pezzetto di natura anche nei luoghi più impensati. Il progetto OrtiAlti sta facendo proprio questo: trasforma spazi inutilizzati in spazi di socializzazione, dove gli abitanti possono progettare e vivere la città a loro misura.

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Torino - Le abbiamo conosciute qualche anno fa eppure non smettono di stupirci: sono Emanuela Saporito ed Elena Carmagnani che a Torino, con il progetto OrtiAlti, che vi abbiamo già anticipato in un nostro precedente articolo, stanno diffondendo un nuovo modo di vivere la città, più inclusivo e naturale. Questa volta ci siamo incontrate proprio su un tetto di Torino! Di certo un posto un po’ insolito per un appuntamento ma in fondo non avremmo potuto scegliere luogo più rappresentativo.

Il tetto in questione è quello delle Fonderie Ozanam, edificio abbandonato in via Foligno che da qualche anno è diventato uno spazio sociale del quartiere, un luogo di partecipazione che dimostra come l’orto sul tetto possa funzionare da dispositivo per la rigenerazione urbana. Qui vengono coltivate piante e ortaggi che vengono utilizzati dal ristorante al piano di sotto, gestito da una cooperativa sociale che si occupa di garantire l’inserimento lavorativo di ragazzi con varie disabilità.

All’inizio del loro primo progetto, Elena ed Emanuela hanno voluto immaginare una città diversa, dove la natura riconquista i suoi spazi tra asfalto e cemento, dove vicini di casa possono coltivare il proprio pezzetto di terra proprio sopra la loro testa e dove spazi urbani da tempo dimenticati e inutilizzati diventano luoghi per il tempo libero e il benessere collettivo. Ma soprattutto, hanno voluto sognare una città creata insieme ai cittadini, che ne diventano una vera e propria comunità di cura. Come ci raccontano, «per noi la sfida è stata verificare come questi interventi possano diventare veri e propri laboratori di inclusione sociale e non solo di riqualificazione ambientale».

Come illustrato nel video, un intervento di orti pensili è capace di recuperare aree dismesse e piccoli lotti, con innumerevoli benefici economici, sociali e ambientali. «Proviamo a immaginare quale sarebbe l’effetto di questi interventi se diventassero una pratica abituale per ricoprire e trasformare bassi fabbricati e garage. Che impatto avrebbero sulla qualità ambientale e sul microclima urbano?».  

Grazie a Elena ed Emanuela scopriamo che oltre il 20% delle superfici urbane sono tetti piani coperti di catrame, non utilizzati e scarsamente accessibili. Il verde pensile contribuisce in maniera efficace all’efficientamento dell’edificio, abbattendo notevolmente i consumi e l’inquinamento dovuti al raffrescamento e al riscaldamento. Ma non solo. Aiutano a ridurre le isole di calore, a gestire le acque meteoriche. E si pensi anche che un tetto piano trasformato in giardino aumenta di oltre il 15% il valore dell’edificio sul quale si realizza.

«Sono interventi importanti per l’ecosistema urbano ma anche dal punto di vista del benessere psicofisico delle persone. In questo periodo di pandemia ci siamo trovati rinchiusi in casa in condizioni abitative che non ci permettevano di avere accesso a un’area verde di prossimità e questo ha certamente influito sulla nostra qualità della vita. In questo senso è fondamentale ripensare gli spazi verdi come luoghi che contribuiscono al nostro benessere».

Come ci spiegano Elena ed Emanuela, «ci siamo rese conto che ogni orto ha una sua precisa logica e ciò fa sì che le sue caratteristiche rispondano alle necessità di ogni singolo contesto. Per questo motivo ci piace sperimentare diverse modalità di gestione degli orti, in base ai luoghi e alle persone che se ne prenderanno cura».

Ad esempio, il Giardino IncrEdibile, è uno degli orti alti realizzato presso un centro commerciale a Nichelino ed è nato per essere gestito da associazioni e cooperative del territorio che si occupano di disabilità. Qui si incontrano decine di giovani e studenti che ogni settimana praticano l’agricoltura urbana e partecipano alle attività didattiche; oppure è il caso dell’Orto Wow, che rientra nell’ambito di ProGiReg, un progetto europeo per la rigenerazione delle aree post-industriali. Nella periferia sud di Torino è presente un vecchio complesso abbandonato che dà vita a un tetto verde con piante mellifere che attraggono le api.

«Il progetto ha permesso in questo modo di portare l’attenzione della città su un luogo sconosciuto della periferia che è ora un polo per la biodiversità, dove i giovani possono apprendere attraverso soluzioni basate sulla natura, scoprire l’importanza dell’apicoltura e della presenza di corridoi ecologici negli ambienti urbanizzati».

Un altro esempio è Or-To, l’orto in cassoni realizzato in collaborazione con Eataly sulla piazza antistante un centro commerciale. Avviato come intervento temporaneo e stagionale, grazie al successo ottenuto in questi anni, è diventato a tutti gli effetti un progetto permanente. La presenza dell’orto è infatti riuscita a cambiare la natura dello spazio, da luogo di passaggio a luogo di sosta, grazie alla creazione di una comunità di cura che se ne occupa in autonomia.

Come ci confidano Emanuela ed Elena, «quando ne parliamo ci piace chiamarli “i nostri orti” perchè vogliamo bene ai progetti che abbiamo realizzato ma l’aspetto più significativo è che la gestione non rimane mai in capo a noi. Noi facciamo un lavoro di ideazione, co-progettazione e accompagnamento per poi affidare questi spazi ai loro nuovi “custodi”, nonché famiglie, vicini di casa, scuole e piccole comunità che li prendono a cuore».

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