23 Dic 2020

Fabrizio Daldi e la biodinamica: l’agricoltura che alimenta la vita – Io faccio così #312

Scritto da: Daniel Tarozzi
Intervista di: DANIEL TAROZZI E EMANUELA SABIDUSSI
Riprese di: DANIEL TAROZZI
Montaggio di: PAOLO CIGNINI

Abbiamo incontrato Fabrizio Daldi, agricoltore, formatore e consulente di biodinamica. Tra una serra e un campo di fiori e piante, Fabrizio ci introduce ai mondi della biodinamica, ai segreti del corno-letame, ai principi delle biorisonanze. Tutti concetti messi in pratica in un'agricoltura che abbandona pesticidi e sostanze nocive per mettere al centro il benessere di piante, animali e umani.

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Imperia - Arriviamo da Fabrizio Daldi in una bella mattina di sole di dicembre. Dopo esserci persi tra un reticolo di curve sovrastanti Sanremo, ci troviamo di fronte un panorama mozzafiato. Colline, mare, barche a vela.

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Fabrizio ci accoglie insieme alla sua amica a quattro zampe e quasi immediatamente iniziamo a passeggiare per la sua azienda – la Daldi Floricoltura SSA – riconvertita negli anni da convenzionale a biologico e poi a biodinamico. Mentre osserviamo campi e serre ricche di piante meravigliose e misteriose, coltivate senza l’aiuto di sostanze nocive e decisamente floride, Fabrizio ci spiega i principi della biodinamica, le motivazioni dietro le sue scelte, le scoperte legate alla biorisonanza e le frequenze armoniche che pare incidano persino sulla salute umana.

La Biodinamica
Fabrizio è un fiume in piena di conoscenze ed è un piacere addentrarsi nei suoi mondi. L’azienda la conduce insieme alla sorella. Era dei suoi genitori e l’ha presa in carico ormai da diversi anni. Da qualche tempo, però, la sua attività si è spostata sempre più sul versante della formazione e delle consulenze. Fabrizio, infatti, è diventato referente per l’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica Sezione Liguria.

La conversazione, quindi, si sposta presto dalla descrizione della sua azienda, alla scoperta dei principi alla base della biodinamica, cercando anche di smontare molte leggende metropolitane o anche molti, comprensibili, dubbi di chi associa questo metodo a stregoneria, superstizioni o altro.

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Fabrizio Daldi e la sorella , titolari della Daldi Floricoltura SSA

«La visione biodinamica di una azienda – ci spiega Fabrizio – contempla ciò che si vede e ciò che non si vede, ciò che è sensibile e ciò che è sovrasensibile. Per poter portare a casa un raccolto dobbiamo prendere in considerazione tutte le branche della scienza, la chimica – industriale di sintesi e naturale – la microbiologia e la fisica».

Le scoperte di Steiner
«Studiando le piante, la vita, ci si rende presto conto che tutto è collegato. Ad esempio, Rudolf Joseph Lorenz Steiner – che è stato il capostipite di quella che oggi è conosciuta come agricoltura biodinamica – negli anni ’20 ha posto anche le basi della agricoltura biologica che è stata poi “normata” solo negli anni ’90. Sempre Steiner ci spiegava come non ci possa essere una sana agricoltura se non si sviluppa una sana socialità. Per questo ho deciso di dedicarmi alle consulenze e alla formazione. Per coniugare questi due aspetti».

Fabrizio ci spiega come la biodinamica sia una metodica agricola più semplice da praticare che da comprendere. Gli scritti di Steiner, infatti, hanno più di 100 anni e sono stati sviluppati in Germania. Chi si approccia al suo lavoro, quindi, deve superare un gap linguistico e temporale. «Ma con una piccola “traduzione” da parte di chi pratica la biodinamica, e con un po’ di esperienza, ci si rende conto di come possiamo usare delle sostanze presenti in natura e trasformarle in modo che queste abbiano un effetto
positivo sull’ambiente, facendo crescere le piante sane e senza parassiti.

Le informazioni
Steiner ci ha insegnato come usare poca sostanza e molta informazione; ecco perché anche gli “strumenti più strani”, come il famoso corno-letame, funzionano. In questo caso, ad esempio, sfruttiamo le “informazioni” contenute nel letame di vacca per concimare diversi ettari di terra fertilizzando il suolo, con una piccola quantità di letame.
Possiamo ottenere il risultato equivalente a 200 quintali con un chilo e mezzo di letame lavorato. Gli esseri viventi sono apparecchi che possono ricevere informazioni che li indirizzano verso reazioni biochimiche. Quel letame lavorato, proprio come un’antenna che ci permette di ricevere la tv o internet, fa sì che le sue proprietà si diffondano e vengano recepite sull’intero appezzamento. In questo modo nel terreno si sviluppa la microbiologia corretta».

È un ciclo continuo, naturale, arricchente: «Le stesse piante – una volta morte – con il carbonio diventano nutrimento. Questi processi li abbiamo davanti agli occhi, ma non li vediamo così come non riusciamo a vedere i microrganismi. Come diceva Johann Wolfgang von Goethe , “niente è più difficile da vedere con i propri occhi di quello che si ha sotto il naso ”».

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Da scienza delle certezze a nuove scoperte
Ok, sembra molto interessante, ma forse un po’ difficile da accettare. Fabrizio mi spiega che ci sono centinaia di esperienze concrete in atto che dimostrano i risultati di questo approccio alla terra, così come milioni di persone oggi scelgono di rivolgersi all’omeopatia – verificandone gli effetti – anziché ricorrere a farmaci di sintesi ricchi di controindicazioni.
«Le soluzioni biologiche – aggiunge – derivano da una approfondita conoscenza della natura. Bisogna però abbandonare i pregiudizi. La scienza agisce su quello che ancora non sa. Oggi invece ci si rivolge esclusivamente alla “scienza delle certezze”. Credo che uno scienziato che ha solo certezze abbia smesso di fare il suo lavoro».

In effetti, le sue colture sembrano dimostrare la validità del suo approccio. Per questo, secondo Fabrizio, occorre dimostrare letteralmente “sul campo” che queste tecniche funzionano. «Se prendiamo il letame e lo mettiamo dentro il corno, nel periodo particolare dell’anno in cui arrivano forti impulsi di terra e acqua, otteniamo che dopo sei mesi questo non è marcito, ma si è trasformato in un preparato che ha grandi forze radianti e quindi trasmette informazioni. E qui abbiamo la più grande differenza tra agricoltura biologica e biodinamica. Nel primo caso, non si utilizzano principi di fisica ma ci si limita a sostituire le molecole di sintesi con quelle naturali. Certo, non si ricorre a diserbanti, ma va ricordato che un po’ di rame e zolfo si usano e questi possono uccidere batteri e funghi utili. Il biologico, comunque, è un ottimo approccio, un passaggio, ma al giorno d’oggi è facile fare un salto e cercare delle strategie che ti permettono di non usare più rame e zolfo e portare comunque a casa il risultato».

La biorisonanza
Tra le tecniche proposte da Fabrizio, troviamo anche la biorisonanza, una tecnica tesa a gestire le frequenze di cui è fatto l’essere vivente. «Non dimentichiamoci che i nostri corpi sono costituiti per gran parte di molecole d’acqua che contengono informazioni secondo dei domini di coerenza che a loro volta influenzano le reazioni biochimiche dell’organismo. Attraverso un macchinario inventato da un medico e un ingegnere tedesco nel 1978 possiamo rifasare un individuo che è fuori fase, un po’ come avviene con
il segnale audiovisivo che usiamo per vedere a distanza o ascoltare video. Siamo un complesso di campi elettromagnetici che comunicano tra di loro e che gestiscono la vitalità di un essere vivente. Possiamo quindi “correggere” i campi energetici di persone, animali, piante. Perché non farlo?».

Per ascoltare l’intervista integrale clicca qui.

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