4 Gen 2021

Perché dopo tutto siamo solo un altro mattone nel muro

Scritto da: Libero Repubblico

Milioni di persone continuano a migrare a causa di povertà, conflitti bellici e cambiamenti climatici, mentre i decisori politici si alternano senza una soluzione concreta alla gestione dei flussi migratori alternativa alla chiusura e alla costruzione di muri. E ci chiamano a esserne parte. Da un articolo di fine 2020 su Biden, Trump e il progetto di muro anti-migranti, le riflessioni di Libero Repubblico, all'alba di un nuovo anno e in compagnia di un passato che non ci molla.

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Ora il muro di Trump lo pagano i Dem

All in all it’s just another brick in the wall” (Dopo tutto è solo un altro mattone nel muro). Pur di salvare il disegno di legge sul sostegno post Covid-19 da 900 miliardi di dollari, il Congresso americano, Democratici compresi, ieri ha approvato nel pacchetto anche 1,3 miliardi di dollari per la costruzione del muro meridionale anti-migranti voluto da Donald Trump. Un grande accordo “per cui abbiamo lavorato giorno e notte”, ha sottolineato la speaker della Camera, Nancy Pelosi, che pure ha tenuto a precisare che non si tratta di un accordo “robusto” come quello che il suo partito si sarebbe auspicato. Ma tant’è.

[…] Non proprio un buon inizio per Biden, certamente inatteso dalla folla di “desesperados” che si accalcano alla frontiera sud e che nell’elezione del presidente democratico avevano visto una speranza di entrare a far parte del sogno americano, o per lo meno di non morire cercando di esaudirlo.

“All in all you’re just another brick in the wall”.
(Il Fatto Quotidiano, articolo di Alessia Grossi, Martedì 22 dicembre 2020)

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Come articolo per l’inizio di un anno nuovo voglio parlare del passato. Voglio cioè trattare di ciò che un anno nuovo non può cancellare, come un’esperienza nuova non cancella le precedenti, come un pensiero nuovo non cancella ciò che si pensava prima. Allo stesso modo un presidente nuovo non cancella quello che c’era prima.

Durante questo frizzante 2020 in molta parte dell’Occidente si pensava che chiunque si fosse mai presentato sarebbe sicuramente stato un presidente migliore di Donald Trump. E probabilmente per molti aspetti sarà così. Ma un politico, quando viene eletto, deve pur badare al consenso e a tenere unite le sue truppe di rappresentanti. Così un Biden (cosiddetto “Sleepy Joe”) che ha fatto della questione migratoria una delle più insistite critiche all’amministrazione Trump, tra le prime decisioni prese da “presidente in pectore” si trova ad approvare il finanziamento per la costruzione del muro anti-migranti.

L’ultima, la tredicesima, carovana di migranti diretti in Messico dall’Honduras è partita l’11 dicembre con centinaia di persone rimaste senza casa. Quest’anno al confine sono morti 400 profughi e sono 628 i minori separati dai genitori alla frontiera e non ancora ritrovati!!!

Questa la cronaca nell’articolo… (i punti esclamativi li ho messi io). Così l’entusiastica accoglienza mediatica dell’elezione di Biden scema in ingenuità davanti agli occhi del pubblico che, per l’ennesima volta, si rende conto di essere stato ingannato. Almeno in parte, dico io. Magari alcuni lo avevano già intuito. Ma quanto è meschina questa democrazia fatta solo di parole e di intenzioni? Eppure le migrazioni sono in cammino in tutto il mondo, senza eccezioni.

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La barriera di separazione tra Stati Uniti d’America e Messico, detta anche muro messicano o muro di Tijuana (Foto di Max Böhme)

“Human Flow” (Flusso umano), un film di Weiwei, racconta più di 40 movimenti migratori in azione in ogni parte del pianeta. La scienza, amica e nemica, perché generosa e dispotica allo stesso tempo, ci spiega da quasi un decennio che i nostri tempi saranno caratterizzati da migrazioni di milioni di persone per i motivi più svariati: povertà, condizioni climatiche, conflitti bellici, etc.

In molti si arrischiano addirittura a dire che la causa principale è da ricercare nelle diseguaglianze che si sono acuite enormemente negli ultimi trent’anni di sbornia neoliberista. Eppure i decisori si susseguono senza una soluzione concreta alternativa alla chiusura, ai muri. E ci chiamano a esserne parte, dei muri. Perché il passato ci insegue e non ci molla.

Le decisioni prese prima del nostro arrivo hanno nel frattempo lavorato a fondo nel comune sentire e influenzano pesantemente anche la mera possibilità di cambiare quelle stesse decisioni. E così via. Più si prosegue su questa strada più la situazione diventa intricata e limita progressivamente le alternative, e innanzitutto la loro radicalità.

Rimangono nel migliore dei casi dei rattoppi di facciata e una serie di compromessi al ribasso. D’altra parte, e i giocatori di poker lo sanno bene, se non puoi più puntare in alto accetterai sempre una misera consolazione al ribasso. E ribasso dopo ribasso… alla fine si perde e si abbandona il tavolo.

Io non so da quanto abbiamo abbandonato quel tavolo, in qualche modo cacciati o allontanati con ipocrita cortesia, ma so che nella mia vita il mantra del “meno peggio” l’ho sentito da molte voci, più giovani o più esperte che fossero. Accettare quello che c’è perché l’alternativa sarebbe ben peggiore. E avanti con “la costruzione del nemico” e altre amenità del genere. Perché in fondo i muri già costruiti non si possono abbattere.

Io però, nonostante molteplici sforzi di riflessione, continuo, alle porte dei quarant’anni, a non crederci. Credo in verità che al contrario tutto cambi in ogni momento. E, in vita mia, mai come oggi ho avuto tanta forza in questa convinzione. Che se “All in all you’re just another brick in the wall”, allora che domani sia il muro di una casa, accogliente, pulita, comune.

Mentre altri muri saranno da distruggere, anche se ne siamo noi stessi i mattoni.

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