12 Apr 2021

Nuove forme di relazioni, amore e sesso. È ora di riconoscerle! – Amore Che Cambia #1

Scritto da: Daniel Tarozzi
Video realizzato da: PAOLO CIGNINI

Nella chiesa in cui è avvenuta la prima benedizione di una coppia gay in Italia abbiamo incontrato Daniela Di Carlo, pastora della Chiesa Valdese di Milano. Con lei – prima interlocutrice del tour di interviste e incontri sull'Amore Che Cambia – ci siamo addentrati in una selva di tematiche spesso considerate tabù, dalla sessualità al concetto di famiglia, dall'aborto al poliamore.

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Giovedì scorso abbiamo pubblicato la prima parte dell’intervista alla Pastora della Chiesa Valdese in cui abbiamo ricostruito la loro storia e una parte del loro pensiero. Oggi entriamo nel vivo e vediamo qual è il pensiero di Daniela Di Carlo e della sua Chiesa su coppie omosessuali, mondo LGBTQIA, coppie aperte, separazioni e altro.

Prima di tutto, ci spiega Daniela, fino a quando sono entrate in vigore le restrizioni per Covid, si riuniva regolarmente una volta al mese un gruppo LGBTQIA legato alla chiesa. Ma molti sono i filoni in cui essa rompe gli schemi mentali che abbiamo sul pensiero religioso. Ad esempio i cosiddetti temi “etici”. In un Paese in cui si dibatte ancora oggi su l’obiezione di coscienza per la vendita della pillola del giorno dopo o per l’aborto, «siamo state una delle prime chiese a chiedere una legge su divorzio e aborto. Ovviamente non incentiviamo queste pratiche, ma solo perché riteniamo che qualsiasi donna debba decidere per sé se avere o meno un figlio e sappiamo che le storie d’amore possono finire. Ognuno ha diritto a una vita relazionale soddisfacente o anche solitaria».

«Nel pastorato, così come nella vita comune – prosegue Daniela –, può accadere di amare una persona dello stesso sesso e ovviamente il pastorato di una persona che ha una relazione omoaffettiva è accolto. Naturalmente ci sono chiese più aperte e altre che sono meno mature, ma è una decisione presa in sinodo e quindi nessuno può essere cacciato perché ama una persona dello stesso sesso».

Questa è una posizione che apre la porta anche ad altre famiglie: «Consideriamo famiglia anche persone che non hanno un rapporto di amore, ma di amicizia, di condivisione», prosegue la pastora. «Per noi è famiglia una nonna con un nipote o una persona che sceglie di vivere da single ma ha bisogno di un supporto famigliare da una comunità a cui appartiene in quel momento, quando per esempio si ammala di covid. Sul tema famiglia siamo molto creativi. Per me è famiglia anche una persona single con un animale».

La discussione si sposta poi sul tema della sessualità, che certamente fa parte della vita dell’essere umano e, anzi, ne è una parte significativa: «Naturalmente, siccome la responsabilità personale è un caposaldo su cui si basa la vita tutta, non entriamo nel dettaglio della sessualità vissuta da un individuo, ma è importante che sia una sessualità vissuta nel rispetto del partner o della partner con cui si decide di svolgerla. In questo senso nessun protestante farà un corso su come vivere la sessualità, ma ti dirà di viverla con responsabilità e rispetto».

chiesa valdese 24

«Io credo che la scelta di reprimere la sessualità dipenda dalla mania del controllo. La repressione della sessualità, come in altri aspetti della vita – la libertà, l’opinione, l’espressione – ha origine dalla fame di controllo sulla quale sono cresciute le religioni. A me sembra che il mondo protestante rifiuti il controllo: il giudizio per noi appartiene a Dio. Ovviamente esiste una forma di giudizio terreno, quello contro il razzismo, la xenofobia, contro l’omofobia, la transfobia. È qualcosa che si attiva solo quando c’è un carnefice e una vittima. È una situazione in cui qualcosa va definito e bisogna alzare la voce. Ma proprio perché crediamo nella responsabilità individuale non ci viene in mente di normare, perché ognuno sa dare forma alla sessualità che vuole vivere, soprattutto se segue quel principio di “ama il prossimo tuo come te stesso”. Che è una sintesi perfetta del cristianesimo ma anche una lezione di vita con cui muoversi nel mondo».

Non sono solo parole. In questa Chiesa, infatti, molte persone LGBTQIA sono veramente ben inserite, hanno ruoli centrali, di guida. Questo non significa un’apertura generalizzata. Ad esempio, sulla poligamia la posizione è differente: «La poligamia così come è presentata è una gerarchizzazione di rapporti che non sono affini alla nostra sensibilità, anche perché normalmente si parla solo di poligamia e mai di poliandria».

A questo punto ci lasciamo andare e ci confrontiamo con Daniela su come sta cambiando la società e la vita delle cosiddette “minoranze” (sempre in ambito relazionale o sessuale). «Sessant’anni fa anche solo essere gay era impensabile, mentre adesso c’è una legittimità nel dichiararsi anche a 20 anni e le persone giovani hanno meno difficoltà nel riconoscersi. Oggi si è diffusa anche una maggiore capacità nel dare nome al proprio sentire. Stiamo imparando a nominare categorie o modi di essere che prima esistevano ma non erano nominati. E ci costringevano nelle gabbie “dell’esistente”, del riconosciuto».

chiesa valdese
Daniela Di Carlo, pastore della Chiesa Valdese di Milano

Una curiosità che conferma le parole della pastora: la prima benedizione a una coppia gay in Italia è avvenuta proprio in questa chiesa. «È stato un evento mediatico molto seguito – racconta –, ma anche un momento divisivo nel cristianesimo milanese. Noi siamo comunque andati avanti e poco dopo abbiamo attuato un battesimo e una presentazione di una coppia di gemelli nati da madre surrogata e affidati a due papà. Se questi papà vogliono intraprendere un percorso di educazione alla fede di questi gemelli, perché non farlo?».

Oggi che la legge prevede lo status di coppia di fatto per accedere alla benedizione Valdese occorre aver prima sancito l’unione in Comune. Ma quando ci fu la prima benedizione la legge ancora non esisteva. «In quel caso – ci spiega la Pastora – la loro fu una scelta di disobbedienza civile».

Anche sulle diverse forme di relazione – ad esempio il poliamore – non ci sono chiusure preconcette: «Dove non si fa del male a qualcuno per noi vale il principio secondo il quale ognuno è libero di scegliere quello che lo fa star bene nel mondo». Per questo, la risposta su cosa sia per lei l’amore che cambia è quasi scontata: «Per me è la possibilità di potersi inventare, senza limiti se non quello di non arrecare dolore, ma diffondere il bene comune».

Per ascoltare l’intervista integrale clicca qui.

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