16 Giu 2021

Il silenzio assordante delle scuole di danza durante la pandemia

Scritto da: Redazione

Le scuole di danza sono state colpite molto duramente dalla pandemia e dalle misure spesso ingiustificate attuate per contenere i contagi. Ma c'è anche chi ha avuto la forza di reagire, come racconta il documentario Renegades Reality, realizzato da Dhart Academy per fare il punto sulla situazione della breakdance italiana.

Salva nei preferiti

Videolezioni online individuali o di gruppo, sfide a tema lanciate e condivise tramite i canali social, competizioni, ma anche lezioni all’aperto o nelle poche sale rimaste fruibili rispettando le norme igieniche per scongiurare la possibilità di contagio all’interno delle strutture. Queste sono solo alcune delle azioni intraprese dagli insegnanti di “breaking” (disciplina conosciuta ai più col nome di “breakdance”) per continuare a vivere della loro passione ed esorcizzare il malessere psicologico causato dalla chiusura graduale delle scuole di danza dovuto al susseguirsi dei Decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri durante i mesi di pandemia.

Dopo il colpo della prima chiusura ecco il secondo, stavolta insopportabile e insostenibile. Ad Ottobre 2020, con il progressivo rialzarsi della curva dei contagi da coronavirus, il governo è nuovamente intervenuto in materia di restrizioni, facendo scontrare il mondo della danza e dei Decreti, comportando la chiusura forzata e continuativa di centri sportivi dilettantistici, palestre e scuole di danza. Erano stati concessi sette giorni per adeguarsi alle nuove norme anti Covid-19, a spese delle strutture interessate, senza essere stati, però, sufficienti a mantenerle aperte, nonostante non vi sia stata nessuna evidenza scientifica a sottolineare la relazione tra focolai e allenamento a norma in luoghi controllati. Inizialmente, tali provvedimenti restrittivi avrebbero dovuto rimanere attivi fino lo scorso 24 novembre, ma così non è stato, finendo col mettere in ginocchio un intero settore, dal quale dipende il sostentamento di un elevato numero di famiglie. Non sono stati, oltretutto, tenuti in considerazione né i bisogni psicologici né fisici dei ballerini e degli sportivi, soprattutto quelli dei più giovani, tra i maggiormente colpiti dalle conseguenze delle norme messe in atto per ridurre il numero di contagi.

Il confronto positivo, la socialità, la crescita emotiva e la qualità del tempo insieme sono alcuni dei sani pilastri all’interno di scuole di danza e palestre. Di tutto questo non resta che una fremente attesa di un ritorno a quei giorni in cui le occasioni conviviali venivano date per scontate. Al fine di sostenere economicamente i lavoratori dello sport e cercare di arginare le perdite economiche causate dalla chiusura delle strutture, sono state messe a disposizione delle indennità pari a 600 euro e 800 euro a tutti coloro che hanno visto il proprio lavoro sospeso. Purtroppo, queste cifre non si sono rivelate sufficienti per una categoria di lavoratori che, al pari di molti altri, provvede al mantenimento del proprio nucleo familiare, senza contare, poi, le spese fisse di chi deve sostenere la propria struttura. Non si è dovuto attendere molto per accorgersi che oltre il danno si nascondeva la beffa. Dopo soli tre mesi dal secondo stop delle attività sportive dilettantistiche hanno cessato di essere erogati anche quei pochi sussidi dovuti. Cinque mesi in cui il 40% delle associazioni sportive dilettantistiche ha chiuso per sempre i battenti.

I “bboys” e le “bgirls” (termini tecnici con cui si indicano i ballerini e le ballerine di breaking) hanno dovuto fare i conti con la dura realtà di un cambiamento di stile di vita repentino e le reazioni di fronte a ciò sono state molteplici. C’è chi si è visto costretto a reinventarsi in un nuovo lavoro, chi ha avuto più fortuna e ha potuto ripiegare sulla piccola attività di famiglia, chi fino all’arrivo del freddo pungente ha continuato a insegnare all’aperto e chi ha trovato nuovo spazio in un luogo ancora parzialmente inesplorato da parte della comunità del breaking italiano: il mondo del web.

Come recita il detto, sono proprio le necessità sopraggiunte in condizioni avverse a far emergere le virtù di ognuno di noi. I membri della comunità del breaking italiano hanno saputo trovare nel mondo del web, seppur umanamente più distaccato, uno spazio di ripiego per restare in contatto tra loro ed i loro allievi, garantendo contenuti ad hoc per le varie piattaforme e per le lezioni svolte tramite esse. Abbiamo assistito alla concretizzazione delle smart classes di breakdance nel territorio della penisola, una nota positiva che ha permesso a tutti coloro che non hanno la possibilità di spostarsi, a prescindere dal periodo sfavorevole in cui viviamo, di poter arricchire il proprio bagaglio culturale studiando con diversi insegnanti. Sono nati programmi di allenamento appositi, gestiti da bboys e bgirls impegnati a seguire gli allievi con cadenza settimanale, il tutto con una rinnovata dedizione alla crescita della comunità nel tentativo di alleviare le barriere imposte dalle norme anti Covid-19 per rimanere a distanza, ma mai lontani.

scuole di danza pandemia

La forza di una comunità si vede dalla concretezza dell’aiuto ai suoi membri sparsi in tutto il mondo nel momento del bisogno. Forte della nuova conoscenza delle piattaforme online, sono stati repentinamente organizzati eventi di beneficenza, come stage e competizioni online, indetti da ballerini ed esponenti internazionali. Il ricavato è stato interamente devoluto a favore dei più bisognosi nelle Filippine ed in Brasile, per citarne alcuni, all’insegna di una presenza solidale ed emotiva concreta. D’altro canto le forme artistiche che la comunità può esibire sono varie e non si fermano unicamente al mondo della danza. Ogni portavoce di questa comunità ha contribuito come poteva in base all’arte praticata. Non solo breaking, ma interviste, talk show, e DJ set con annessi web party. Tante iniziative il cui unico scopo non è il mero guadagno, bensì il rispetto e la conformità verso i principi di unità, studio e conoscenza, tra gli altri, che garantiscono il senso di unione di questa cultura.

In conclusione, la realtà italiana appartenente alla cultura Hip Hop ha raccolto il guanto di sfida ed è stata pronta, ancora una volta, a mettersi in gioco per imparare a fruire di nuovi spazi e adottare nuove metodologie di condivisione. Perpetrare lo spirito ed i valori della stessa è forse la sfida più impegnativa tra le tante mai affrontate. Eppure, lavorare sul presente con la proiezione di un rinnovato futuro ancora una volta a contatto, non ha ostacolato l’agire collettivo di questa grande comunità.

“Una comunità che non sostiene i propri artisti sacrifica l’immaginazione sull’altare della cruda realtà, rischiando di coltivare sogni senza valore”
Yann Martel

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Spazi personali e collettivi: la cultura del gesto in Sardegna
Spazi personali e collettivi: la cultura del gesto in Sardegna

Jorge Eielson, l’artista peruviano che ha scelto Bari Sardo come dimora per l’eternità
Jorge Eielson, l’artista peruviano che ha scelto Bari Sardo come dimora per l’eternità

Chi furono i primi abitanti della Sardegna? Un viaggio lungo 11mila anni
Chi furono i primi abitanti della Sardegna? Un viaggio lungo 11mila anni

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Come trasformare gli allevamenti in fattorie vegane, l’esperienza svizzera – #917

|

Val Pennavaire in rete: la nuova e inaspettata zuppa di sasso

|

Gaetano, terapista forestale dei Monti Lattari: “La foresta mi ha guarito”

|

Cuscini Bio, la moda etica e quel giocattolo dentro a una fornitura tessile

|

Animal Talk Italia: parlare con gli animali è possibile – Io Faccio Così #402

|

Lezioni ecologiche nelle scuole italiane, fra antropocene ed ecologia profonda

|

Alberi monumentali, in Sicilia sono 311 i tesori vegetali da tutelare

|

Sanità e diritto alla cura: cronache da un’Ogliastra che vuole vivere, non sopravvivere

string(9) "nazionale"