18 Gen 2022

Arriva anche in Italia (Liguria e Piemonte) la peste suina africana

Scritto da: Redazione

Negli ultimo giorni si stanno diffondendo sempre di più casi di peste suina africana fra cinghiali selvatici, in particolare nel nord-ovest. Secondo Coldiretti la soluzione individuata dai ministeri della Salute e delle Politiche Agricole – sospendere nelle zone interessate le attività all'aria aperta e la caccia, ad eccezione di quella selettiva – è corretta.

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«È importante la tempestiva adozione del provvedimento che consente alle attività produttive di continuare a lavorare in sicurezza, fornendo rassicurazioni in merito alle esportazioni». È quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento alla firma dell’ordinanza dei ministri della Salute Roberto Speranza e delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli per fermare la diffusione della peste suina africana (PSA) dopo i casi riscontrati su cinghiali in Piemonte e Liguria, ma anche in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa.

La peste suina africana può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali. Non è invece trasmissibile agli esseri umani. «Siamo costretti ad affrontare questa emergenza perché è mancata l’azione di prevenzione e contenimento, come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali […]».

Il provvedimento – spiega la Coldiretti – prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti.

peste suina africana

L’ordinanza in vigore per sei mesi si pone l’obiettivo di “mettere in atto ogni misura utile a un immediato contrasto alla diffusione della peste suina africana e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra UE e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati”.

Una necessità dopo che sono state attivate misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan), dove è stato previsto un temporaneo stop alle importazioni di carni e salumi Made in Italy. Le esportazioni di carni suine e derivati Made in Italy ammontano complessivamente nel mondo a 1,7 miliardi, ma va sottolineato – precisa la Coldiretti – che oltre il 60% è destinato a Paesi dell’Unione Europea che, riconoscendo il principio della regionalizzazione, prevedono eventuali blocchi solo dai comuni delimitati, dove peraltro l’attività di allevamento è molto contenuta.

Un comportamento analogo peraltro è stato adottato anche da paesi come Regno Unito, USA e Canada, dove è diretta la maggioranza dell’export extra UE per i casi analoghi che si sono verificati in Germania, Belgio e Paesi dell’Est Europa e per questo – continua la Coldiretti – diventa ora importante una azione diplomatica per formalizzare questo orientamento e non penalizzare la filiera.

«Abbiamo più volte evidenziato il rischio della diffusione della peste suina africana attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione sia numerica che spaziale attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette», afferma Prandini.

«Adesso serve subito un’azione sinergica su più fronti, anche con la nomina di un commissario in grado di coordinare l’attività dei prefetti e delle forze dell’ordine chiamate a intensificare gli interventi, per tutelare e difendere gli allevamenti e compensare gli eventuali danni economici alle imprese. Si ravvisa infine la necessità di avviare iniziative comuni a livello europeo perché – conclude Prandini – è dalla fragilità dei confini naturali del paese che dipende l’elevato rischio di un afflusso non controllato di esemplare portatori di peste».

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