7 Mar 2022

Circo Incerto: quando le arti circensi incontrano la pedagogia

Scritto da: Emanuela Sabidussi

Attraverso il circo è possibile fare molto: non solo migliorare le proprie abilità fisiche, ma anche – forse soprattutto – sviluppare sicurezza, autostima e capacità di espressione psico-emotiva, oltre che fisica. Come? Ce lo spiega Simone Peretti, fondatore di Circo Incerto.

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Savona - Mi è capitato di recente di accompagnare mia figlia a una visita e di ricevere da parte del medico il consiglio di farle svolgere attività che possano aiutarla a sviluppare al meglio il suo fisico. Al consiglio è seguito un elenco di possibili soluzioni, tra cui ginnastica artistica e danza. Mentre ascoltavo le parole dell’intervista che vi sto per presentare, mi sono chiesta: “Perché non il circo?”.

Forse la risposta è che si tratta di un’attività non molto diffusa in Italia, o che non appartiene alla nostra tradizione? In realtà le scuole di circo sono più diffuse di quanto si possa immaginare e sono ben radicato nel nostro passato: vi sono tracce di spettacoli circensi già durante l’antica Roma.

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Credo che il vero motivo per cui non pensiamo alle attività circensi come a uno sport o un’attività motoria come gli altri sia che banalmente nell’immaginario collettivo esse vengono viste come qualcosa di molto lontano dalla nostra portata: guardando gli esercizi di equilibrismo, dei trampoli o di coordinamento perfetto di giocoleria, l’idea è che nessuno di noi “comuni mortali” possa essere in grado di riuscirci, ma che siano attività per qualcuno con un fisico più prestante, maggiori riflessi, equilibrio e chissà quali altre competenze. In realtà, come mi ha spiegato Simone Peretti, fondatore del progetto Circo Incerto, non sono altro che abilità come tutte le altre e possono essere sviluppate con i giusti esercizi e il giusto tempo.

L’INIZIO DI TUTTO

«Ero all’università e studiavo scienze dell’educazione quando iniziai a scoprire il circo: un mio amico, che faceva roteare le palline, si è proposto di insegnarmi qualche esercizio affinché lo potessi poi riproporre a mia volta come attività per i bambini. Ero convinto dentro di me che non ne sarei stato in grado, ma ben presto ho cambiato idea. Durante l’Erasmus in Spagna, avendo molto tempo libero, mi sono formato ed è proprio lì che ho pensato di unire la parte più professionale dell’educazione a questo mio nuovo hobby».

Simone inizia a organizzare piccoli laboratori e nel frattempo continua la sua formazione, partecipando a un corso di scienze motorie applicate alle arti circensi e creando una vera e propria pedagogia circense che permette a bambini e bambine di apprendere attraverso il circo. Cosa? Tutto, mi viene da dire ed è un tutto composto – stando ai racconti di Simone – da autostima, perseguimento di un obiettivo che ci si è auto-posti, miglioramento di sé stessi, conoscenza dei nostri limiti veri e non, ma soprattutto collaborazione. Sì, perché per quanto sia un’attività molto incentrata sulle performance individuali, non potrebbe esserci senza la presenza e performance dell’intero gruppo.

IL CIRCO É PER TUTTI E TUTTE

In questi anni Simone e il gruppo di Circo Incerto hanno proposto corsi con difficoltà e obiettivi diversi: persone con disabilità di differenti età, bambini dell’infanzia e della primaria, adolescenti, adulti. Insomma, chiunque volesse, con diverse modalità e tempistiche ha potuto frequentare le lezioni di Simone.

«Il circo permette di sviluppare la coordinazione del proprio corpo e dei suoi singoli movimenti, lavora sulle competenze sia motorie che socio-emotive. Ciò è possibile, grazie alla varietà di proposte al suo interno, che permette di avere esercizi diversi da proporre a seconda del contesto, come l’acrobatica, l’espressione corporea, l’equilibrismo, la giocoleria, il clown».

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I TRATTI DISTINTIVI DEL CIRCO NELL’EDUCAZIONE

Simone mi racconta che i processi educativi si applicano a tutte le fasce di età, in particolare per i bambini. Non si definisce un istruttore: «Ciò che propongo è un percorso di crescita individuale che è diverso per ognuno e una delle prime cose che viene insegnata è il tema della “difficoltà”. Spesso quando lavoro con i bimbi sento dire: “È difficile, non ci riesco”. Il mio compito è insegnare loro il ruolo fondamentale che riveste la pazienza e la perseveranza, nel circo come in qualsiasi altra difficoltà incontrata. Inutile dirvi che non appena riescono a farcela, la ricompensa emotiva e di autostima in loro stessi è massima. E ciò incide moltissimo sul loro sviluppo: sapere che ce la possono fare contando su loro stessi, ma accompagnati e affiancati da altri».

Simone mi spiega anche che negli esercizi da lui proposti ognuno ha obiettivi diversi da raggiungere, perchè il punto non è competere con l’amico a fianco, bensì imparare a conoscere e superare i propri limiti, di qualsiasi tipo essi siano. Ed è qui che mi racconta un episodio che risale all’inizio della sua carriera circense educativa: «Quando iniziai a lavorare al centro ragazzi di Pietra Ligure come educatore, feci la conoscenza di cinque ragazzi che venivano additati come bulli».

Erano ragazzi emarginati: «Solo più tardi scoprii che le insegnanti a scuola avevano richiesto ai genitori di non mandarli più a scuola. Proposi loro alcune delle attività del circo e in poco tempo questo spazio divenne un punto in cui si incontravano e tra le altre cose si allenavano per migliorare nelle attività circensi che avevo proposto. Grazie a tutto ciò è iniziato un percorso per questi ragazzi, in cui tutte le loro difficoltà personali e familiari sono emerse e hanno potuto trovare qualcuno che li aiutasse».

IL CORPO COME MEZZO DI COMUNICAZIONE

Di esempi come questo Simone me ne racconta diversi, con protagonisti con problematiche ed età diverse, ed è qui che comprendo quanto il nostro corpo possa essere luogo tanto di malattia, quanto di guarigione, un mezzo di chiusura verso il mondo e uno strumento di comunicazione. Ma quanto ne siamo consapevoli? Forse molto poco.

È per questo che strumenti come il circo possono aiutare e Simone mi spiega il perché: «Il nostro corpo è un mezzo di comunicazione immediato. Siamo soliti utilizzare la nostra voce, ma credo che spesso essa venga sopravvalutata. Mi è capitato di partecipare o di guidare intere lezioni senza emettere un suono e il risultato è stato sempre sorprendente».

«Possiamo comunicare in mille modi diversi e spesso non ne siamo neanche consapevoli», prosegue. «Mi capita ad esempio di affiancare persone con un tono muscolare molto teso anche in situazioni in cui non dovrebbe esserlo e questo dice molto: dice che la persona è in ansia per ciò che pensa potrebbe accadere o scorge pericoli che non ci sono. Lavorando con il corpo si impara a cogliere piccoli segnali, che fortunatamente hanno il vantaggio di essere universali e innati».

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Gli esempi di miglioramenti che sono stati dichiarati tali da tutte le persone coinvolte in questi anni sono moltissimi: una bambina con problemi alla schiena che grazie all’acrobatica aerea è migliorata moltissimo o un bambino autistico che dopo anni di fisioterapia ha provato le arti circensi ed è migliorato su diversi aspetti in maniera incredibile, in particolar modo sul controllo del proprio corpo attraverso i trampoli.

E sulla gestione del controllo del corpo Simone mi riporta un altro esempio che ho trovato personalmente molto significativo: «Frequentavano il mio corso due ragazzini che nutrivano molta rabbia l’uno verso l’altro. Per lo spettacolo di fine anno proposi loro uno spettacolo in cui erano invitati a simulare un duello sui trampoli».

«Questo permise di mettere in scena il loro conflitto, mai espresso davvero, attraverso un equilibrio di gestione del controllo molto delicato, essendo sui trampoli. Ciascuno aveva la responsabilità dell’altro, perché se fosse caduto uno dei due lo spettacolo sarebbe stato un flop. Il risultato fu davvero bello dal punto di vista della performance, ma soprattutto del potere di essa su questi due ragazzi e sulle loro rispettive emozioni».

Ed è qui che Simone mi invita a riflettere su quanto l’equilibrio fisico che questi esercizi richiedono si rispecchi in realtà su molti altri aspetti della vita, svelando che l’equilibrio in realtà non esiste, o meglio, quello definitivo non esiste. Esso è composto da migliaia di piccoli, microscopici, impercettibili adattamenti che il corpo attua per riuscire a recuperare un piccolo disequilibrio appena creatosi.

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