25 Mag 2022

La storia di Adele, che è tornata in Calabria per fare l’artigiana e vivere la sua terra

Scritto da: Elisa Elia

Adele Murace ha poco più di trent’anni ed è una delle protagoniste delle storie di ritorni in Calabria che abbiamo incontrato: adesso fa l’artigiana, in particolare lavora i gioielli, e soprattutto vive una vita piena di relazioni sociali, affettive e lavorative. Siamo andati a incontrarla a Bivongi, nel suo laboratorio.

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Reggio Calabria - Come tante delle persone che mi è capitato di incontrare durante questo viaggio alla ricerca di persone che hanno deciso di tornare in Calabria, Adele è un vulcano pieno di energia. Che però, invece di distruggere, con la sua forza esplosiva riesce a seminare ovunque.

Anche la sua è una storia di ritorno ed è per questo motivo che sono andata a trovarla a Bivongi, in provincia di Reggio Calabria, paese in cui è nata e cresciuta e adesso è tornata a vivere e lavorare. Adele Murace fa di professione l’artigiana, in particolare lavora i gioielli, ma è lei stessa a dire «io non sono “Adele Murace gioielli”, perché il lavoro che faccio è uno strumento che mi serve a vivere la vita come desidero».

La libertà di disporre del proprio tempo è, tra i tanti, uno dei motivi che l’ha spinta a tornare in Calabria dopo cinque anni passati fuori, nel Nord Italia. «Quando ero qui, ho studiato come ceramista a Locri», racconta spiegando la sua formazione che, dopo un breve tentativo universitario, ha seguito la passione per l’oreficeria. «A vent’anni sono partita per fare la scuola orafa a Valenza Po, uno dei poli orafi d’Italia e studio qui per un anno; sempre qui, dopo un breve intervallo in Calabria, avrò la mia prima esperienza lavorativa in azienda, grazie a un progetto di Invitalia, che mi ha permesso di capire com’è concretamente questo lavoro».

Un’esperienza che va bene, la appassiona, ma che allo stesso tempo si interrompe per scelta di Adele stessa, che decide di provare a tornare in Calabria e aprire il suo laboratorio. «Ho iniziato a sistemare il laboratorio – cedutomi in parte da un amico – e a creare, provando qui a Bivongi; ma c’era come una voce nella mia testa che mi faceva pensare al ritorno in Calabria come ad un fallimento e quindi sono ripartita».

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Foto di Nicola Martinis

Questa volta Adele si scontra prima con il mondo delle fabbriche ad Arezzo, poi con un lavoro in azienda come modellista, dove svolge il suo ruolo di creativa e artigiana, ma allo stesso tempo vive una vita alienante. È qui che matura definitivamente l’idea di tornare a vivere in Calabria, spinta non soltanto dalla questione lavorativa ma anche dai legami familiari e con il paese. «Una volta tornata mi sono presa del tempo, passando molto tempo con la mia nonna paterna e iniziando a riappropriarmi di alcuni saperi antichi artigianali, come la lavorazione della ginestra, e a metabolizzare tutto quello che ho imparato per capire come restare a Bivongi».

Il ritorno, per chi ha sentito in qualche modo la spinta a partire, non è mai facile, né completamente bianco o nero. Se da un lato la vita in Calabria può permettere ad alcune persone di vivere con più serenità e in tempi più lenti, vivendo maggiormente le relazioni e la natura (soprattutto quando si vive in paese), dall’altro è vero che spesso mancano gli stimoli. Una delle criticità del ritorno di Adele infatti è stata proprio la mancanza di una rete sociale che la collegasse ad altri artigiani ma anche ad altre persone attive sul territorio.

È proprio per questo che decide di trasformare i problemi in opportunità: «Mi sono detta: chi mi frena dal fare qualcosa e dal creare lì dove non c’è nulla? E così mi sono attivata: ho iniziato a creare una rete di collaborazioni, muovendomi anche all’interno e fuori dalla Calabria, a livello lavorativo e non solo». Da questi scambi nascono dei piccoli lavori – come il portagioie in tessuto di ginestra o gli orecchini con le ceramiche fatte da un’altra artista – e anche l’idea di un corso di formazione per artigiani che avrebbe dovuto avere luogo a Bivongi e che aveva coinvolto 60 persone dalla Calabria, dall’Italia e dall’Europa, ma che non si è più tenuto dal vivo a causa della pandemia.

C’era come una voce nella mia testa che mi faceva pensare al ritorno in Calabria come a un fallimento

L’attivazione di Adele però non è soltanto a livello lavorativo. Fa parte del gruppo WWF locale, con cui organizza escursioni, trekking urbani, vigilanza delle tartarughe marine sullo Jonio, campi estivi per bambini; si è attivata sulla questione dei consultori, molto sentita nella regione visto lo smantellamento di questi luoghi a livello pubblico, mobilitandosi nella zona della Locride.

Fa parte di un’associazione, Le radici e le ali, di cui da poco è diventata presidente e con cui cerca di animare il paese: presto il suo piccolo negozio-vetrina alle porte di Bivongi diventerà anche uno spazio per le associazioni che ne hanno bisogno, un luogo di incontro, formazione e socialità. Molte delle persone e delle realtà che incontra le ospita nel suo format Sud Proud Calabria, una diretta Instagram in cui ogni venerdì dialoga con persone che si mobilitano e lavorano in Calabria, portando avanti il bello e dando vita a progetti virtuosi.

«Qui hai tempo per vivere le relazioni, la natura, la famiglia e sono tornata proprio perché sentivo dentro di me di volerlo fare, lasciando da parte i giudizi delle persone che mi dicevano che qui sarei stata sprecata», continua a spiegare. La vita di Adele è un turbinio continuo di cose da fare, persone da incontrare, ma anche di tempi lunghi per passeggiate ed escursioni o per curare l’orto. È per questo che non mi meraviglio quando mi dice, usando un termine dialettale, «cosa faccio qui? Lo dico sempre: me la scialo». Ovvero: mi diverto.

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