1 Lug 2022

Francesca Cinquemani torna al sud per coltivare lavanda e rilanciare la sua terra

Giovane, intraprendente e con una grande passione per la terra, dopo aver studiato disegno industriale Francesca Cinquemani ha deciso di rilevare le terre dell’azienda agricola del nonno e iniziare una nuova avventura personale e lavorativa: un campo di lavanda da cui ottenere prodotti finiti attraverso tradizione e innovazione.

Salva nei preferiti

Agrigento - Una voce dolce, delicata ed emozionata dall’altro lato del telefono si presenta. Così Francesca Cinquemani comincia a raccontarsi e a raccontare la sua nuova avventura. 27 anni, originaria di Cianciana, in provincia di Agrigento e una laurea in disegno industriale che le ha permesso di dare forma alla sua grande passione per la terra. È successo quasi per caso: un laboratorio di comunicazione dedicato all’identità visiva di una cantina le ha cambiato la vita rendendola consapevole di un tesoro che, a breve, passerà nelle sue mani: l’azienda agricola del nonno. 

Dopo la laurea, due anni complessi e un nuovo percorso universitario interrotto proprio nel 2020, ha deciso di rallentare per seguire i ritmi della natura. In campagna, proprio nell’azienda del nonno. Una curiosità personale, scaturita grazie anche allo studio della tesi e ad alcune materie come biodiversità agroalimentare che lega il design ai prodotti agroalimentari, si è trasformata in un campo di lavanda, l’unico impianto dei monti Sicani ad Alessandria della Rocca.

lavanda francesca

«È un’azienda con radici molto antiche, io appartengo alla quinta generazione, i terreni non sono ancora miei, ma lo saranno. Sono circa sei ettari, qui hanno lavorato mio nonno, mia nonna, mia zia e mia mamma. Mandorle, olive, uva, pescheto. Mio nonno adesso ha rallentato la sua attività, tocca a me rilanciare queste terre e grazie ai miei studi voglio portare innovazione. Mi sono messa all’opera facendo tutto ciò che era necessario», racconta Francesca.

La scelta della lavanda non è casuale: si tratta di una pianta vocata per il terreno agrigentino, è selvatica e si adatta bene ai suoli argillosi e sassosi. Cresce bene senza bisogno di fitofarmaci o altri elementi di sintesi e non ha bisogno di molta acqua. Il colore e l’odore sono pura poesia. «Mentre preparavo la mia tesi di laurea ho scoperto l’importanza dell’impollinazione delle api per la produzione di cibo».

«Mi ero concentrata più sul prodotto finale, il miele, e scoprire tutti i passaggi necessari e per nulla immediati per ottenerlo è stato davvero fondamentale per me. Dal mio percorso è nata l’idea di applicare questo principio alla lavanda. Mi sono innamorata dei fiori selvatici, ho fatto varie ricerche, andavo in campagna – non solo in azienda – per fare escursioni e conoscere i fiori del territorio, ho letto tanti libri da autodidatta. Alla fine ho scelto la lavanda con l’idea di arrivare a un prodotto finito che derivasse da queste piante».

Ho deciso di stare al sud: continuerò a stare in azienda, dove ho riscoperto l’amore per la terra

A distanza di un anno l’esperimento di Francesca comincia a rivelarsi fruttuoso. Le 1000 piantine sono cresciute moltissimo, un’azienda era già disposta ad acquistarle, ma Francesca ha preferito mantenerle. La rattristava l’idea di non poter tenere neanche un fiore da impiegare nei suoi prodotti finiti: olio essenziale, creme, candele e prodotti per il corpo. La giovane imprenditrice ha le idee chiare sul suo futuro, ha in mente un’azienda in cui realizzare prodotti finiti, a partire dalla materia prima, in maniera sostenibile e attraverso un’economia circolare lontana da una visione industriale. 

Francesca si è sempre immaginata imprenditrice in azienda, a sporcarsi le mani per raggiungere e ottenere i suoi desideri. «Penso a un luogo in cui accogliere persone, a cui far conoscere il valore di questa zona. C’è molto pessimismo, io invece sono ottimista, ci credo. È la mia chiave nonostante le difficoltà. Gli amici e i miei conoscenti dicono che qui non c’è niente, che bisogna andare al nord, che è impossibile realizzarsi».

«I paesi sono svuotati – prosegue Francesca –, non ci sono persone. Io, al contrario, credo che abbiamo bisogno di gente come me e come Pierfilippo, che nel piccolo o nel grande fanno qualcosa e rimettono in piedi i territori abbandonati. La sua esperienza è la prova di ciò che sta succedendo e che si può fare». 

lavanda 3

Tra gli obiettivi di Francesca c’è anche quello di realizzare un sistema agroecologico, un ecosistema locale che dia sostentamento ai terreni del luogo, rivalutando le tradizioni e mantenendo viva la cultura del luogo, la biodiversità – evitando quindi pesticidi, fitofarmaci, prodotti di sintesi, valorizzando quindi le cultivar anche se hanno una minor resa economica – attraverso l’innovazione e idee nuove con cui riformulare le pratiche agricole più antiche sempre nel rispetto del territorio. 

Lo scorso 23 giugno Francesca ha aperto le porte della sua azienda per l’evento da lei ideato, il Sicani Lavanda Experience, a curiosi da ogni parte, anche da altre province, a cui ha raccontato le caratteristiche della lavanda, come raccoglierla, come utilizzarla al meglio. Dai suoi primi fiori ha ricavato biscotti, grissini e ricette antiche della sua famiglia. E poi olio essenziale e potpourri. Tutto rigorosamente alla lavanda. 

Francesca vive con orgoglio la possibilità di mantenere viva una tradizione familiare in cui le donne hanno avuto un ruolo determinante. Può sembrare anacronistico, ma oggi Francesca è una figura rivoluzionaria nel territorio, anche per il fatto di essere una donna che ha deciso di dedicarsi alla terra. I prossimi obiettivi sono molto chiari: «A settembre mi iscrivo all’università, dopo quest’anno sabbatico ho deciso di riprendere a studiare grafica e comunicazione all’Accademia di Belle Arti a Palermo, voglio finire questo percorso».

«Ho deciso di stare al sud: continuerò a stare in azienda, dove ho riscoperto l’amore per la terra. Voglio dare valore a un mondo spesso sopraffatto da logiche industriali. Studiare mi ha aperto un mondo, mi ha fornito un metodo di analisi e ricerca. E se ci saranno problemi da affrontare lo farò mettendo in pratica quanto insegnava Bruno Munari “da cosa nasce cosa, e analizzando con metodo il problema si arriva di sicuro alla soluzione”», conclude Francesca. E noi glielo auguriamo con tutto il cuore!

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
Il borgo di Castel del Monte rinasce grazie alla cooperativa di comunità
Il borgo di Castel del Monte rinasce grazie alla cooperativa di comunità

Bussana Vecchia: il “villaggio degli artisti” rischia lo sfratto
Bussana Vecchia: il “villaggio degli artisti” rischia lo sfratto

Guarda che luna: la storia di Giovanni e del suo ritorno al Sud
Guarda che luna: la storia di Giovanni e del suo ritorno al Sud

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

La Grecia vieterà la pesca a strascico, primo paese in Europa – #920

|

L’assalto eolico è ingiustizia climatica: le conseguenze sul patrimonio culturale sardo

|

Franco D’Eusanio e i vini di Chiusa Grande: “È un equilibrio naturale, noi non interveniamo”

|

L’arte collettiva del sognare: il social dreaming arriva in Liguria

|

Quanto inquinano gli aerei? Ecco cosa dicono i dati e le leggi

|

No border books, un kit di benvenuto per i piccoli migranti che approdano a Lampedusa

|

Intelligenza artificiale in azienda: ci sostituirà o ci renderà il lavoro più facile?

|

HandiCREA e il sogno di Graziella Anesi di un turismo accessibile e inclusivo

string(7) "sicilia"