1 Ago 2022

Climate Social Camp: a Torino i giovani che vogliono cambiare il mondo

Scritto da: Lorena Di Maria

Un campeggio di una settimana durante il quale è stato possibile partecipare a dibattiti, organizzare workshop e prendere parte a mobilitazioni: tutto questo per indicare la strada verso un futuro dove la giustizia ambientale e sociale vengano messe al primo posto. Vi raccontiamo oggi gli esiti del Climate Social Camp e della partecipazione di centinaia di giovani provenienti da tutta Europa e riuniti a dal 25 al 29 luglio a Torino.

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Torino - Tre anni fa, quando si organizzarono in tutta Italia le prime manifestazioni per il clima, si risvegliarono nelle vie di Torino le proteste dei giovani che avevano una grinta e una combattività che nessuno si aspettava. Era la grinta di ragazzi e ragazze i cui anni vissuti su questo povero pianeta sono molto meno di quelli che ancora dovranno vivere. Giovani che non possono accettare di immaginare un futuro dove siccità, inquinamento, migrazioni ambientali e carestie saranno sempre più all’ordine del giorno.

A distanza di tre anni e nella stessa Torino, guardiamo quei giovani e ci meravigliamo nel vedere in loro la medesima grinta e voglia di cambiare il mondo. Torino dal 25 al 29 luglio è stata infatti letteralmente invasa da attivisti provenienti da tutta Europa che qui si sono riuniti per conoscersi e confrontarsi su come cambiare le carte in tavola.

Ciò che ha reso speciale questa settimana è stato il connubio di diverse esperienze: da un lato il Climate Social Camp, campeggio per la giustizia climatica e sociale organizzato al Parco della Colletta; dall’altro il raduno europeo di Fridays For Future, che al Campus Einaudi ha programmato iniziative aperte alla cittadinanza e ha portato attivisti ambientali da diversi paesi del mondo. E ancora, il Festival Alta Felicità, con la sua protesta #NoTav in Valsusa, e infine le azioni di protesta di Extinction Rebellion con i tentativi di rendere la classe politica più consapevole e presente alle sfide climatiche dei nostri tempi.

“LA CRISI CLIMATICA È QUI E ORA. NON CI RIMANE MOLTO TEMPO”

Tutto questo è stato possibile grazie al lavoro dei ragazzi e dalle ragazze che fanno parte di gruppi, collettivi e associazioni locali, che hanno lavorato sodo per organizzare tutto questo. E oggi lo possiamo dire: ci sono riusciti con successo. Nel momento in cui scriviamo questo articolo il Climate Social Camp è terminato e noi vi riportiamo le testimonianze di chi era presente.

«Siamo molto soddisfatti dell’esito di questa settimana e aggiungo che non era scontato, dal momento che è stata la prima volta che organizzavamo un evento di questa portata, in maniera autorganizzata e senza particolari aiuti e fondi». Sono le parole di Lorenzo, che all’interno del Climate Social Camp fa parte dello staff e ne ha seguito fin dalle prime fasi il processo di creazione e sviluppo.

«Penso davvero che siamo riusciti a costruire qualcosa di rivoluzionario perché, specialmente dopo la pandemia, non è facile riuscire a radunare così tante realtà diverse». Parliamo di più di un centinaio di realtà ecologiste che si occupano in generale di giustizia sociale e climatica: «Dar loro la possibilità di incontrarsi all’interno di un grande contenitore fatto di momenti di confronto, di azione condivisa e riflessione è qualcosa di cui neanche ci si immagina le ricadute positive che verranno».

FORMARSI SULLE QUESTIONI CLIMATICHE

Lia è una studentessa al liceo scientifico di Cuneo. Ci conosciamo davanti all’uscita del campeggio, nel suo ultimo giorno di Social Climate Camp. Mentre parliamo le chiedo di raccontarmi com’è andata: «Qua ho trovato tantissime persone che vivono le questioni ambientali con la stessa sensibilità con cui le vivo io ed è un’occasione utile per creare nuove conoscenze». Mi spiega infatti che la sua voglia di mettersi in gioco per l’ambiente è forte, ma purtroppo dove vive non è presente una comunità solida di attivisti. Per questo il Climate social Camp è un’occasione preziosa dove intessere nuove relazioni e fare conoscenze.

«Questa settimana ho partecipato a diversi workshop come quello sulle energie fossili: ammetto che è un argomento che non conosco bene e qui ho avuto la possibilità di imparare e formarmi grazie alle conoscenze di altri miei coetanei». Durante i giorni di campeggio le possibilità di imparare e formarsi su tematiche ambientali sono infatti numerose: dalle migrazioni climatiche, all’agroecologia, all’acqua come risorsa esauribile.

I talk sono tenuti da esperti che fanno parte di associazioni e cooperative non esclusivamente locali, ma giunti a Torino da tutta Italia per dare il proprio contributo. Poi ci sono stati i workshop con attività pratiche e dinamiche per ragionare su energia, combustibili fossili, solidarietà, giustizia climatica e sulle soluzioni da mettere in pratica.

LE AZIONI DI PROTESTA

Così il Parco della Colletta di Torino vive, tra il via vai di ragazzi e ragazze che si spostano tra il campeggio, la zona relax, l’area della ristorazione e i diversi tendoni che ospitano i talk. E poi ci sono le azioni di protesta: proprio come quella conclusiva che ha portato gli attivisti a far sentire le loro voci per le strade di Torino. A guidare la folla è stato un martello gonfiabile che ha voluto indicare la rottura verso il sistema politico ed economico che ha contribuito agli effetti della crisi climatica e sociale che vediamo oggi. «In queste giornate siamo riuscit* ad aprire una crepa nel sistema e, crepa dopo crepa, il sistema lo faremo crollare», ha dichiarato Lorenzo durante il corteo di protesta.

Penso davvero che siamo riusciti a costruire qualcosa di rivoluzionario perché, specialmente dopo la pandemia, non è facile riuscire a radunare così tante realtà diverse

Come ci racconta, «le prime azioni di protesta si sono svolte il mercoledì: sono state rivolte principalmente ai “nemici del clima”, ovvero enti e aziende che sono attivi e distruttivi a livello globale e che hanno le loro articolazioni anche a livello locale. Una delle proteste è stata rivolta contro la Banca Intesa San Paolo, il cui nome a Torino svetta su un grattacielo che si scorge entrando in città dall’autostrada che da Milano porta a Torino. «Si tratta della banca fossile numero uno in Italia. Abbiamo coperto il simbolo sopra al grattacielo con uno striscione lungo 40 metri che riportava la scritta “stop fossil fuel”», per far emergere il legame tra finanza e industria fossile».

Una seconda azione di protesta è avvenuta contro la Snam, il principale operatore europeo nel trasporto e nello stoccaggio di gas naturale. «La Snam gestisce le infrastrutture del gas in Europa, è uno dei primi attori occupati nell’industria dei combustibili fossili che vuole passare come sostenibile ma che sostanzialmente non lo è e porta avanti un modello energetico calato dall’alto, autoritario e centralizzato».

Il terzo obiettivo infine era la sede della Collins Aerospace, da sempre riconosciuta come eccellenza nella meccanica di precisione nell’ambito dell’aerospazio. Abbiamo voluto mettere il luce il campo della microtecnica per parlare nuovamente del rapporto tra guerra e i temi legati alla giustizia climatica. Il settore della guerra che coinvolge le “fabbriche di morte” presenti sul territorio, è uno di quelli che consumano più combustibili fossili.

SOCIAL CLIMATE CAMP E ALTA FELICITÀ

Ma le azioni di protesta non si sono concluse una volta terminato il Climate Social Camp. Questo grazie alla stretta collaborazione avviata insieme al Festival Alta Felicità, che si è svolto dal 29 al 31 luglio. Due eventi uniti dalla stessa visione: difesa dell’ambiente, partecipazione, spirito di comunità, lotta allo spreco e protagonismo dei giovani. il Festival Alta Felicità si svolge tutte le estati a Venaus e organizzato dal Movimento No Tav in concerto con il Comune di Venaus e le istituzioni del territorio.

«L’idea è stata quella di tenere uniti i due eventi. Il rapporto creato con l’Alta Felicità ci ha dato un grande sostegno organizzativo: abbiamo potuto contare su una rete di contatti per la realizzazione fisica del campeggio e per l’organizzazione dell’evento». Durante l’Alta Felicità, oltre ai tradizionali concerti e le azioni No Tav sui territori della Val Susa si sono tenuti interventi pubblici sul tema giustizia climatica e sociale. Non sono mancate le testimonianze della delegazione di attivisti definiti “Mapa – Most affected people and areas”, ovvero persone che vivono nel sud del mondo e che più di tutte stanno subendo gli effetti della crisi climatica.

«Lottare per la giustizia climatico-sociale in Piemonte vuol dire essere no tav e quindi per noi era un passaggio moralmente obbligato, essendo la Tav un’opera sostanzialmente ecocida». Oggi è lunedì 1 agosto e la settimana che ha visto protagonisti i nostri attivisti per l’ambiente è terminata. Ma l’energia, la forza e l’entusiasmo al termine di un evento così intenso ci ricordano che insieme si può andare molto lontano. E noi siamo certi che a Torino torneremo presto a sentire le voci dei giovani attivisti e delle attiviste per il clima.

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