30 Giu 2023

Ecosistema Girolomoni: scopriamo le radici del biologico italiano – Io Faccio Così #389

Scritto da: Paolo Cignini
Video realizzato da: PAOLO CIGNINI

Siamo andati a Isola del Piano, nelle Marche, in provincia di Pesaro-Urbino, per parlarvi di un pioniere del biologico in Italia e della filiera che ha creato: Gino Girolomoni. Contadino, sindaco, poeta, scrittore, imprenditore e visionario, Girolomoni ha fondato un'azienda che produce pasta e prodotti bio e che oggi è capofila di un “ecosistema” che coinvolge oltre quattrocento produttori. Tra i silenzi e gli splendidi panorami di Montebello, il monastero abbandonato recuperato da Gino dove tutto ebbe inizio, vi raccontiamo la storia sospesa tra passato e futuro di chi prova a non dimenticare la vera anima del biologico.

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Pesaro, Marche - Ci sono storie raccontate milioni di volte. Personaggi di cui si sa (quasi) tutto. È il caso della puntata di oggi, la numero 389 del nostro format Io Faccio Così. Gino Girolomoni è una delle incarnazioni storiche del cambiamento: è considerato il “padre dell’agricoltura biologica” in Italia perché, pur non essendone stato il vero “creatore” – il suo maestro e mentore è stato Ivo Totti, agronomo e pioniere dell’agricoltura biodinamica e biologica –, ha voluto fortemente fare agricoltura in un epoca in cui quasi tutti la abbandonavano.

GINO E L’ECOSISTEMA GIROLOMONI

Ma che tipo di agricoltura? Quella naturale, biologica, rispettosa del suolo e dell’ambiente, avvertendo fin dagli anni Settanta i problemi e i pericoli che avrebbe comportato l’approccio industriale alla coltivazione. Nel fare tutto questo, essendo dotato anche di una fede cristiana molto spiccata e sentita, ha recuperato – con enormi sforzi – un monastero del 1300 abbandonato, spostandovi l’abitazione di famiglia, iniziando a fare il contadino ed ergendo questo posto a luogo simbolo di una rinascita culturale, prima che produttiva, dell’agricoltura naturale e biologica, oltre che un centro di incontro e di scambi culturali che sono andati ben oltre il tema dell’agricoltura.

Perché prima che contadino, oltre che sindaco di Isola del Piano, a soli ventitré anni Girolomoni si considerava, per dirla con le sue parole, «un poeta religioso e politico, una categoria pericolosa: quegli uomini che se individuano un obiettivo fanno un gran casino e coinvolgono tutti quelli che si avvicinano per raggiungere il sogno». Il sogno concretizzatosi si chiama quello che definiamo l’Ecosistema Girolomoni, incentrato sulla storica Cooperativa Girolomoni, nata negli anni Settanta, che oggi conta trenta soci e la cui attività principale è quella della trasformazione e la commercializzazione dei prodotti come la pasta e altri prodotti biologici. Gino ha potuto vedere l’evoluzione della sua creazione, in costante crescita, solo fino al 16 marzo del 2012, il giorno della sua morte.

Nel 2022 Girolomoni ha trasformando più di diecimila tonnellate di cereali e ha circa settanta dipendenti coinvolti tra pastificio e attività collaterali. Per scelta i prodotti non vengono venduti tramite la Grande Distribuzione ma su canali alternativi a quelli dei grandi supermercati, come i punti vendita del commercio equo e solidale e i negozi riservati al biologico, oppure online anche tramite rivenditori riconosciuti e approvati, per non dimenticare il rapporto diretto con le famiglie tramite i diversi Gruppi d’acquisto solidale.

Gran parte della produzione è venduta all’estero, soprattutto in Francia, dove è molto forte il canale della vendita nei negozi dello sfuso. Le vendite in Italia però sono in crescita costante da anni. Girolomoni non ha mai ambito a una crescita troppo veloce da un punto di vista aziendale, perché l’obiettivo è sempre stato quello di svilupparsi in maniera sinergica con la parte agricola

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I DIVERSI NODI DELLA RETE

Oltre alla Cooperativa Girolomoni, il cuore produttivo è la Cooperativa Montebello, nata allo scopo di curare specificatamente la filiera agricola dell’azienda e tutta la relazione con i produttori e i contadini: oggi conta trecento soci e quattrocento produttori, protetti anche giuridicamente da un contratto di filiera che gli garantisce il pagamento di un giusto prezzo del grano e della materia prima che non subisca le fluttuazioni e le storture del mercato finanziario.

Oltre l’ottanta per cento degli agricoltori e dei conferitori della Cooperativa proviene dalle Marche, «perché da sempre puntiamo ad avere un legame forte con il territorio – ci spiega Pierfrancesco Fattori, Presidente della Cooperativa Montebello – e il nostro obiettivo principale è quello di avere un rapporto stretto con i produttori. Noi non vogliamo esportare il nostro modello ma auspichiamo che sia replicato da altri in diverse regioni italiane». 

La filiera è ormai chiusa e interna ed è uno dei più importanti risultati della Girolomoni dopo la morte di Gino – «il suo grande sogno di sempre», precisa Daniela Bellini, la Responsabile Qualità della Cooperativa Girolomoni. Nel 2019 è stato infatti inaugurato il molino, che permette di internalizzare la trasformazione della materia prima, internalizzando completamente la produzione in maniera tale di avere il pieno controllo di tutti i cicli dell’azienda.

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Gino Girolomoni

All’ecosistema si aggiunge la Fondazione Girolomoni, nata nel 1996 con lo scopo primario di conservare, archiviare e divulgare gli scritti e il pensiero del suo fondatore e che oggi gestisce tutta la parte culturale dell’organizzazione, editando la rivista quadrimestrale Mediterraneo Dossier, organizzando eventi e preoccupandosi infine di gestire e valorizzare il monastero di Montebello recuperato da Gino. Completano il quadro strutturale la parte di accoglienza, con una locanda e un b&b, una fattoria didattica e i due negozi Girolomoni di Fossombrone e Urbino. 

«La Fondazione raccoglie tutta l’essenza dell’esperienza Girolomoni – ci racconta la sua Presidente Maria Girolomoni, figlia di Gino – perché vuole portare avanti il messaggio di mio padre, nutrirlo e farlo evolvere in rapporto ai tempi. Tutto questo organizzando eventi e manifestazioni in rete con altre associazioni ambientaliste, spirituali e culturali».

Mentre ero in viaggio verso il monastero di Montebello per incontrare Maria e suo fratello Giovanni Battista, Presidente della Cooperativa Girolomoni, mi domandavo quanto il fatto di essere i figli di una figura carismatica come quella rappresentata dal papà Gino – Giovanni Battista Girolomoni si definisce scherzosamente “bambino bio” – potesse rappresentare un fattore di rischio per il prosieguo delle attività che sono state progettate nel corso degli anni.

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La centratura, la passione, l’autorevolezza e anche una splendida ironia di tutti e tre i figli di Gino – l’altro, che non compare nell’intervista, è Samuele e cura la parte agricola dell’ azienda – mi hanno dissuaso da quel pensiero: nell’organizzazione la cura del passato sta andando di pari passo con una visione del futuro che non si ferma alla sola certificazione biologica. Vediamo subito in che modo.

LA PRIMA FILIERA AGROALIMENTARE ITALIANA CERTIFICATA WFTO 

«La certificazione biologica ha sicuramente dei limiti, ma è ancora uno dei migliori sistemi di certificazione agroalimentare che esista», sostiene Giovanni Battista. «Se oggi sentiamo parlare di agricoltura sostenibile, di residuo zero e di tanti concetti divenuti ormai familiari è anche grazie a questo sistema di certificazione europeo. Pensa che, prima che entrasse in vigore, il modo in cui presentavamo il nostro prodotto era addirittura considerato pubblicità ingannevole e quella che realizzavamo non era nemmeno riconosciuta come pasta in Italia, motivo per cui siamo storicamente forti nell’export».

Gino Girolomoni sosteneva che «l’esperienza più importante della mia vita è l’aver vissuto l’epopea antichissima della vita contadina»

Nonostante questo ragionamento, la convinzione di tutta l’azienda Girolomoni è che per testare la vera sostenibilità di un’azienda si debba andare oltre la semplice certificazione biologica: «Noi sosteniamo che sia importante riportare anche gli altri valori che caratterizzano il movimento del biologico dei primi anni e non fermarsi alla sola parte agricola e tecnica», spiega Giovanni Battista. «Questi sono i valori propri del commercio equo e solidale: la trasparenza della filiera, il rapporto diretto con gli agricoltori e il conseguente giusto prezzo all’agricoltore, così come il rispetto del lavoro di chi fa parte dell’organizzazione». 

Tutti aspetti che facevano parte della fase pionieristica del mondo biologico, ma che oggi rappresentano una galassia separata dalla mera certificazione tecnica. Esiste un organismo di garanzia che certifica a livello mondiale tutti questi aspetti e monitora le aziende, superando di fatto la semplice certificazione tecnica biologica. La promuove la WFTO, la World Fair Trade Organization, un network mondiale di organizzazioni del commercio equo e solidale che conta più di 350 soci in 70 Paesi. Ha un sistema interno di garanzia e controllo estremamente complesso che verifica se un’organizzazione o un’azienda è coerente con i dieci principi del Commercio Equo e Solidale.

Dopo aver superato un’accurata fase di indagine, Girolomoni è l’unica azienda italiana a essere certificata come impresa Fair Trade. «La forza di questo sistema è che viene garantita tutta l’organizzazione – puntualizza Giovanni Battista – perché vengono intervistati tutti i dipendenti e ispezionati più volte sia gli ambienti di lavoro che i diversi processi produttivi». Di fatto, si può parlare di una promozione internazionale di tutta la filiera agroalimentare dell’azienda, che per dimensioni e attenzioni rappresenta oggettivamente un unicum nel mondo imprenditoriale del nostro Paese attento alle tematiche naturali e ambientali.

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ESSERE AZIENDA BIOLOGICA OGGI

Da questo e da molti altri aspetti, possiamo ricavare dei dati oggettivi: Girolomoni è oggi un’azienda che pur mantenendosi fedele alle basi gettate da Gino, non si fa superare dai tempi che cambiano. Nello scambio di battute con Maria, Giovanni Battista, Francesco, Daniela e Giovanni ho visto e sentito lo spirito familiare del tempo del fondatore, unito alla cura dell’organizzazione aziendale e di chi ne fa parte, allo scopo di tutelare il benessere lavorativo di tutta la filiera e di tutti i partecipanti dell’ecosistema Girolomoni, costi quel che costi in termini anche di rischio d’impresa.

Pensiamo a cosa significhi garantire un giusto prezzo del grano a quattrocento produttori, considerato il contesto internazionale e quello del mercato, popolato da molte aziende che si curano poco – a volte per nulla – di creare una filiera etica e sostenibile. Gino Girolomoni sosteneva che «l’esperienza più importante della mia vita è l’aver vissuto l’epopea antichissima della vita contadina. Nelle campagne c’era sì la povertà, la fatica, ma c’erano anche valori che gli uomini hanno dimenticato: la parola data, la solidarietà, la cura di un paesaggio che era bello anche da vedere».

È interessante ed emozionante vedere, alla fine del nostro viaggio di oggi, i suoi valori proiettati nel presente e nel futuro, in una visione di azienda che non ha mai smesso di ricordarlo comunque come una pietra miliare. Per concludere con le sue parole, «le visioni non si possono spiegare. Quando è ora si dicono, o si cantano, o si urlano. Dipende da cosa contengono».

Ascolta le interviste integrali a Daniela Bellini , Pierfrancesco Fattori e a Maria e Giovanni Battista Girolomoni.

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