27 Lug 2023

🎙️ Devis Bonanni: “Ho mollato tutto per lavorare la terra e oggi sono felice” – Dove eravamo rimasti #18

Scritto da: Paolo Cignini

È vero: a volte il cambiamento, quello vero, è rimanere sé stessi, cercare di essere il più possibile coerenti con i propri principi senza dimenticare di armonizzare la propria visione con il mondo che ci circonda. Oggi vi raccontiamo una storia che nel corso degli anni è cambiata poco ed è proprio questa la sua forza. Abbiamo incontrato nuovamente Devis Bonanni, il ragazzo friulano che decise di lasciare il suo lavoro a tempo indeterminato e tornare nel luogo natale per coltivare la terra e autoprodurre il suo cibo, divenendo nel frattempo famoso con il nome Pecoranera.

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Udine, Friuli Venezia Giulia - Ve lo ricordate Devis Bonanni, alias Pecoranera? Poco più che ventenne, Devis decise di lasciare il proprio lavoro di tecnico informatico per tornare a vivere a Raveo, in provincia di Udine, un piccolo paese nelle montagne della Carnia, in Friuli. Un caso di “scollocamento” divenuto celebre perché Devis scelse di raccontare la sua esperienza in un libro, intitolato simbolicamente Pecoranera con sottotitolo “un ragazzo che ha scelto di vivere nella natura”. 

Devis non lasciò il proprio lavoro per un’altra opportunità lavorativa migliore, ma scelse di andare a vivere in una piccola casa di legno dove avrebbe poi imparato, nel corso degli anni, ad autoprodurre il cibo cercando di minimizzare tutti gli sprechi, mettendo in pratica molti dei principi della decrescita felice. Felice per davvero, perché Devis Bonanni sarà sempre orgoglioso della sua scelta, tanto da definirla letteralmente “un ritorno alla vita”.

Pecoranera divenne un piccolo caso editoriale, riuscendo in pochi mesi a vendere più di 11.000 copie, e per molti anni è stato anche un blog di condivisione delle idee di Devis. Erano gli anni in cui i temi del cambio vita e del downshifting si apprestavano a essere argomento di dibattito. Devis Bonanni venne invitato un po’ ovunque a presentare il suo libro. Ben presto si interessarono a lui anche diversi salotti televisivi e Corrado Formigli si rese protagonista – secondo me – di una delle peggiori pagine del giornalismo televisivo di quegli anni, deridendolo in diretta e contrapponendolo senza nessun senso a uno sciopero di alcuni operai della Fiom in corso in quei giorni.

devis bonanni1

Recentemente  abbiamo incontrato nuovamente Davis Bonanni, in occasione della puntata del podcast riservato agli abbonati di Italia che cambia A tu per tu + dedicata proprio al lavoro. Quando lo andammo a trovare la prima volta, dieci anni fa insieme a Daniel Tarozzi, eravamo piuttosto incuriositi dalla sua figura e ci domandavamo perché riscuotesse un certo successo, tanto da avere costantemente ospiti in casa; persone che, incuriosite dal suo lavoro e intenzionate a capire come si cambia vita per davvero, in cambio di cibo e ospitalità gli davano una mano nel lavoro dei campi e in diverse faccende.

Arrivammo da lui a Raveo in una serata invernale molto piovosa e non nelle migliori condizioni. Infatti viaggiavamo in camper con un navigatore Tom Tom – non c’era ancora Google Maps! – che specialmente in Trentino Alto Adige e in Friuli si divertiva a colorarsi improvvisamente e misteriosamente di rosso e, a caratteri cubitali, ci intimava: “Tornare indietro il prima possibile”. Eravamo piuttosto intimoriti e non proprio padroni dei nostri gesti: complice il buio, nel tragitto che ci conduceva alla sua casa ci trovammo a camminare, senza accorgercene, sopra a una quantità indefinibile di ortaggi pazientemente coltivati da Devis.

Appena lo risento, dopo dieci anni, mi dice: «La mia iniziale idea di autosussistenza alimentare si è evoluta nell’idea di fondare una piccola attività agricola di montagna». Tiro un sospiro di sollievo, anche se Devis non sarà contento di leggere queste righe: per fortuna, nonostante noi, è vivo e le sue produzioni sono anche migliorate.

Pecoranera
Un ragazzo che ha scelto di vivere nella natura
carrello

Di fatto siamo rimasti qui a Raveo. Devis Bonanni è oggi un micro-imprenditore agricolo. Produce principalmente ortaggi, coltiva patate, mais e fagioli oltre a diversi alberi di mele. Vende tutto localmente, nell’arco di pochi chilometri, aiutato in estate anche da un discreto incremento del movimento turistico nelle sue zone. Ma la sua forza sono le persone del luogo. Quelle persone che all’inizio non lo capivano e lo criticavano, ma che oggi comprano i prodotti della sua terra, diventati concorrenziali perfino con gli ortaggi del supermercato a causa dell’incremento del costo delle materie prime, ma contraddistinti dalla loro maggiore qualità e naturalezza.

Come mai, Devis?

Hanno toccato con mano, vedendomi anche la domenica al lavoro sui campi, che non ero un semplice “figlio di papà” solo con delle idee radicali, che non aveva voglia di lavorare. Io lavoro, anche tanto, ed è un valore che in questa terra votata allo sforzo è molto apprezzato. Solo che faccio ciò che amo, mentre per tutti era impossibile che potessi farlo.

Da poco sei diventato papà, la tua compagna è sempre Monica ma è cambiata la casa, sempre a Raveo, comunque. L’ospitalità si è momentaneamente interrotta a causa dell’arrivo del bambino, ma è proseguita fino a poco tempo fa e probabilmente proseguirà a breve. Oggi puoi dire di essere felice?

La mia iniziale idea di autosussistenza alimentare si è evoluta nell’idea di fondare questa piccola attività agricola di montagna e una volta completato il percorso dell’autoproduzione, per me è stata una naturale evoluzione passare all’azienda agricola. In molte storie di rottura c’è una forte energia iniziale che ti spinge verso il cambiamento. Sembra il passo più difficile, ma non lo è: la difficoltà più grande è invece continuare la propria esperienza, rimanere saldi e determinati. Durare nel tempo. Perché dopo un po’ la benzina dell’entusiasmo finisce e bisogna imparare a ricalibrare una certa radicalità degli inizi, che è la spunta necessaria per fare i primi passi, e poi trovare un equilibrio.

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Devis in occasione del primo incontro, dieci anni fa
Che ne è stata della tua attività di comunicatore? Scrivi ancora, curi il tuo blog, sei “vivo” in rete?

Pensa, mi ha scritto una persona recentemente: non vedendomi più in rete o sui social network, pensava avessi cessato la mia attività. Oggi, in pratica, se non curi la tua presenza online ti danno praticamente per disperso! A parte le battute, dopo aver avuto una certa sovraesposizione mediatica quando ci conoscemmo, oggi mi sono tirato indietro e ho deciso di dedicarmi anima e corpo all’agricoltura.

Non curo nemmeno la parte social o digitale della mia azienda. Sono per strada, in natura: le persone passano, vedono il banchetto e acquistano. Mi sento un contadino di paese dell’Italia rurale e ne sono felice. Io ho scritto il libro nel momento in cui temi come il downshifting e lo scollocamento erano un po’ di nicchia e stavano per essere sdoganati, c’era un vivo  interesse per queste tematiche in quegli anni. Ho detto la mia e ho chiuso questa parentesi, non ho la vocazione alla comunicazione.

Quando io e Daniel Tarozzi venimmo a trovarti avevi delle persone in casa che in cambio di cibo e ospitalità ti davano una mano nei campi. Ricordo la cena insieme e gli interessanti scambi con queste persone, che erano davvero alla ricerca di ispirazione e concretezza per compiere il grande passo di cambiare vita. Hai interrotto anche questa attività?

No, abbiamo solamente rallentato perché abbiamo un bambino piccolo e ci stiamo ri-organizzando con i tempi e gli spazi. Anche se in maniera più leggera rispetto al passato, ci fa sempre piacere ospitare le persone e spero che questa attività prosegua. Abbiamo un’amico che è stato due anni con noi e ha contribuito a incrementare la nostra produzione e l’azione nei campi. Alla fine dell’anno tornerà in Veneto per cominciare una sua attività. Per noi è stata un’esperienza forte, perché le aziende agricole sono tendenzialmente micro aziende che hanno bisogno di apporti energetici di questo tipo, aiutano a concretizzare la produzione. 

devis bonanni
Foto di Nicola Picogna
Credi che il dibattito legato al cosiddetto “cambio-vita” e al downshifting sia giunto a conclusione? Le persone hanno maturato la giusta consapevolezza su questi temi?

La grande ruota del cosiddetto progresso lanciata in una certa direzione continua a girare. C’è un’incredibile inerzia nelle tematiche legate all’economia e alla possibilità di un nuovo stile di vita, che a dir la verità è sempre più necessaria come scelta. Si parla di diverse politiche “green”, la parola  sostenibilità è ovunque: io però mi accorgo che sono parole vuote di significato, ormai sono automatismi privi di una reale concretezza. Slogan inseriti in qualunque ambito.

Allo stesso tempo è aumentata la consapevolezza, specialmente durante gli anni della pandemia e dopo le ondate di calore e siccità estreme avvenute la scorsa estate e specialmente in Pianura Padana. Il Friuli lo scorso anno era diviso a metà: la pianura era diventata una specie di deserto arido, ma in Carnia dove vivo faceva un temporale ogni due giorni. Non abbiamo bagnato l’orto per tutto giugno. Questo ha causato una sorta di vivacità immobiliare dalle mie parti: le persone non si trasferiscono qui in maniera stabile, ma avere una casa in montagna diventa quasi una necessità. Questa presa di coscienza la sento, c’è una necessità fisica di abitare dei luoghi dove poter almeno respirare.

Sono per strada, in natura: le persone passano, vedono il banchetto e acquistano. Mi sento un contadino di paese dell’Italia rurale e ne sono felice

Rispetto a dieci anni fa sei rimasto sostanzialmente fedele al ragazzo che aveva promesso al mondo che vivere di autosufficienza e di agricoltura non era poi così impossibile e che provare a trovare una propria strada invece di soccombere nell’inerzia di un lavoro che non si ama ha spesso una ragion d’essere. Stai testimoniando che la perseveranza, se è armonica con quello che sentiamo dentro il nostro cuore, è il valore giusto per incarnare davvero il cambiamento che ognuno ambisce a perseguire.

Bisogna saper scendere a patti anche con i propri ideali iniziali, smussare certi fondamentalismi dei primi momenti. E bisogna prendere una direzione, che apre sempre a un ventaglio di possibilità: gradualmente si aggiusta la rotta. La vera cifra e lo spessore delle esperienze è la perseveranza con cui le approcciamo. Il vero cambiamento è essere fedeli a sé stessi, riuscendo a costruire passo dopo passo una realtà che si dispiega gradualmente.

Io non sapevo che sarei arrivato a questo punto; ho imboccato una strada con dei principi di massima, ogni scelta quotidiana è andata in questa direzione e sono arrivato dove sono arrivato. Ognuno di noi, se si pone un obiettivo, ci arriva a suo modo e con i suoi tempi: il valore sta nel credere in certi principi e applicarli al meglio nella propria quotidianità. Scopriremo di fare dei passi sorprendenti e di arrivare molto più lontano di molte previsioni a lungo termine.

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