1 Set 2023

Gli ecovillaggi, laboratori di vita comunitaria e di ecologia applicata

Scritto da: Valentina D'Amora

Vivere in un ecovillaggio significa entrare in stretto contatto con una comunità che ha scelto di adottare uno stile di vita caratterizzato da una profonda attenzione alla sostenibilità, sia ambientale che umana. Un "ritorno alle origini" e un tentativo concreto di creare un modo di vivere più consapevole.

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Immaginate un luogo in cui le persone vivono in armonia con la natura, abbracciando i principi di autosufficienza, equità, condivisione e partecipazione attiva alla comunità. Questi luoghi non sono solo da immaginare, perché esistono e sono tantissimi in tutto il mondo: si chiamano ecovillaggi, comunità intenzionali progettate proprio per essere sostenibili sia dal punto di vista ambientale che sociale ed economico. Questi insediamenti nascono per promuovere uno stile di vita più consapevole e favorire la condivisione delle risorse e delle responsabilità tra i membri della comunità.

Si tratta di piccoli gruppi di persone che decidono di vivere in luoghi immersi nella natura, adottando strutture sociali partecipative e condividendo equamente il frutto del lavoro comune. Queste comunità sono organizzate in modo da essere completamente autosufficienti, anche dal punto di vista energetico.

Possiamo considerarli dei laboratori di sperimentazione di ecologia applicata, in costante fase di elaborazione, dove progettare modelli di futuro alternativo, sperimentare l’agricoltura naturale, i sistemi di riscaldamento a ciclo chiuso, la bioedilizia, la cucina collettiva, ma anche diverse forme sociali e nuovi rapporti tra generazioni.

Non solo. Il sistema di governance di ogni ecovillaggio è basato sulla comunità stessa, per questo le attività sono spesso organizzate e portate avanti attraverso processi di democrazia partecipativa che vede i componenti impegnati nel processo decisionale consensuale. Tuttavia, la democrazia partecipativa comporta una serie di limitazioni, soprattutto in termini di tempo e di grado di partecipazione. I processi partecipativi sono stati criticati, infatti, proprio per il rallentamento del processo decisionale e del conseguente debole accordo finale che rischia di non bilanciare gli interessi collettivi (Alterman et al. 1984).

In questo articolo potrai trovare:

Le caratteristiche degli ecovillaggi
Chi vive negli ecovillaggi
Gli ecovillaggi più noti in Italia e nel mondo
Come si vive in un ecovillaggio
3 consigli se vuoi andare a vivere in un ecovillaggio

ecovillaggio
LE CARATTERISTICHE DEGLI ECOVILLAGGI
Che cos’hanno in comune gli ecovillaggi?
  1. La sostenibilità ambientale: gli ecovillaggi cercano di minimizzare gli sprechi e di adottare pratiche che abbiano un impatto minimo sull’ambiente. Questo include l’uso di energie rinnovabili, la coltivazione biologica, la permacultura e il riciclo dei materiali.
  2. La partecipazione attiva: gli abitanti degli ecovillaggi sono spesso coinvolti nel processo decisionale riguardante le attività della comunità. Questo promuove un senso di appartenenza e di responsabilità condivisa.
  3. La condivisione delle risorse, come gli spazi comuni o gli strumenti, il che contribuisce a ridurre i consumi e a promuovere uno stile di vita più semplice e frugale.
  4. Cura sociale: gli ecovillaggi cercano di creare un ambiente in cui le relazioni interpersonali siano importanti. Ecco perché non mancano attività di sostegno reciproco e attenzione alla salute mentale e al benessere di ciascun componente della comunità.
  5. Architettura sostenibile: molte comunità utilizzano la progettazione sostenibile per ridurre l’impatto ambientale degli edifici e delle infrastrutture di uso comune.
  6. Economia locale e solidale: alcuni ecovillaggi cercano di creare economie locali basate sulla condivisione, il commercio equo e solidale e la produzione locale.
  7. Cultura e spiritualità: elementi culturali o spirituali che promuovono un senso di connessione con la natura e con gli altri sono le colonne portanti di alcune comunità. In questo senso gli ecovillaggi possono variare molto nella loro organizzazione, nelle loro pratiche e nei loro obiettivi. Alcuni possono essere progettati da zero, mentre altri possono trasformarsi in comunità spirituali a partire da comunità preesistenti.
  8. L’autosufficienza energetica. Soddisfare i bisogni della comunità con le risorse disponibili in loco è un principio fondamentale per molti ecovillaggi (Gilman 1991). L’agricoltura biologica, la permacultura, le energie rinnovabili e il co-housing sono i principali strumenti per ottenere questo scopo, il cui intento è quello di compensare e mitigare lo sviluppo insostenibile e limitare l’impronta ecologica dell’ecovillaggio (Litfin 2009). La piccola scala iniziale della comunità spesso lo consente; tuttavia, man mano che gli ecovillaggi crescono in dimensioni e complessità, l’interconnessione e l’interdipendenza con lo spazio circostante diventano più difficili da gestire.
CHI VIVE NEGLI ECOVILLAGGI?

Vivere in un ecovillaggio può essere una scelta significativa per molte persone, poiché offre una serie di benefici legati alla sostenibilità ambientale, alla partecipazione alla vita di comunità e a una migliore qualità della vita, meno frenetica e più centrata sulle esigenze umane fondamentali.

A scegliere questa nuova quotidianità sono solitamente persone che credono profondamente in una relazione attiva con il territorio circostante e che vogliono vivere con più semplicità, consumando meno e utilizzando la tecnologia consapevolmente. Queste esperienze comunitarie sono la prova concreta che vivere con meno ed essere più felici è possibile, perché è proprio dal punto di vista sociale la rivoluzione.

Negli ecovillaggi si cercano di sviluppare relazioni vere, sia tra coloro che ne fanno parte che con chi vi ruota attorno. Per vivere in armonia con il gruppo, sono necessari rapporti limpidi, una buona capacità nella gestione di eventuali conflitti e la condivisione di una stessa visione del mondo, per questo ogni comunità si focalizza su un determinato aspetto, che può essere spirituale, ecologico oppure sociale.

Inoltre, negli ecovillaggi si sperimentano nuovi modelli di organizzazione sociale ed economica che prevedono decisioni collaborative, condivisione delle responsabilità e alternative al sistema economico tradizionale. In più, gli abitanti degli ecovillaggi spesso partecipano a workshop, conferenze e progetti educativi che promuovono la conoscenza e la consapevolezza in merito a temi legati alla sostenibilità e alla vita comunitaria.

Voglia di provare? Alcuni di questi villaggi sono aperti a chiunque desideri approcciarsi a questo tipo di esperienza: è possibile soggiornarvi per periodi più o meno lunghi, in cambio di aiuto alla pari. La vita comunitaria però non è adatta a tutti. Può richiedere adattamento a uno stile di vita diverso, decisioni condivise e compromessi. Il consiglio è quello di visitare diversi ecovillaggi e trascorrerci del tempo, parlare con gli abitanti e valutare se il loro stile di vita sia effettivamente in linea con le proprie aspettative e con i propri valori personali.

Per orientarsi, basta esplorare la mappa di RIVE, la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici – un’associazione nata nel 1996 per far conoscere le esperienze comunitarie esistenti – all’interno della quale è possibile trovare tutte le realtà in Italia e nel resto del mondo.

GLI ECOVILLAGGI PIÙ CONOSCIUTI
Le esperienze in Italia

Come anticipato, in Italia molti ecovillaggi aderiscono alla RIVE. RIVE è nata nel 1996 con lo scopo di tenere in contatto le diverse esperienze che si erano consolidate fino a quel momento e per fornire supporto a quelle che sarebbero nate in futuro. All’epoca il nucleo operativo era composto solo da quattro realtà: Torri SuperioreComune di BagnaiaDamanhur e Popolo degli Elfi. Come ci ha raccontato Francesca Guidotti, ex Presidente RIVE e autrice del libro Ecovillaggi e Cohousing: «A metà degli anni ’90 in Italia non si parlava quasi per niente di ecovillaggi e le uniche esperienze simili, quelle delle comuni, erano naufragate senza successo».

Tra i tanti ecovillaggi oggi presenti nel nostro Paese, che si dedicano ai principi di condivisione, ecologia ed equità, alcuni sono diventati dei laboratori di convivenza pacifica ed ecologica. Ecco alcune delle esperienze che ci hanno colpito di più.

  1. Damanhur. Questa comunità si trova in Piemonte ed è nota per le sue opere d’arte sotterranee e le pratiche spirituali. Damanhur è conosciuto per la sua architettura unica e per le pratiche di vita comunitaria.
  2. Torri Superiore: situato nella Liguria di ponente, è un ecovillaggio che si sviluppa all’interno di un borgo medievale restaurato. Si concentra sulla permacultura, l’agricoltura biodinamica e la conservazione delle risorse. Ve lo abbiamo presentato qui.
  3. La Bagnaia: Questa comunità si trova in Toscana e si impegna nella sostenibilità ecologica e sociale. È coinvolta in progetti di agricoltura biologica, energie rinnovabili e attività culturali.
  4. Meraki: Un ecovillaggio piuttosto recente, attivo dal gennaio 2021, fondato sulla Via degli Dei e basato sull’idea di creare un centro educativo-formativo che vuole mettere assieme esperienze, interessi e sogni di chi ha a cuore la relazione tra le persone, con l’ambiente e con le comunità locali.
  5. Il popolo degli Elfi: collocato nel pistoiese, è conosciuto per il suo impegno verso la vita sostenibile, l’agricoltura biologica e la promozione della vita di comunità. La maggior parte delle abitazioni è priva di elettricità e si pratica l’autosufficienza.
  6. Pecora Nera: questo ecovillaggio nasce nel 2003 nel cuore delle Alpi Carniche, in Friuli Venezia-Giulia.
    Il focus è la coltivazione in comune della terra per raggiungere l’autosufficenza alimentare. Attraverso la pratica di un’agricoltura non solo biologica ma anche giusta, l’intento è quello di reimparare a lavorare con gli altri, condividere la fatica e i suoi frutti, conoscere il valore del cibo.
Le esperienze nel mondo

Ci sono molti ecovillaggi sparsi in tutto il mondo, ciascuno con le proprie caratteristiche e ognuno con la propria missione e approccio alla sostenibilità. Come per la RIVE in Italia, esiste una rete di ecovillaggi globale, nota come Global Ecovillage Network (GEN), e diverse sue declinazioni come GEN Europe, GEN Africa e così via. Ve ne abbiamo parlato qui.

Gli esempi più noti?

  • Auroville, India: fondata nel 1968, Auroville è una comunità che cerca di realizzare l’unità umana attraverso pratiche sostenibili e spirituali. Si trova nello Stato del Tamil Nadu ed è diventata un modello di convivenza internazionale e sostenibilità. Auroville è un esempio dell’approccio bottom-up, perché gli sviluppi sono decisi e implementati dalla comunità. Auroville ha anche condotto un workshop di una settimana nel 2019 per la comunità che ha trattato temi come la creazione di luoghi, le strategie per città vivibili e la pianificazione comunitaria (Ministero dello sviluppo delle risorse umane Governo dell’India 2021). Attualmente, come vi abbiamo raccontato, sta attraversando alcune difficoltà.
  • Findhorn, Scozia: questa comunità, fondata negli anni ‘60, è famosa per la sua abilità nel coltivare giardini rigogliosi in condizioni climatiche difficili, utilizzando pratiche di comunicazione con la natura. È situata nella costa nord-orientale della Scozia, a circa 300 km da Edimburgo. Nella comunità vivono circa 400 membri fissi, più gli ospiti che soprattutto nei mesi estivi si recano nella comunità per svolgere volontariato, seminari e workshop.
  • Tamera, Portogallo: Tamera è un centro di ricerca e formazione che si concentra sulla pace, la sostenibilità e la rigenerazione dell’ambiente. La comunità cerca di sviluppare modelli per un futuro pacifico e sostenibile: ve ne abbiamo parlato qui.
  • Los Angeles Ecovillage, Stati Uniti: questo ecovillaggio si trova in California ed è un esempio di come le pratiche sostenibili possono essere integrate in un contesto urbano. Gli abitanti lavorano insieme per ridurre l’uso delle risorse e promuovere la condivisione.
  • Crystal Waters, Australia: uno dei primi ecovillaggi australiani. La comunità si concentra sulla permacultura, l’edilizia sostenibile e l’uso responsabile delle risorse idriche.
  • Sieben Linden, Germania: si trova in Sassonia ed è uno dei primi ecovillaggi del Paese. Gli abitanti si impegnano in pratiche sostenibili, agricoltura biologica e costruzioni ecologiche. Il nucleo del villaggio è una casa colonica ristrutturata ecologicamente, che ospita attualmente poco più di cento adulti e quaranta bambini e adolescenti. Nel giardino vengono coltivati frutta e verdure per l’autosufficienza della comunità. La compost toilet, un impianto di trattamento delle acque reflue e un pannello solare forniscono energia locale e cicli di materiali chiusi.
COME SI VIVE IN UN ECOVILLAGGIO

Vivere in un ecovillaggio è un’esperienza unica. Le regole e gli elementi di base sono quelli descritti in precedenza: sostenibilità ambientale, contatto con la natura, contatto con sé stessi, cura delle relazioni, spinta verso l’autosufficienza. Tuttavia, vivere in un ecovillaggio può essere un’esperienza molto diversa a seconda della comunità scelta, delle persone che la abitano, del periodo e persino della fase della vita che stiamo attraversando.

Un principio che accomuna praticamente tutti gli ecovillaggi, o quantomeno i più longevi, è una profonda attenzione alle relazioni e al benessere della comunità, un lavoro costante su sé stessi, sul conflitto, sulle dinamiche intra e interpersonali. Ecco perché i cerchi di confronto per condividere emozioni e sensazioni o per celebrare i successi e gli insuccessi sono una delle modalità più usate.

Sociocrazia, facilitazione, CNV: strumenti per vivere assieme

Uno degli aspetti più interessanti dell’esperienza degli ecovillaggi è che al loro interno vi si trova un ampio ventaglio di strumenti diversi che aiutano le persone a progettare, prendere decisioni, lavorare insieme e comunicare in maniera non violenta e collaborativa. La necessità di convivere pacificamente senza gerarchie sociali imposte ha fatto sì che gli ecovillaggi siano diventati dei veri e propri laboratori a cielo aperto di collaborazione.

Negli ecovillaggi la comunicazione non violenta ha trovato larga applicazione, così come la sociocrazia che si è sviluppata appieno, ecco perché gli strumenti della facilitazione sono diventati indispensabili. Gli ecovillaggi, da questa prospettiva, sono quindi una sorta di microcosmo sperimentale da cui il mondo intero, anche quello urbano, potrebbe imparare molto.

raduno rive
Uno scatto dell’ultimo raduno RIVE, luglio 2023

La facilitazione consiste in una serie di tecniche per lavorare e vivere meglio insieme, organizzare incontri più efficaci, raggiungere gli obiettivi prefissati senza sovraccarichi. Andiamo da strumenti molto semplici come il check-in, ossia iniziare gli incontri raccontandosi come si sta, a strumenti complessi come l’Open space technology, passando per elaborati processi di gruppo. La bravura della facilitatrice o del facilitatore sta nello scegliere lo strumento più adatto al contesto e all’obiettivo del gruppo.

Come ci ha raccontato Genny Carraro, direttrice di Gen Europe, nel mondo degli ecovillaggi la facilitazione «è come una mamma, è come la terra che vi sostiene, è qualcosa che vi permette di guardarvi dentro, di guardare al vostro gruppo, al progetto, da un altro punto di vista. Quando siamo coinvolti personalmente perdiamo la capacità di guardare dall’alto: con l’aiuto della facilitazione invece possiamo tornare nel gruppo, sentirci parte del gruppo e riunirci nell’intenzione comune».

La comunicazione non violenta è una tecnica di comunicazione ideata dallo psicologo statunitense Marshall Rosenberg. Attraverso un pattern molto semplice aiuta a essere consapevoli delle proprie emozioni e a non proiettare la propria sofferenza sugli altri. In più apre spazi di confronto nuovi e inaspettati.

La sociocrazia o governance dinamica è un sistema di governance collaborativo che si è sviluppato proprio nel mondo degli ecovillaggi per uscire dalle classiche dinamiche di maggioranza e minoranza, fazioni, malcontenti e bassa qualità delle decisioni tipiche di quando prendiamo le decisioni per alzata di mano, quindi a maggioranza. In particolare, la cosiddetta Sociocrazia 3.0, (S3) sembra attualmente il sistema di governance più avanzato e adatto ad affrontare la complessità.

3 CONSIGLI SE VUOI ANDARE A VIVERE IN UN ECOVILLAGGIO

In molti sognano una vita più ecologica e a contatto con la natura, lontano dai ritmi frenetici delle metropoli. Se anche tu sei fra questi, ecco tre consigli per iniziare.

  1. Informati: leggi, approfondisci, prendi appunti. Un buon punto di partenza può essere il già citato libro di Francesca Guidotti Ecovillaggi e cohousing. Altre due letture consigliate sono Vivi gli ecovillaggi d’Italia, di Lorenzo Olivieri e Jacopo Tabanelli, e Ritorno alle origini: l’esperienza degli Elfi, di cui vi abbiamo parlato qui. Inoltre puoi leggere gli articoli e guardare i video che abbiamo pubblicato su Italia che Cambia sugli ecovillaggi.
  2. Prova: prima di fare un grande salto nel buio, di qualsiasi tipo sia, un buon consiglio è quasi sempre quello di provare. La realtà è spesso diversa dalle aspettative, e nessun libro potrà restituirci l’esperienza diretta del proprio vissuto. Quindi provare a fare un viaggio per alcuni ecovillaggi, e a restare in alcuni di essi per un po’, con previa accordi e consenso dei loro abitanti, ovviamente, può essere una buona idea.
  3. Lavora su di te: vivere in un contesto orizzontale e senza gerarchie precostituite richiede una grande consapevolezza, per questo il lavoro su sé stessi è fondamentale. Iniziare a fare i conti con se stessi prima di iniziare una esperienza del genere può essere un buon modo per arrivare più preparati e pronti ad affrontare le novità e le sfide della nuova vita.

Gli ecovillaggi sono un nuovo e potente tipo di comunità intenzionale. Uniscono due profonde verità: si vive meglio in piccole comunità sane e l’unica strada sostenibile per l’umanità è la ridefinizione del vivere insieme. Gli ecovillaggi sono il più promettente e importante movimento di tutta la storia”. Dr. Robert J. Rosenthal, professore di filosofia presso l’Hanover College, USA

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