12 Set 2023

Simone, il giovane rifugista che a 26 anni gestisce l’ospizio più alto d’Italia

Scritto da: Lorena Di Maria

Simone è un giovane rifugista, da sempre appassionato di montagna: a soli 23 anni, in piena pandemia, ha preso in gestione il Rifugio Ospizio Sottile iniziando una nuova vita sul Colle Valdobbia, al confine tra Piemonte e Valle d'Aosta. In questi quattro anni ha fatto rinascere l'antico rifugio trovando nella vita in alta quota, nei paesaggi incontaminati e nella convivialità la sua dimensione di felicità.

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Vercelli - Che si arrivi dalla Valle d’Aosta o dal Piemonte, la bellezza del paesaggio che ci si trova davanti agli occhi lascia senza parole: è proprio al confine tra le due regioni, a 2500 metri di altitudine e immerso nell’alta Val Vogna, che sorge il Rifugio Ospizio Sottile, una struttura in pietra e legno dove si respirano – mescolati all’aria limpida di montagna – due lunghi secoli di storia. 

Il cammino che giunge fino al rifugio è per spiriti forti e le tre ore di cammino, che prevedono circa 1000 metri di dislivello, sono presto ripagate con un panorama unico che cambia allo scorrere delle stagioni. Prati verdi, neve bianca, fiori rosa, gialli e viola e tramonti rosso fuoco colorano di mille sfumature la valle.

Rifugio Ospizio Sottile3 1

A Riva Valdobbia ad accogliere i viaggiatori, c’è il giovane rifugista Simone Polenghi, originario di Lodi: oggi di anni ne ha quasi 27, ma quando ha preso in gestione il rifugio ne aveva appena 23. Il suo è l’esempio di quanto l’amore per la montagna possa spingere a ripensare la propria vita, a stravolgerla se necessario, ma pur sempre ascoltando le richieste del proprio cuore.

CAMBIARE VITA PER LA MONTAGNA: LA STORIA DI SIMONE

Riuscire a fissare una chiacchierata al telefono con Simone in questi mesi ha richiesto tempo: la vita in rifugio, specialmente in alta stagione, necessita infatti impegno e un duro lavoro. Ed è in un venerdì di inizio settembre, quando i ritmi rallentano, che ci troviamo a parlare. Di montagna, di passioni, di coraggiose scelte di vita.

Come mi racconta, «la mia avventura è iniziata a fine 2019, quando il rifugio era in cerca di un nuovo gestore. Quando ero piccolo ho iniziato a venire in Valsesia con i miei nonni e appena ho scoperto di questa opportunità ho subito deciso di fare domanda. Mai mi sarei aspettato di vincere il bando. Poi ho ricevuto la notizia e da un momento all’altro mi sono ritrovato gestore del rifugio». Avviare un’attività in piena pandemia è stata per Simone la prima grande sfida, specialmente in un rifugio che negli anni precedenti ha incontrato molte difficoltà che hanno portato a ripetuti cambi di gestione o addirittura alla temporanea chiusura.

UN RIFUGIO CHE ACCOGLIE

Oggi l’Ospizio Sottile, sotto la gestione del giovane, compie quattro anni. Quattro intensi e fondamentali anni che fanno parte dei suoi due lunghi secoli, da quando, nel 1823, il rifugio fu costruito come appoggio per i viandanti e gli emigranti stagionali che attraversavano la valle per raggiungere la Francia o la Svizzera, abbandonando loro case per lavorare all’estero mesi o addirittura anni.

Ospizio Sottile1

«Possiamo dire che l’Ospizio Sottile non sia un rifugio nato – come lo intendiamo adesso – per svago come per attività di alpinismo o escursionismo. È piuttosto un luogo di ospitalità e appoggio, appositamente costruito su un colle perché è l’unico punto che non è soggetto a slavine e può rappresentare un giaciglio sicuro per chi passa da qui». 

PIATTI E PRODOTTI CHE RACCONTANO LA STORIA DELLA VALLE

L’edificio è costituito da una struttura di tre piani con camere da 2 e 4 persone oltre a un’ampia camerata con 16 posti letto. Al rifugio l’accoglienza non manca, a partire dal cibo. La cucina rispetta le tradizioni montane e racconta la storia della valle: piatti tipici caserecci curati da Simone nei minimi dettagli come ravioli burro e salvia, pizzoccheri, zuppe, pasta fatta in casa o le lunghe preparazioni – tipiche della montagna – al fianco delle quali in cui è immancabile un fumante piatto di polenta.

Una particolarità dell’Ospizio Sottile è anche quella di essere il primo rifugio in Piemonte a disporre di una propria cantina con birre artigianali e vini esclusivamente naturali, perlopiù di provenienza regionale. All’interno del rifugio si trova anche una antica cappella, storica costruzione che contribuisce a rendere questo luogo unico nel suo genere.

Mai mi sarei aspettato di vincere il bando. Poi ho ricevuto la notizia e da un momento all’altro mi sono ritrovato gestore del rifugio

“EDUCARE IL TURISTA ALLA VITA DI MONTAGNA”

Con Simone ci soffermiamo a parlare delle numerose sfide della vita in rifugio. «La preparazione alla stagione dura un paio di settimane ed è la parte più impegnativa: organizzarsi con i fornitori che si trovano a valle e che quindi arrivano in giorni diversi, impacchettare tutto il necessario per i mesi successivi e non dimenticarsi nulla perché recuperare i prodotti, trovandosi in alta quota, non è semplice. A ciò si aggiunge la manutenzione del rifugio in quanto gli imprevisti sono dietro l’angolo e bisogna imparare ad arrangiarsi, altrimenti si rischia di chiudere a metà stagione».

C’è poi un altro tema centrale, legato al turismo di montagna: «Molte persone hanno una visione distorta della montagna. Ci sono strutture che sono abituate ad accontentare qualsiasi capriccio del turista e penso ciò stia rovinando l’immagine del lavoro in questi territori. Purtroppo in questo modo si legittima l’atteggiamento del “pago quindi pretendo” e se non ci si trova d’accordo con il cliente, lui ha un’arma molto pericolosa: scrivere una recensione online che danneggia l’immagine delle nostre attività».

Rifugio ospizio Sottile 1

Per Simone la necessità è “rieducare” il turista alla montagna. Gli domando in che modo, secondo lui, ciò può avvenire. «È importante non continuare a costruire strade o seggiovie che arrivano sempre più in alto. A dare l’esempio dovrebbero essere specialmente i rifugi ad alta quota: anche se alla stessa altitudine, diverse strutture possono avere differenti problematiche ed è importante trasmettere questa consapevolezza, nel rispetto delle singole attività».

Oggi Simone è felice dell’avventura intrapresa quattro anni fa. Certo, l’impegno lavorativo non permette facilmente di trascorrere il tempo libero con i suoi cari ma gli incontri con i viaggiatori non mancano e in valle si è creata una comunità unita dalla stessa passione per la montagna. «Le soddisfazioni sono tante. Godere dei panorami, finire il lavoro quotidiano e dilettarsi in una passeggiata oppure, quando si presentano problematiche e imprevisti nella gestione del rifugio e vedi che sei riuscito a risolverli, trovarsi a provare una gioia immensa».

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