1 Set 2023

In Veneto i giovani delle scuole combattono i PFAS e i crimini ambientali

Scritto da: Susanna Piccin

Da cinquant'anni un'azienda criminale, appoggiata da una politica connivente, sta inquinando le acque venete con i PFAS, composti chimici inquinanti e pericolosi. Per fortuna c'è chi non sta a guardare, come ad esempio gli studenti e le studentesse del progetto educativo One Health, che sotto la guida della professoressa Donata Albiero portano avanti un'attività incessante e preziosissima di analisi e sensibilizzazione.

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Padova, Veneto - “Migliaia di persone hanno vissuto senza amore. Non uno senz’acqua”. Questa bellissima citazione del poeta Wystan Hugh Auden l’ha pronunciata pochi giorni fa il professor Andrea Rinaldo dell’Università di Padova nella Sala d’oro della city Hall di Stoccolma mentre riceveva il “Nobel dell’acqua”. È la prima volta che lo Stockholm Water Prize viene assegnato a un italiano.

La notizia non ha ricevuto grande spazio nell’agenda setting dei giornali, ma le istituzioni locali venete l’hanno giustamente valorizzata dimostrando orgoglio. Che cosa strana pensare che sono proprio le stesse istituzioni che hanno appena ricevuto un esposto in procura a carico loro per aver bloccato uno studio epidemiologico sui PFAS. E che cosa strana pensare che il Veneto è la Regione dove, per cinquant’anni, è avvenuto il più grande inquinamento idrico d’Europa, come lo ha definito il CNR.

Quando leggo qualche articolo sull’ex Ilva – qui su ICC ne abbiamo parlato e ne parleremo – molto – rimango sempre sbalordita e mi domando come sia potuto succedere un disastro di tale portata e un tale disinteresse per la vita delle persone. Ma Taranto è lontana, è Sud Italia: c’è sempre quel pensiero recondito, necessario per tranquillizzarmi, che mi dice che quell’aria contaminata non è davvero affar mio. Poi scopro che l’Ilva è qui, dietro casa, nel Nord Italia. Guardo il documentario della Rai Il veleno nell’acqua e mi domando perché non mi sono mai interessata alla cosa. Perché, da cittadina di una delle tre province maggiormente coinvolte, non ho ricevuto informazioni, protezione e un invito a farmi delle analisi del sangue?

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LA GENESI DEL DISASTRO: MITENI E GLI SCARICHI

Non sono brava con i riassunti, ma provo a sintetizzare ciò che è avvenuto in provincia di Vicenza negli anni ’60: la fabbrica Miteni, con sede a Trissino (VI), produce composti chimici sintetici quasi indistruttibili – i PFAS appunto –, sviluppati per resistere all’acqua e al calore. Hanno proprietà antiadesive e impermeabili e vengono tutt’ora usati nell’industria in moltissimi settori: prodotti in teflon, imballaggi alimentari, tessili, Gore-tex, automobili, persino nel filo interdentale. Miteni riversa le scorie chimiche della sua produzione in quella che è la seconda falda acquifera più grande d’Europa, che scorre esattamente sotto la sua sede.

Quando lo scandalo scoppia, la portata del disastro è enorme: almeno 700 chilometri quadrati di territorio compromessi, 350mila cittadini coinvolti. Viene istituito lo stato di emergenza, vengono divise zone rosse e arancioni e trovati livelli di PFAS nel sangue dei cittadini, dai bambini agli anziani, mai visti prima di allora. Tassi di mortalità elevati per tutte le malattie correlate a queste sostanze tossiche che penetrano nel sangue e nei tessuti e lì si accumulano per anni diventando una bomba a orologeria.

Tutto questo fa paura? A me sì, molta. A volte rimanere incoscienti, non sviluppare consapevolezza, rende la vita meno faticosa. Ma – hey! – siamo su Italia che Cambia, facciamo giornalismo costruttivo, quando inizia la parte positiva? Devo dirvi la verità, ci ho messo un po’ ad affrontare la scrittura di questo articolo, perché a volte mi costa molto accettare che, a oggi, le cose sono così, che molta parte del mondo è stato rovinato e continua ad esserlo. Passata questa fase, respiro e mi dico “cosa può fare un normale cittadino in tutto questo?”.

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IL LAVORO DI DONATA ALBIERO NELLE SCUOLE VENETE

Ed ecco che finalmente posso parlarvi di Donata Albiero. La professoressa Albiero è una donna che sprigiona gentilezza, amore e cura per quello che fa da ogni molecola. E unisce a questa gentilezza un’incredibile tenacia come attivista. Grazie alla sua forza gentile e alla sua competenza – è stata dirigente scolastica per trent’anni, la più giovane d’Italia – il progetto educativo One Health – Pfas inquinanti per sempre sta portando da anni una vera rivoluzione culturale nelle scuole del Veneto.

Nel febbraio 2018, durante l’assemblea generale, il movimento NO PFAS ha decretato la nascita del Gruppo educativo/culturale che aveva il compito di relazionarsi con il mondo scolastico per dare ai giovani gli strumenti culturali e morali per far fronte alle grandi problematiche del territorio inquinato in cui vivono. In cinque anni i volontari del progetto hanno raggiunto 32 scuole secondarie di primo e secondo grado di 5 province del Veneto – con richiami negli anni da parte di 11 istituti che hanno voluto riprogettare percorsi sui PFAS –, incontrando quasi 7000 studenti e 1000 adulti fra insegnanti e genitori.

Al di là dei numeri, sono il contenuto e il metodo didattico, affinati col tempo, a colpirmi nel racconto della professoressa Albiero: un percorso che richiede la collaborazione dei docenti – imprescindibili, come sempre – e che dura mesi. Non è la solita lezione frontale a 300 studenti riuniti in aula magna, ma un percorso che ricerca la relazione con i ragazzi e che coinvolge due classi per volta, una quarantina di ragazzi circa. Inizialmente un test online sonda le conoscenze degli studenti sull’argomento, ma anche i loro bisogni e le loro aspettative riguardo al progetto.

L’azione di ‘pressione’ collettiva dei ragazzi diventa fondamentale. Noi aiutiamo questi ultimi a diventare protagonisti del cambiamento, a trasformare i loro timori in passioni verso la vita che li attende

Da quello che emerge il programma viene modulato in base alla classe e vengono poi consegnate delle schede che richiedono ai ragazzi di fare, nell’arco di un mese, delle ricerche scientifiche su alcuni argomenti. C’è poi l’incontro dal vivo con gli esperti, cioè medici ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente, esperti Arpav, consulenti dei tribunali, geologi, professori dell’Università e altri ancora.

E da qui, la magia: dopo aver fornito solo dati scientifici incontrovertibili, quello che il progetto fa è stimolare i ragazzi a essere cittadini attivi, chiedendo loro di proporre e fare iniziative per diffondere quello che hanno appena appreso. Leggo nella descrizione del progetto: “Uno dei nostri obiettivi è innescare negli studenti un processo di autocoscienza e di consapevolezza, necessario alla crescita dell’autonomia intellettuale (il nostro obiettivo è conoscere per capire e agire). Solo quest’ultima dà loro strumenti critici per confrontarsi con una concezione di vita distruttiva per l’uomo e per l’ambiente, oggi dominante, subordinata al solo profitto e al mercato, espressa dal cosiddetto pensiero unico”.

E i ragazzi stupiscono per creatività, proponendo e realizzando filmati divulgativi, lezioni tra pari, giochi per informare, indagini tra la gente al di fuori della scuola, domande ai candidati sindaci, giornalini e petizioni. Trovate tutto qui, in questo articolo-resoconto della professoressa Albiero nel blog-sito del Comitato di Redazione Interdisciplinare PFAS.land – Veneto.

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Mi chiedo se gli studenti non si spaventino inizialmente e trovo, in quelle righe, la risposta: “Il nostro compito è di scuotere la politica. L’azione di ‘pressione’ collettiva dei ragazzi, dunque, diventa fondamentale. Noi aiutiamo questi ultimi a diventare protagonisti del cambiamento, a trasformare i loro timori in passioni verso la vita che li attende.” Questo punto è talmente importante che prevede anche un incontro dedicato con alcuni attivisti, per fare domande e ascoltare storie di azione e cambiamento.

“È ORA DI AGIRE”

La professoressa mi insegna un’altra bellissima citazione, un augurio con cui saluta gli studenti e che vorrei che qualcuno avesse detto anche a me: “Auguriamo loro di saper essere “eretici”, dal greco ‘persone che scelgono’, persone cioè che coltivano il senso di responsabilità, l’unico che rende cittadini attivi, ricorrendo a un messaggio di don Luigi Ciotti.”

Concludo questo articolo tornando all’inizio, ad alcune delle parole del professor Rinaldo: «Oggi, quando viaggio nel sud del mondo, vedo che l’accesso alle reti di distribuzione dell’acqua sicura è per pochi privilegiati, mentre tutti possiedono un telefono cellulare. Non possiamo voltare la testa dall’altra parte fingendo di non vedere. Le disuguaglianze su larga scala sono il motore delle migrazioni e dei disordini sociali e l’acqua si pone saldamente al suo centro. È ora di agire, promuovendo ampia consapevolezza e interesse». Fortunatamente, alcuni di noi hanno già iniziato a farlo.

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