9 Ott 2023

Don Palmiro Prisutto, il prete ambientalista che si batte per il diritto alla vita tra veleni e petrolio

Augusta, Melilli e Priolo, conosciute come "il triangolo della morte", sono i territori della costa siracusana su cui sorge uno dei poli petrolchimici più grandi d’Europa. In nome dell’occupazione e del lavoro è in atto un disastro ambientale che ha generato mortalità, emigrazione e distruzione. Don Palmiro Prisutto da circa cinquant’anni è il punto di riferimento per tutti coloro che si oppongono al potere delle grandi aziende petrolchimiche.

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Siracusa - Mi vergogno un po’ ad ammetterlo: sono venuta a conoscenza di Don Palmiro Prisutto non molto tempo fa. La sua è una storia che va raccontata e ascoltata, che narra di giochi di potere, ma anche e soprattutto di rispetto per la vita. Don Palmiro Prisutto è un sacerdote che da cinquant’anni si batte per creare una coscienza in merito alla problematica ecologica e ambientale nel territorio in cui è nato e vive – Augusta – e si oppone con grande coraggio al potere delle grandi aziende petrolchimiche che inquinano da circa settanta anni la provincia di Siracusa.

«Ho visto in tutti questi anni il cambiamento subito dal territorio e i tanti disastri in atto. Ho dovuto prendere posizione quando nessuno qui parlava di questioni ambientali e i sindacati, nella dicotomia tra diritto al lavoro e diritto alla salute, più che prestare il fianco ai lavoratori, sono passati dalla parte degli industriali. La chiesa era ancora lontana dal trattare la questione ambientale come questione morale e non si parlava di dottrina del creato».

«La politica – figuriamoci! – è sempre stata a favore del profitto e delle imprese. Hanno permesso di distruggere il paese di Marina di Melilli per fare spazio a una nuova raffineria. Negli anni sono tantissimi i bambini nati con malformazioni e le mortalità per cancro e altre malattie legate all’inquinamento», racconta Don Palmiro.

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Don Palmiro Prisutto

La storia del petrolchimico più grande d’Europa affonda le sue radici nel dopoguerra: la Sicilia, distrutta dai bombardamenti e in profonda crisi economica, per rilanciare i propri territori e sconfiggere la disoccupazione puntò sull’industrializzazione e, grazie anche a consistenti investimenti pubblici, in tutta un’area costiera della parte orientale dell’isola proliferarono attività volte alla raffinazione del petrolio, alla trasformazione dei suoi derivati ed alla produzione energetica.

RICATTO OCCUPAZIONALE, CRISI AMBIENTALE E MORTALITÀ

La zona in questione si trova vicino Siracusa e abbraccia i centri di Augusta, Priolo e Melilli, conosciuti pure come il triangolo della morte. Don Prisutto è sempre stata una voce fuori dal coro che stona con il compiacimento delle tante vittime del ricatto occupazionale: “È meglio morire di cancro che di fame”, “senza lavoro non si vive”, “il lavoro è necessario”, sono gli slogan ripetuti come mantra dai cittadini e anche dai bambini, che comprendono la sua presa di posizione ma…

«Taranto è la fotocopia sbiadita di questa zona, lì si conosce l’artefice del crimine, è in atto un processo; qui invece è tutto molto ingarbugliato, sono diverse le aziende ed è difficile enumerarle tutte. Hanno cambiato molte volte denominazione, si sono accorpate, divise, qualcuno ha chiuso. Ho tentato di fare una ricostruzione cronologica di tutti gli impianti, ma ho dovuto fermarmi, era impossibile», continua Don Palmiro.

La tutela della vita non è legata solo al tema dell’aborto. Negli anni ‘80 ad Augusta gli aborti superavano le nascite, ma gran parte erano terapeutici

Da qualche anno la Curia ha estromesso il prete dalla chiesa della Madrice di Augusta incolpandolo di negligenza nell’ufficio sacerdotale. Oggi gestisce una piccola rettoria nel santuario mariano più antico della Sicilia, a Brucoli, la chiesa dell’Adonai che in passato fu rifugio e luogo di culto di cristiani perseguitati. 

Nel frattempo Don Prisutto, fuori dal suo paese, riceve premi e riconoscimenti per l’impegno costante nella difesa dei diritti umani. Una grande soddisfazione per un sacerdote che da sempre cerca di mettere in pratica le parole della sua religione. Ha ricoperto per due anni il ruolo di presidente della locale associazione antiracket e insieme ad altri sacerdoti ha stilato il documento “Salvaguardia del creato e lavoro in Sicilia”, ripreso pure dall’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco. Articoli, interviste, trasmissioni tv e documentari cinematografici raccontano di una persona impegnata attivamente e credibilmente. 

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Una piccola parte del polo industriale con l’Etna sullo sfondo

Durante la “messa per la vita”, ogni 28 del mese, Don Prisutto aggiorna la lista, già lunga, con i “nuovi” morti di cancro con nome, età, tipologia di tumore e mestiere di ognuno. «I dati raccolti scientificamente non sono probanti ai fini di un’indagine giudiziaria, è una lista di morti per tumore con l’età delle persone decedute. Circa la metà non ha superato i 67 anni, qui le aspettative di vita sono inferiori rispetto alla media nazionale e questo lo si sapeva già negli anni ‘80».

«Nel 1990 tutta l’area è stata dichiarata a rischio ma non si è fatto nulla. Non c’è mai stata la volontà di affrontare il problema. Non c’è solo la mortalità per cancro, si contano anche molti casi di autismo e malattie del sistema nervoso. Si è scoperto che il depuratore consortile non ha mai funzionato, è stata aperta un’inchiesta per disastro ambientale che si è conclusa nel silenzio assordante», continua Don Palmiro.

Il prete ecologista non ha mai fatto appello alla chiusura del polo industriale, ma a suo avviso basterebbe solo la sismicità del territorio per ipotizzarla. La zona di Augusta, Melilli e Priolo infatti è classificata come S=12. Nel 1693 si è verificato il terremoto più forte in Europa in epoca storica: 7.8 della scala Richter, un grado inferiore rispetto al disastro da poco accaduto in Turchia. Don Prisutto si chiede come sia stato possibile acconsentire alla costruzione del polo in un’area dove si annoverano diversi tsunami.

POLO INDUSTRIALE VS EMIGRAZIONE

Gli stabilimenti chimici e petrolchimici, che hanno soppiantato qualsiasi altra attività dall’agricoltura alla pesca all’estrazione del sale, avrebbero dovuto arrestare l’emigrazione, in realtà l’hanno spostata di una generazione. Oggi ad Augusta si contano 36000 abitanti, in circa trent’anni sono andate via 6000 persone. «Siamo di fronte a un ricatto lavorativo che ha generato un disastro ambientale e sociale. Sono andati via i giovani e stanno andando via anche i loro genitori. Le nostre parrocchie sono vuote di ragazze e ragazzi, non c’è possibilità di evoluzione».

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Striscione in piazza ad Augusta

«Non sono pessimista, ma guardo la realtà: Augusta è una città vuota, la consapevolezza è cresciuta, ma in molti sono rassegnati, non hanno alternative. La chiesa sarebbe dovuta scendere in campo, la tutela della vita non è legata solo al tema dell’aborto. Negli anni ‘80 ad Augusta gli aborti superavano le nascite, ma gran parte erano “terapeutici“. Di fronte a tutto questo non si può tacere e se qualcuno ha il coraggio di farlo non può imporre il silenzio a chi denuncia certe cose», continua Don Prisutto.

Nonostante la gravità della condizione ambientale e sociale, raramente l’area è sotto i riflettori dell’attenzione mediatica, anzi sembra quasi si faccia in modo di evitarlo. «Durante l’operazione Mare Nostrum, ad esempio – ricorda Don Prisutto – più del 50% degli immigrati arrivati in Sicilia è passato proprio da questo territorio». Eppure si preferisce indicare altre zone come punti di sbarco. 

Intanto l’industria finanzia gli spettacoli estivi e i politici di turno, preoccupandosi dello svago piuttosto che della salute dei cittadini, mentre facebook e i social ricordano quotidianamente a Don Prisutto le immagini e i post pubblicati parecchi anni fa per denunciare quanto stava accadendo. A testimonianza di una situazione che si è incancrenita come le condizioni dell’animo di chi vive qui. 

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Giovani durante una manifestazione
DON PRISUTTO E LA SUA MISSIONE FINO ALLA FINE

«Il disastro ambientale ad Augusta non sembra fare notizia, il potere non fa pensare alla vita dei propri figli o dei propri nipoti. Chi ha scelto il denaro ha scelto il silenzio. C’è sofferenza qui e la chiesa dovrebbe essere attenta alle sofferenze del territorio altrimenti è pura ipocrisia. Io cerco delle risposte, miracoli non ne faccio, una certa coscienza ho cercato di crearla. Prima ancora che venisse riconosciuta a livello istituzionale la gravità della situazione di rischio ambientale dell’area, io l’aveva già apertamente denunciata».

Con spontaneità chiedo a Don Prisutto se la sue fede, anche a seguito degli atteggiamenti della “sua” chiesa, abbia vacillato nell’arco di questi anni. Il suo è un “no” fermo e deciso e aggiunge: «su questa nave ci resto fino a quando non metto in salvo l’ultimo passeggero. Se sono nato qui ci sarà un motivo. Per fortuna con internet ogni giorno posso dire quello che voglio». E nel lottare per i principi in cui ha sempre creduto, resta un punto di riferimento per tutte quelle coscienze che si sono svegliate e lottano per il bene della propria comunità, affinché non si debba scegliere tra diritto alla vita/salute e diritto al lavoro. 

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