10 Ott 2023

Martina, Prodor e i formaggi vegetali: “È il momento di superare i pregiudizi”

Scritto da: Paolo Cignini

Si parla spesso di allevamenti intensivi e di sofferenza animale in questi contesti. Ma cosa ne sappiamo dell’impatto della produzione dei formaggi sulla vita degli animali che contribuiscono a produrli? Facciamo un quadro della situazione e di come possiamo attivarci per cambiare lo scenario senza perdere il gusto del formaggio con Martina Macellari di Prodor, un’azienda storicamente legata al mondo dell’industria casearia con cui ha lanciato una linea di fermenti vegetali unici nel loro generi e ideali per la produzione di alternative vegetali al formaggio tradizionale.

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Piacenza, Emilia-Romagna - Parlando di benessere animale non possiamo non toccare diversi aspetti legati alla nostra alimentazione. Uno di essi è quello che riguarda i formaggi vegetali o meglio le alternative vegetali al formaggio, dato che la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che le denominazioni riservati ai prodotti lattiero-caseari non possono essere utilizzate.

Negli allevamenti intensivi gli animali vivono situazioni in cui sono considerati meri strumenti di produzione e di profitto. In molti caseifici di medie e piccole dimensioni la situazione è simile. Esistono pratiche quotidiane di inseminazione delle mucche gestite direttamente dagli esseri umani: si importano dall’estero dei semi destinati alla riproduzione dell’animale, che molto spesso sono già sessati. Così la mucca ingravidata per mano umana partorirà una femmina, immediatamente separata dalla madre, in maniera tale da incrementare la produzione di latte vaccino necessaria per la cagliatura del formaggio.

prodor 1

Una catena di montaggio per massimizzare la produzione e il profitto. «Oggi la media quotidiana di latte che una mucca deve garantire è di quaranta litri a giorno», ci racconta Martina Macellari dell’azienda Prodor. «Negli anni ottanta la media di produzione di una mucca in perfetta salute era di venti litri. Naturalmente, se queste mucche non riescono a fornire questo quantitativo di latte oppure sviluppano mastiti o altre problematiche, vengono immediatamente mandate al macello. Ogni anno circa il 20% delle mucche italiane fa questa fine. Anni fa, le persone facevano il formaggio con il latte in eccesso della mucca, quando aveva il vitellino. Oggi gli animali sono meri strumenti produttivi».

Tutto questo è un meccanismo necessario per la produzione della maggior parte dei formaggi. Oggi però, come accennato, esiste un’alternativa che non coinvolge gli animali nel processo, consente la produzione di alternative vegetali a diversi tipi di formaggio e sembra garantire un risultato estremamente simile, in termini di gusto, ai formaggi che siamo abituati a mangiare. Un’alternativa che possiamo sperimentare con semplicità in casa e con la quale possiamo attivarci per cambiare le cose senza rinunciare a ciò che ci piace.

PRODOR E LA STORIA DI MARTINA MACELLARI

Prodor è un’azienda che sta per Prodotti Derivati Organici che produce caglio, fermenti e specialità enzimatiche. All’inizio degli anni ottanta è stata acquisita da Tullio Macellari, che di professione faceva il banchiere ma che, da un giorno all’altro, ha deciso di cambiare vita, licenziarsi e rilevare l’azienda, pur non avendo nessuna competenza inerente al mondo dei formaggi.

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Negli anni novanta la Prodor è la prima azienda a depositare il brevetto per il caglio vegetale, data la crescente richieste di formaggi vegani da parte di molte persone sensibili al tema. Si ricava tutt’oggi dal cardo selvatico, di cui Prodor ha una produzione biologica in Toscana. Questo un caglio vegetale però non è adatto per la produzione di alternative vegetali al formaggio, perché non funziona sulle bevande vegetali come la classica bevanda di soia o di mandorla, che non contengono la caseina.

Nel frattempo Martina, la figlia di Tullio, decide di lasciare il lavoro in Svizzera e prendere in mano la conduzione di Prodor. Ad una condizione specifica.

I FERMENTI VEGANI

La condizione di Martina era l’introduzione in azienda della produzione di una linea di fermenti vegani, per permettere alle persone di produrre o autoprodurre  delle alternative vegetali al formaggio “tradizionale”. «Gestivo l’azienda e poi la sera mi infilavo camice e cuffia, andavo in laboratorio e sperimentavo nuovi fermenti vegetali. Da una produzione iniziale del primo ceppo del dicembre 2021 siamo arrivati oggi a quota venti».

Ma facciamo un passo indietro. I fermenti per l’industria casearia, per chi non lo sa, sono dei microrganismi che vivono e si moltiplicano sulla base di brodi di carne, chiamati substrati. Conferiscono alla cagliata il Ph ottimale per procedere ai diversi tipi di lavorazione e stagionatura del formaggio. Martina in Prodor ha portato l’innovazione dei fermenti vegani, che crescono e su moltiplicano sulla brase di brodi di verdure, che l’azienda compra da produttori locali. Questi fermenti vengono successivamente liofilizzati e imbustati per la vendita.

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«Li abbiamo realizzati perché tutti i tipi di formaggi si differenziano dalle varie fermentazioni. Il fermento è colui che va a dare il diverso gusto, la sua funzione è quella di abbassare il Ph. Il fermento per fare la mozzarella, ad esempio, non si può utilizzare per fare una robiola o un formaggio caprino. Come terreno di coltura usiamo poi la maltodestrina, un tipo di zucchero, mentre per i fermenti tradizionali si usa il lattosio, lo zucchero del latte. Noi abbiamo ricreato diversi fermenti per diversi tipi di formaggio in chiave vegana. Facciamo anche attività di ricerca e sviluppo per creare la base ideale per produrre questo tipo di formaggi». 

Per creare la massa in questione solitamente vengono usati prodotti come le mandorle, gli anacardi e la soia. Prodor sta lavorando anche all’utilizzo dei lupini, facendo ricerche su questo legume che sembra avere il profilo amminoacidico simile a quello del latte vaccino. Questa massa, in sintesi e come vedremo con Elena, viene lavorata e viene fatta fermentare grazie ai fermenti vegetali: successivamente arriva il formaggio. 

UN PRODOTTO ADATTO PER L’AUTOPRODUZIONE

I fermenti non sono l’unica possibilità che permette di realizzare le alternative vegetali al formaggio. Moltissimi di questi prodotti, che potete trovare anche nei negozi dedicati al biologico, sono addensati artificialmente con degli amidi, delle farine o degli aromi artificiali. Il vantaggio di questi prodotti sta anche nei tempi di produzione, solitamente rapidissimi: basta solidificare la produzione, raffreddarla e metterla sotto vuoto ed è subito pronta per la commercializzazione.

Però c’è un enorme “ma”. Riguarda il sapore, che di solito non convince gli onnivori, perché si discosta di gran lunga da quello dei formaggi tradizionali, essendo prodotto con aromi artificiali. Il grande valore dei fermenti vegani, così come quello delle muffe, sta proprio nella sua capacità di immettere nella massa vegetale un sapore che ricorda tantissimo il sapore dei formaggi che siamo abituati ad assaporare.

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Vi racconto un piccolo aneddoto personale: in occasione di una festa in casa, io e la mia compagna abbiamo chiesto a Elena Garau – una ragazza sarda che vive a Grugliasco – di realizzarci alcuni formaggi vegetali da offrire ai nostri ospiti. Dopo aver scelto di optare per un’alimentazione vegana, Elena ha iniziato a interessarsi alle alternative vegetali al formaggio. «Uno degli aspetti che manca a chi segue un’alimentazione vegana sono i gusti dei formaggi tradizionali – ci racconta – così ho cominciato a sperimentare con delle fermentazioni ricavate in rete. Ma la svolta è stata conoscere Martina e il mondo dei fermenti vegani, che sonola chiave di volta».

I diversi ospiti – convinti onnivori e mangiatori di formaggi – che hanno assaggiato le creazioni vegetali cremose di Elena erano entusiasti del loro sapore. Tutt’oggi non sanno che hanno mangiato un’alternativa vegetale al formaggio. «Il passaggio dalle fermentazioni meno controllabili, come ad esempio quella della quinoa, a quelle più stabili è stata la svolta nella mia auto-produzione» ci racconta Elena.

«Nel lungo termine poi si avvia una stagionatura vera e propria, perché la qualità di questi fermenti fa sì che ci sia un vero e proprio processo di stagionatura come nei formaggi tradizionali, che va ad asciugare la massa di partenza. Senza dimenticare le muffe vegetali: soprattutto nei formaggi a crosta fiorita, come ad esempio il gorgonzola o il camembert, deve attivarsi una fioritura delle muffe, che è la stessa che avviene nei formaggi tradizionali e che dà il sapore al formaggio. Noi possiamo partire da una massa di frutta secca o di legumi, ma inoculando questi fermenti vegetali selezionati e le muffe selezionate abbiamo la garanzia di risultato».

Il grande valore dei fermenti vegani, così come quello delle muffe, sta proprio nella sua capacità di immettere nella massa vegetale un sapore che ricorda tantissimo il sapore dei formaggi

UN’AZIENDA IN TRANSIZIONE E LA VOGLIA DI DIFFUSIONE

Prodor è, per certi versi, un’azienda che sta cercando una transizione. Produce tutt’oggi dei cagli e diverse linee di prodotti destinati alle aziende casearie che producono formaggi tradizionali. Questi prodotti sono la voce maggiore del fatturato di questa azienda; l’impatto dei fermenti vegani, la cui produzione e ricerca è iniziata molto recentemente, si aggira sul cinque per cento del totale, pur essendo in costante crescita l’interesse e la richiesta di queste nuove possibilità.

Eppure per Martina «è necessario portare avanti quella che per me è un vera e propria missione: convincere gli onnivori che il formaggio vegetale è più buono di quello tradizionale, non è solo meno inquinante e meno impattante per la vita degli animali. Da anni incontro aziende casearie e cerco di convincerle a diversificare la produzione e ad aprirsi al mondo dei formaggi vegetali. Hanno tutte le conoscenze, gli strumenti e il know-how per poter dare una decisa sterzata al settore, ma devo dire che superare le paura e i pregiudizi che ruotano attorno a questo mondo è impresa ardua. È un percorso che spero di percorrere con tutto l’entusiasmo e la grinta necessari».

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