9 Ott 2024

L’aggressione della troupe del Tg3 e le altre novità da Libano e Gaza – #998

Scritto da: Andrea Degl'Innocenti
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Torniamo ad occuparci della situazione in Libano e a Gaza, e dell’aggressione a una troupe del Tg3. parliamo anche dei salmoni che dopo un secolo hanno ripopolato un fiume dopo la dismissione di 4 gigantesche dighe, del Regno Unito che nonostante l’uscita dal carbone non correrà rischi di blackout questo inverno, dell’uragano Kirk che sta per arrivare in Europa – evento rarissimo – e infine delle elezioni in Liguria e di altre notizie dalla Liguria. 

Un po’ di notizie dal mondo. L’esercito israeliano ha intensificato gli attacchi aerei nel sud del Libano, la zona che ha invaso militarmente a inizio del mese e ha potenziato anche l’operazione militare di terra, quindi ha aumentato il numero di soldati su suolo libanese, chiedendo ai civili libanesi di evitare l’area sulla costa. 

Un aspetto un po’ strano è che ieri sono state diffuse da Al Jazeera alcune fotografie satellitari che mostrano una significativa presenza dell’esercito israeliano, tra cui truppe e veicoli, vicino alla base delle forze di pace Onu a Maroun al-Ras, nel sud del Libano. Le immagini mostrano 40 veicoli militari posizionati in fortificazioni di terra attorno al quartier generale della missione Onu. Non so se è una sorta di atto intimidatorio verso le Nazioni unite. 

Intanto continuano i bombardamenti anche a Gaza. Almeno 21 persone, tra cui cinque bambini e due donne, sono morte durante un raid israeliano notturno nel centro di Gaza, riporta il Guardian.

Sui giornali italiani, poi, trova spazio anche la vicenda dell’aggressione subita in Libano da una troupe del Tg3 da parte di alcuni uomini, pare – secondo la giornalista Lucia Goracci che ha subito l’aggressione – da parte dei mariti di due donne uccise da un raid israeliano. Aggressione in cui è morto l’autista libanese della troupe, per via di un’infarto mentre cercava di calmare gli aggressori.

Spostandoci di paese e di continente, ci sono state le elezioni in Tunisia. Ha vinto con il 90 per cento dei voti l’attuale presidente Kais Saied, ma ha vinto per modo di dire. Come racconta Matteo Suanno su Lifegate, ha votato appena il 28 per cento degli aventi diritto, il dato più basso mai raggiunto nel corso di un’elezione presidenziale dalla rivoluzione del 2011, e praticamente tutta l’opposizione era stata cancellata dalla partita elettorale con 14 candidati su 17 ritenuto non idonei.

La parabola di Saied è interessante, in senso negativo, perché è un ex professore di diritto costituzionale eletto per la prima volta nel 2019  senza godere dell’appoggio di nessun partito politico, presentandosi come un leader nuovo, onesto, non compromesso, in grado di combattere la corruzione e di risolvere i problemi del paese.

Dopo un anno e mezzo di presidenza però Saied ha cominciato a smantellare le istituzioni democratiche della Tunisia. Nel 2021 ha rimosso il primo ministro e bloccato i lavori del parlamento, assumendosi gli incarichi di governo e cominciando di fatto a governare da solo, per decreto. Successivamente ha limitato autonomia del potere giudiziario e fatto approvare una nuova costituzione meno democratica di quella uscita dalla Primavera araba. Ha fatto imprigionare con accuse incerte decine di oppositori politici e di altre persone critiche nei suoi confronti, tra cui giornalisti, attivisti, giudici e sindacalisti.

E adesso la sua rielezione senza consenso segna probabilmente il punto più basso della vita democratica tunisina.

Per la prima volta in più di un secolo, i salmoni nuotano liberamente lungo il fiume Klamath e i suoi affluenti, pochi giorni dopo il completamento del più grande progetto di rimozione di dighe nella storia degli Stati Uniti.

Inizia così un articolo del Guardian che racconta la storia di un grande successo ecologico, seguito alla più grande opera di dismissioni di dighe fluviali della storia degli Stati uniti.

I salmoni reali hanno iniziato a migrare il 3 ottobre all’interno di questo habitat precedentemente inaccessibile, situato sopra il punto dove fino a poco fa sorgeva l’enorme diga di Iron Gate, una delle quattro dighe imponenti vicino al confine tra California e Oregon, demolite all’interno del progetto nazionale statunitense di ripristino del flusso naturale dei fiumi e ricreazione degli ecosistemi per i pesci e altre specie selvatiche.

Come ha detto, tradendo una certa emozione, ha detto Damon Goodman, del gruppo no-profit di conservazione California Trout. “È passato più di un secolo da quando un salmone selvatico ha nuotato attraverso questo tratto del fiume Klamath. Sono incredibilmente onorato di poter assistere a questo momento e condividere questa notizia, che è frutto del lavoro di decenni svolto dai nostri partner indigeni.”

Il fiume Klamath ha una storia particolare. Un tempo era conosciuto come il terzo fiume più popolato dai salmoni della costa occidentale. Ma dopo che la compagnia energetica PacifiCorp costruì le dighe per generare elettricità tra il 1918 e il 1962, queste strutture interruppero il flusso naturale del fiume e alterarono il ciclo vitale dei salmoni della regione, che trascorrono la maggior parte della loro vita nell’oceano Pacifico, ma risalgono i loro fiumi natii per deporre le uova.

La popolazione di pesci diminuì drasticamente. Nel 2002, un’epidemia batterica causata da scarse quantità d’acqua e temperature elevate uccise più di 34.000 pesci, per lo più salmoni Chinook. Questo evento diede il via a decenni di attivismo da parte delle tribù e dei gruppi ambientalisti, culminato nel 2022, quando i regolatori federali approvarono un piano per rimuovere le dighe.

Il progetto di rimozione delle dighe è stato completato il 2 ottobre e ha segnato una grande vittoria per le tribù locali che per decenni hanno lottato per liberare centinaia di miglia del fiume Klamath dalle dighe attraverso proteste, testimonianze e cause legali, le tribù hanno mostrato la devastazione ambientale causata dalle quattro dighe idroelettriche, in particolare per quanto riguarda i salmoni.

Le stesse tribù adesso, assieme alle associazioni per la conservazione, collaborano con le agenzie statali e federali in un programma di monitoraggio per registrare la migrazione e tracciare come i pesci rispondono a lungo termine alla rimozione delle dighe.

Come accennavo, questa rimozione fa parte di un progetto molto più ampio e interessante del governo federale. A febbraio negli Stati Uniti erano state rimosse più di 2.000 dighe, la maggior parte negli ultimi 25 anni, e molte di esse negli ultimi 4 anni.

È uscito un articolo molto interessante su Valori a firma di Rita Cantalino dal titolo “Trent’anni di Gas: nascita, evoluzione e futuro dei Gruppi d’acquisto solidale”. In cui,a che attraverso un’intervista ad Andrea Saroldi, storico rappresentante in Italia dell’economia solidale, si ripercorre la storia dei gruppi d’acquisto e si prova a capirne anche le possibili evoluzioni.

L’articolo è molto lungo, ma davvero interessante. Provo a riassumere i punti salienti che secondo me emergono, ma se il te,ma vi sta a cuore, l’invito è a leggerli per intero. Allora, per non dare niente per scontato, i Gruppi d’acquisto solidale o Gas sono dei gruppi di persone che si uniscono per fare acquisti collettivi diretti presso piccoli produttori locali e biologici, tipicamente di frutta verdura e beni alimentari. 

I Gas nascono negli anni ’90 con uno scopo non solo pratico ma anche politico ovvero di tradurre in scelte di tutti i giorni i valori di ambientalismo, non violenza e pacifismo.

Come spiega l’articolo, nel corso dei decenni, i GAS sono diventati una pratica consolidata, coinvolgendo circa sei milioni di persone in Italia. Tuttavia, la loro distribuzione geografica è disomogenea, con una prevalenza nel Nord Italia e una minore diffusione al Sud, dove le comunità rurali soddisfano le necessità alimentari in modo diverso.

Attualmente, i GAS stanno affrontando nuove sfide. C’è una difficoltà di ricambio generazionale e un’evoluzione delle loro funzioni: devono consolidare le reti di produttori e diventare un supporto per nuove forme di distribuzione alimentare sostenibile, come le Community Supported Agriculture e le Food Coop. La dimensione comunitaria rimane cruciale per i GAS, che potrebbero evolversi per soddisfare le esigenze di chi non ha tempo per un consumo consapevole.

Vi voglio leggere un passaggio finale che ho trovato molto interessante, che riguarda una tendenza attuale e le sue possibili conseguenze. 

Leggo: “Con la diffusione di abitudini di consumo più attente, viene meno la funzione primaria dei Gruppi d’acquisto solidale: procurare cibo di qualità, etico e a un prezzo accessibile. Il rischio più grande, in questo processo, è che si perda un elemento fondamentale: il senso di comunità. Oggi in molti casi si acquista meglio, ma lo si fa da soli. La relazione è tra un consumatore e lo scaffale di un supermercato, un’app di delivery. Spesso, tra chi acquista e un’azienda produttrice.

Far parte di un Gruppo d’acquisto solidale è un modo per vivere in collettività le proprie scelte d’acquisto. Di rendere patrimonio comune il proprio senso critico e di trasformare anche l’atto della spesa in una scelta consapevole orientata a un determinato modello di società. Come sottolinea Saroldi, certe cose si riescono a fare solo insieme, e questo crea legami. «Sono legami materiali tra persone che si organizzano per uno scopo pratico. Devi far arrivare i prodotti, devi ritirarli, devi dividerli. Forse questo è il canale per costruire comunità: non affidarsi a un approccio valoriale, partire piuttosto dalla necessità della cooperazione. Del resto, è il modo in cui i Gas si sono diffusi».”

Ecco, ho trovato interessante questa riflessione perché mi pare che stia attraversando un po’ a 360 molti mondi, compreso quello dell’agricoltura e dei produzione biologica, in cui i produttori medio piccoli stanno sentendo la concorrenza della Gdo. Una questione a due facce, perché se da un lato assistiamo all’appropriazione da parte del sistema capitalista dei meccanismi del biologico e del cibo sano, dall’altro questo è dovuto alla grande crescita di domanda e in un certo senso permette a questa domanda di esprimersi. 

Lì possiamo chiederci: una GDO un po’ più biologica a scapito dei piccoli produttori è un bene o un male? O meglio, in cosa è un bene e in cosa è un male? 

C’è una bella notizia che arriva una volta tanto da uno studio. Lo studio è quello relativo al rischio di blackout invernali in Gran Bretagna e la buona notizia è che è ai minimi negli ultimi 4 anni. Che voi direte, estica… eppure è un fatto molto importante perché la notizia nella notizia è che il rischio blackout è ai minimi nonostante la chiusura dell’ultima centrale a carbone del Regno Unito. 

Un risultato ottenuto anche grazie ai livelli record di elettricità importata dalla Danimarca dopo che è entrato in funzione il cavo elettrico sottomarino ad alta tensione più lungo del mondo ed ha iniziato a importare elettricità pulita dalla Danimarca, che ne produce in sovrabbondaza, sufficiente ad alimentare 2,5 milioni di case britanniche.

Questo gigantesco cavo sottomarino chiamato Viking Power Link è un’infrastruttura chiave per la transizione energetica, perché per ottimizzare produzione e consumo di energia dovremo rendere più facile lo scambio di energia anche fra paesi diversi. Attraverso di esso in futuro si potrà anche esportare elettricità britannica verso la Danimarca.

Insomma, l’aumento di produzione da rinnovabili e la facilità di scambiare energia con altri paesi, insieme, va detto, all’importazione di gas dai gasdotti della Norvegia e via nave dagli Stati Uniti o dal Qatar durante i mesi invernali, il Regno Unito è riuscito a sopperire abbondantemente gli ammanchi legati all’abbandono delle centrali a carbone.

Qualche notizia climatica. In Europa sta arrivando l’uragano Kirk, un uragano di categoria 4 al momento (su 5) con venti che raggiungono i 230 chilometri orari. Arriva dalla Florida, dove ha fatto parecchi danni, e già oggi dovrebbe transitare sulla Spagna per poi passare su Francia e Germania e lambire il nord Italia. 

Abbandonando le calde acque tropicali a 27°C, spingendosi a nord delle Azzorre e incontrando le correnti subpolari, Kirk si trasformerà da uragano tropicale a ciclone extratropicale, ma secondo gli esperti sarà estremamente intenso ed anomalo.

In che senso anomalo? Come spiega un articolo di Repubblica la prima anomalia di Kirk è proprio il fatto che arrivi in Europa, cosa rarissima. La seconda anomalia, una rarità nella rarità, è che appunto dovrebbe riuscire a raggiungere il cuore del nostro Continente. Gli altri due uragani di cui si ha memoria che furono in grado di attraversare l’Atlantico e raggiungere l’Europa negli ultimi anni si fermarono però tra Irlanda ed Inghilterra. 

Insomma, una vera e propria anomalia che però, come sappiamo, potrebbe diventare piuttosto frequente. Perciò è importante essere preparati. Su questo vi segnalo che esiste un corso ideato proprio per imparare a difendersi dal meteo estremo che si chiama attenti al meteo. È colgo l’appello del suo co-ideatore Cristiano Bottone che su Facebook invita non solo le persone a frequentarlo, ma anche – soprattutto – chi vuole a formarsi per diventare formatore e contribuire quindi a diffondere queste nuove abitudini climatiche necessarie per convivere in maniera sicura con il nuovo clima.

Vi lascio i contatti se volete approfondire. E vi lascio anche una puntata un po’ vecchia ma sempre attuale di A tu per tu in cui c’è ospite anche Cristiano Bottone per parlarne. 

Audio disponibile nel video / podcast

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