8 Giu 2023

Violenze e torture: arrestati 5 poliziotti a Verona – #742

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Sta facendo scandalo l’arresto di 5 poliziotti a Verona, accusati di tortura e violenza. Vediamola meglio. Parliamo anche dell’impatto devastante dell’esplosione della diga di Kakhovka e dei successivi allagamenti, del riconoscimento dei santuari animali in Italia, delle orche che attaccano gli yacht e infine del decimo anniversario delle rivelazioni di Edward Snowden al Guardian.

Vi ricordate la storia dei poliziotti violenti e della donna trans picchiata a Milano? Vi ricordate che dicevamo che probabilmente avremmo probabilmente riparlato del tema della violenza della polizia? Ecco, sono trascorse appena due settimane ed eccoci qua, con la notizia che forse più di ogni altra sta tenendo banco in queste ore sui quotidiani italiani. 

La notizia è che un gruppo di cinque poliziotti di Verona sono stati arrestati per violenze e torture. Vi leggo un pezzetto dell’articolo di Andrea Priente sul Corriere della Sera: “Un po’ sbruffoni, un po’ furbetti. Ma, soprattutto, violenti. Gli agenti della sezione Volanti di Verona finiti nei guai, sono tutti poliziotti di provata esperienza. Alcuni hanno vent’anni di carriera alle spalle.

A leggere l’ordinanza con la quale il gip Livia Magri ha disposto gli arresti domiciliari per cinque di loro, il più spregiudicato sembra essere l’agente di polizia giudiziaria Alessandro Migliore che, coi suoi 25 anni non ancora compiuti, è anche il più giovane tra gli indagati. Originario di Torre del Greco (Napoli) risulta risiedere in uno degli appartamenti che il ministero mette a disposizione degli agenti. 

Tatuaggi ben in vista, orecchini, fisico scolpito, esperto di boxe e di una tecnica di combattimento insegnata alle forze di difesa israeliane, il krav maga: Migliore viene descritto dal gip come  un giovane che «tortura con sadico godimento» anche perché «manifesta chiara soddisfazione nel rievocare le violenze commesse», che assume saltuariamente droghe e arriva a rubare le biciclette che trova incustodite lungo la strada. Anche lui fa parte del gruppetto dei «poliziotti ballerini»: ha concorso a depistare la perquisizione- osserva il gip – solo per ricambiare il «trattamento di favore nel parcheggio di una discoteca o all’interno del locale, e garantirsi analogo trattamento per il futuro».

Il nome “poliziotti ballerini” con cui molti giornali chiamano questo gruppetto di poliziotti deriva dal fatto che erano soliti andare a ballare gratis in discoteca grazie alla connivenza di un buttafuori. Dettaglio apparentemente poco rilevante, ma che ha un ruolo nella vicenda – adesso vi spiego quale.

Quello che sappiamo fin qui è che l’indagine che ha portato agli arresti è stata condotta dal reparto di polizia della squadra mobile – fatto interessante – e che era cominciata in seguito a un’intercettazione compiuta nell’ambito di un’altra indagine il 22 agosto del 2022 nei confronti di Migliore, che ha 25 anni.

Come spiega il Post, “la polizia stava indagando su una perquisizione fatta cinque mesi prima da Migliore nei confronti di un gruppo di persone albanesi accusate di tentato omicidio e detenzione di armi: la polizia sospettava che quella perquisizione fosse stata fatta con eccessiva leggerezza per via di presunti legami personali tra Migliore e alcuni parenti delle persone albanesi perquisite: sarebbero stati i gestori di una discoteca frequentata dal poliziotto e da altri colleghi che per questo erano soprannominati «ballerini»”.

Il 22 agosto Migliore era stato intercettato mentre parlava al telefono con la fidanzata e si vantava delle violenze commesse in questura nei confronti di una persona italiana fermata la sera prima, che migliore e un collega avrebbero preso a pugni.

A quel punto la squadra mobile guidata dalla questora Ivana Petricca – sostituita ad aprile da Roberto Massucci – decise di non denunciare Migliore e, d’accordo con la procura di Verona, di continuare indagare inserendo microspie e telecamere nascoste nei locali della questura per verificare se ci fossero stati altri casi di pestaggio. Le indagini sono proseguite fin a marzo del 2023 e hanno permesso di individuare altri sei casi di violenze e torture compiute nei confronti di persone straniere residenti a Verona a parte uno, in cui Migliore avrebbe istigato un collega a dare un calcio alla schiena di una persona italiana.

Tra gli altri c’è il caso di un uomo che dopo essere stato fermato era stato costretto a urinare per terra e in seguito trascinato sulla propria urina «impiegandolo come uno straccio per pulire il pavimento». La gip descrive anche un ampio uso di insulti a sfondo razzista da parte dei poliziotti indagati, come quando il 21 ottobre un uomo fermato era stato definito un «tunisino di merda, figlio di puttana»: l’uomo era stato poi preso a calci e un poliziotto gli aveva urinato addosso. In un altro caso era stato invece spruzzato spray al peperoncino su una persona in custodia.

Ecco, fine di quello che sappiamo. Veniamo al commento. Mi sento di aggiungere due cose: la prima è forse l’unica nota positiva di questa vicenda, ma assolutamente da non sottovalutare, ovvero il fatto che l’indagine sia stata interna alla polizia stessa. Questo ci dice che l’istituzione ha dei suoi anticorpi e che l’atteggiamento dei cinque poliziotti – perlomeno – non è la norma. 

Detto ciò, pur non essendo la norma, resta da capire quanto episodi del genere sono frequenti anche in altre caserme di altre città italiane. In genere, episodi come quello della trans picchiata per strada e come questo qua hanno in genere un doppio effetto: spingere altre persone a denunciare o far emergere abusi subiti e spingere i giornali a dare maggiore risalto a questo tipo di vicenda. Per cui sono abbastanza fiducioso che se c’è del marcio nella polizia in Italia, come si suol dire, questo verrà fuori nei prossimi mesi e che capiremo con una certa accuratezza quanto il fenomeno della violenza e delle torture siano diffusi.

Con il passare delle ore emergono nuovi dettagli e nuove preoccupazioni legate alla diga di di Nova Kakhovka nella regione di Kherson. Brevissima ricapitolazione delle puntate precedenti. C’è stata una grossa esplosione che ha fatto saltare in aria e distrutto parzialmente questa diga che tratteneva e faceva da argine a un enorme bacino d’acqua artificiale. Non si sa ancora chi è stato, nel senso che come avvenuto per l’attentato a Nord Stream e per altri fatti di questo anno e mezzo di guerra i governi di Russia e Ucraina si rimpallano le accuse. 

Poi magari proviamo a osservare le ipotesi in campo, intanto vediamo le conseguenze di questo atto. Ieri parlavamo dei rischi per la vicina centrale di Zaporizhzhia, che proprio all’acqua del lago artificiale attinge per raffreddare i propri reattori. Al momento però non sembrano esserci rischi da quel punto di vista. Tuttavia rischi ce ne sono eccome per la popolazione locale, perché l’acqua fuoriuscita dal bacino ha ingrossato il fiume Dnipro che ha esondato in due punti e rischia di esondare ulteriormente.

Secondo quanto riporta la Repubblica, ci sarebbero circa 42mila persone a rischio a causa di inondazioni su entrambe le rive del fiume Dnipro, dopo la parziale distruzione della diga. Persone che dovrebbero essere sfrattate.

Migliaia di persone hanno già lasciato le proprie abitazioni e secondo le autorità ucraine complessivamente dovranno essere evacuate circa 17mila persone nei territori a ovest del Dnipro sotto il controllo dell’Ucraina e almeno 25mila persone nei territori occupati dalla Russia a est.

Scrive il Post che “Secondo gli esperti saranno necessari alcuni giorni prima di poter stimare la portata del disastro”. Ad ogni modo la piena avrebbe raggiunto il proprio picco già ieri, con la situazione che si dovrebbe stabilizzare oggi e infine tornare relativamente sotto controllo, non appena si sarà ridotto il livello dell’acqua del bacino.

Altri effetti a breve termine del disastro potrebbero vedersi sull’agricoltura, e sul rifornimento d’acqua delle abitazioni, visto che queste sono i due principali utilizzi del bacino d’acqua. Nelle prossime settimane ci si aspetta la mancanza di acqua potabile in una vasta area dell’Ucraina meridionale, mentre i campi non potranno essere irrigati e ci saranno pesanti conseguenze sulle già precarie capacità di produrre cibo in parte dell’Ucraina dopo l’inizio della guerra.

Poi c’è la questione energetica. Oltre a fornire l’acqua per raffreddare la centrale nucleare infatti, il bacino alimentava un importante impianto idroelettrico. Ma la centrale è andata distrutta e secondo la società gestrice non potrà essere ricostruita. 

Infine c’è l’aspetto ambientale. Leggo su la Repubblica che “il Parco Nazionale Nizhnedneprovsky, dove vivono moltissimi animali, è stato sommerso dall’acqua, con migliaia di animali sono morti. Si tratta di un parco nazionale grande 80mila ettari, al cui interno vivono oltre 70 specie di animali rari”.

Inoltre “la piena sta portando con sé detriti, oli esausti, carburanti e altre sostanze inquinanti, che avranno un forte impatto lungo il Dnipro”. Secondo Zelensky “si è formata una chiazza di petrolio di almeno 150 tonnellate che viene trasportata dalla corrente verso il Mar Nero. Non possiamo ancora prevedere quanta parte delle sostanze chimiche, dei fertilizzanti e dei prodotti petroliferi stoccati nelle aree alluvionate finirà nei fiumi e nel mare”.

Ecco: questa è la portata non indifferente di questo disastro. Queste sono le cose stupide che gli esseri umani sono in grado di compiere. Ora, chi è stato? Come vi dicevo, le autorità di Ucraina e Russia continuano a incolparsi a vicenda. La tesi ucraina è che la russia abbia danneggiato il bacino per fermare la controffensiva ucraina. La tesi russa è che l’Ucraina abbia distrutto la diga come diversivo visto il fallimento della controffensiva e per penalizzare la Crimea, che attingeva buona parte della propria acqua proprio dal bacino idrico.

Secondo gli esperti sentiti dal NYT una esplosione interna sembra essere al momento la causa più plausibile, considerate le testimonianze di alcune persone che si trovavano nella zona e le caratteristiche strutturali della diga.

Al momento l’infrastruttura si trova in una regione controllata dall’esercito russo, ma molto vicina alla linea del fronte.Su la Repubblica Daniele Raineri scrive un articolo in cui porta avanti una tesi secondo cui tutte le prove porterebbero alla Russia come principale indiziato per l’attentato. Ma devo dire che sono prove che alla luce di quanto sappiamo fin qui sembrano abbastanza deboli. Questo non vuol dire che “allora sono stati gli ucriaini”. Vuol dire che per adesso non possiamo saperlo né dirlo con certezza, e chiunque faccia affermazioni perentorie, in un senso o nell’altro, o è in cattiva fede o è molto fazioso.

Restiamo in Italia ma per una notizia di tutt’altro genere, segnalatami da Alice Pomiato, che ringrazio. La premessa di questa notizia è che fino a qualche giorno fa i cosiddetti santuari animali, ovvero quelle strutture che accolgono animali da allevamento o da reddito senza sfruttarli da nessun punto di vista, non avevano un riconoscimento giuridico e quindi per la legge italiana erano equiparati agli allevamenti. Cosa abbastanza assurda e illogica se ci pensate.

Ecco, la buona notizia è che il 16 maggio scorso, con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, i Santuari hanno ottenuto il riconoscimento giuridico da parte del Ministero della Salute. 

Come ha detto la presidente della Rete dei Santuari Liberi, Sara D’Angelo commentando la notizia su Kodami, «Oggi viene sancito che siamo qualcosa di profondamente diverso da un allevamento. Ci affranchiamo finalmente da tutto ciò che riguarda un sistema produttivo che sfrutta gli animali». 

Il riconoscimento formale è ovviamente solo un primo passo: «Si tratta di un passo epocale, ma resta comunque il primo di una serie che stiamo compiendo attraverso le interlocuzioni con le istituzione, e il Ministero della Salute in particolare – prosegue D’Angelo – Saremo comunque registrati nella Banca dati nazionale degli animali da reddito, ma nella sezione Sinac, quella degli animali da compagnia, un luogo che sembrava irraggiungibile, dove solo cani gatti e furetti potevano stare».

Vi segnalo anche che per celebrare questo traguardo, il 18 giugno a Milano nella struttura Porcikomodi sarà organizzata una tavola rotonda-conferenza con tutti gli altri santuari italiani.

Restando in tema altri animali, vi segnalo un articolo interessante, questa volta segnalatomi da un ascoltatore di INMR, Gabriele Ansaloni, che usando il form contattaci che trovate sul sito Italia che Cambia (che vi invito ad utilizzare) mi ha inviato un articolo interessante pubblicato dal Telegraph, che parla di un’orca chiamata dai ricercatori Gladis che a quanto pare sta insegnando a bande di orche ad attaccare gli yacht intorno a Gibilterra e ha già colpito tre imbarcazioni, affondandone due. 

Secondo il Gruppo di lavoro per le orche dell’Atlantico (GTOA), solo questo mese si sono verificati 20 incidenti tra i predatori e piccole imbarcazioni in navigazione nello Stretto di Gibilterra, mentre quest’anno sono state registrate decine di attacchi di orche alle navi sulle coste spagnole e portoghesi.

Nelle prime ore di giovedì, un gruppo di orche ha rotto il timone e perforato lo scafo di un’imbarcazione dopo aver urtato la Mustique diretta a Gibilterra, spingendo l’equipaggio di quattro persone a contattare le autorità spagnole per chiedere aiuto.

Sui giornali ci sono titoli come “Le orche assassine dei ricchi”. Ora: è facile in presenza di notizie come questa leggervi di più di quello che sono. Tipo una ribellione della natura, una sorta di giustizia sociale che arriva per mano di un’altra specie o chissà cos’altro. Dobbiamo essere consapevoli che questo tipo di lettura, pur affascinante, appartiene probabilmente più a un nostro bisogno di senso che alla realtà delle cose. Premesso ciò, è un fenomeno da studiare e andrebbe capito come mai a un certo punto delle orche, animali molto intelligenti e sociali, hanno iniziato a vedere negli yacht dei nemici da attaccare e combattere con strategie raffinate.

In chiusura segnalo che ieri erano dieci anni dalle rivelazioni fatte dal Guardian e basate sui documenti rivelati da Edward Snowden. Se leggete l’ìinglese e la cosa vi interessa trovate proprio sul Guardian una interessantissima retrospettiva. 

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