15 Set 2022

Carlo III sarà un Re ecologista? – #583

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Carlo III sarà davvero il primo Re ambientalista della storia? E com’è la nuova legge sul clima australiana? Come mai in Romania sta crescendo a dismisura il disboscamento illegale? E cosa vuol fare a riguardo il parlamento Ue? Parliamo infine del ritorno del vuoto a rendere.

CARLO III, UN RE AMBIENTALISTA?

Dileggiato sui social, messo in ombra da una madre ingombrante, da una moglie ingombrante, da due figli e qualche nipote ingombranti, Carlo è sempre stato una figura abbastanza schiva, spesso criticato per la sua indole debole, poco avvezza ad un futuro Re. Personalmente non ho alcuna opinione su di lui, ne ho la più pallida idea se sarà o meno un buon Re, e a dire il vero non ho nemmeno la più pallida idea di cosa mai possa significare essere un buon Re nel 2022, ma questo è un altro discorso.

Il punto è che fra i tanti aspetti che stanno emergendo sulla sua figura adesso che l’ascesa al trono lo sta facendo passare attraverso lo scandaglio mediatico, ce n’è uno che mi è sembrato interessante. Re Carlo III potrebbe essere il primo re ecologista e attento al clima della storia.

Scrive Cristina Nadotti su la Repubblica che  “Il nuovo re è un ambientalista della prima ora e si può considerare anche il primo regnante davvero coinvolto nella lotta al cambio climatico. Carlo III parlava di emergenza clima già nel 1970”.

Lo scorso novembre, davanti ai leader riuniti alla Cop26 di Glasgow, aveva detto: “Dopo miliardi di anni di evoluzione, la natura è la nostra migliore maestra. Il ripristino del capitale naturale, l’accelerazione delle soluzioni basate sulla natura e lo sfruttamento della bioeconomia circolare saranno fondamentali per i nostri sforzi”: mentre lo scorso luglio, quando la Gran Bretagna boccheggiava fra afa e siccità aveva affermato “Le temperature da record di questi giorni dimostrano che ho ragione a parlare di emergenza climatica”. 

“In questa affermazione così perentoria – continua Nadotti su la Repubblica – non c’è soltanto la giusta preoccupazione di chi ha a cuore l’ambiente, c’è anche un indizio sul modo in cui Carlo percepisce se stesso: un innovatore ecologista, un esperto, quasi al pari con gli scienziati.

Le sue esternazioni sul clima a volte sono apparse quasi sfrontate per l’ambiente reale britannico. Nel 2013, poco prima di una riunione del Commonwealth in cui avrebbe preso il posto della madre, Carlo è arrivato a criticare le “lobby aziendali” e gli scettici del cambiamento climatico per aver trasformato la Terra in un “paziente in fin di vita”. E lo ha fatto prima di una riunione in cui ci sarebbero stati rappresentanti di Paesi come l’Australia e l’India, tra i maggiori inquinatori al mondo e sedi di alcune delle maggiori multinazionali del fossile, è stato un gesto di grande valore per la causa climatica.

Da principe ha anche avviato processi di coltivazioni biologiche e di rinaturalizzazione nelle sue proprietà, soprattutto nei vasti possedimenti del Ducato di Cornovaglia, quasi 400 chilometri quadrati di terra. Nella sua Duchy Home Farm ha convertito al biologico 360 ettari di coltivazioni e già dal 2011 il tetto del caseificio, parte dell’azienda agricola, è stato dotato di oltre 400 pannelli solari.

Le associazioni benefiche che dirige spesso sono impegnate in progetti di consapevolezza ambientale, ha promosso l’economia circolare e ha usato la sua influenza per riunire investitori disposti a finanziare la transizione ecologica con il forum Sustainable Markets Initiative. Inoltre ha chiesto la definizione di una tabella di marcia per affrontare le crisi del clima e della biodiversità e a più riprese ha detto di voler rinnovare le aree urbane e incoraggiare cambiamenti nello stile di vita per ridurre le emissioni di CO2

Tutte queste cose gli hanno attirato addosso diverse critiche, alcune sensate, altre meno. I conservatori lo hanno accusato spesso di essere un fondamentalista di sinistra, o un ipocrita. Gli scienziati gli hanno obiettato che alcune delle sue teorie (raccolte nel suo libro Harmony del 2010, tra cui la convinzione che esiste una “geometria sacra” nel disegno dei petali dei fiori, nel movimento di Venere attraverso il cielo notturno nel corso del tempo e nelle vetrate della Cattedrale di Chartres) non hanno niente di scientifico, mentre il movimento ambientalista non gli perdona di non rinunciare al jet privato, né ad alcuna delle comodità che hanno un impatto notevole sul clima.

Ora che è re non cambierà poi molto dal punto di vista pratico. Carlo non avrà più potere nel portare avanti le sue battaglie ambientaliste. Potrà continuare a far sentire la sua influenza e le sue parole avranno più eco rispetto a quando era soltanto l’erede al trono, ma non potrà promulgare leggi né disporre finanziamenti. Tuttavia secondo molti le sue esternazioni in ambito ambientale e climatico saranno tra gli elementi su cui si valuterà in che modo interpreta il suo ruolo.

L’AUSTRALIA HA UNA NUOVA LEGGE SUL CLIMA

Chissà se l’impegno climatico di Carlo III, presunto o reale che sia, ha qualcosa a che vedere con la nuova legge sul clima australiana. Pensateci: formalmente il capo dello Stato, in Australia, è il monarca britannico, che amministra attraverso la figura del Governatore locale. Viene incoronato Carlo III e l’Australia fa una nuova e ambiziosa legge sul clima. Un caso? Credo proprio di sì. 

Anche perché in realtà il re britannico ha dei poteri molto limitati e a governare è il governo presieduta dal premier, che attualmente – dopo un lungo predominio conservatore – è il laburista Anthony Albanese. Però mi serviva un gancio per introdurre la seconda notizia e mi sembrava una buona occasione.  

Dopo 11 anni l’Australia aggiorna la sua legge sul clima e fissa obiettivi climatici più ambiziosi. Entro la fine del decennio, le emissioni del Paese dovranno calare del 43% per raggiungere il net zero (le emissioni nette zero) entro il 2050.

La legge sul clima è stata approvata giovedì scorso dal parlamento australiano. Una legge molto ambiziosa per gli standard australiani, il cui governo conservatore ha negli ultimi anni ostacolato spesso la battaglia ai cambiamenti climatici. Da qualche mese il governo australiano è cambiato, a maggio il partito laburista ha formato un nuovo governo e ha la maggioranza parlamentare.

Così, una delle priorità che si è dato il nuovo governo, è l’impegno sul clima. Poi, certo, se guardiamo la cosa da una prospettiva di “quello che sarebbe necessario fare” siamo ancora lontani. Secondo il Climate Action Tracker, ad esempio, che è un gruppo di ricerca indipendente che studia, analizza e valuta gli obiettivi dei vari governi sul cambiamento climatico, l’Australia dovrebbe ridurre le emissioni di almeno il 57% entro il 2030 (invece del 43) per essere in linea con l’obiettivo di mantenere l’innalzamento medio della temperatura globale entro il grado e mezzo rispetto ai livelli preindustriali. 

L’Australia fra l’altro è uno dei paesi più colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, fra inondazioni, incendi devastanti e lo sbiancamento della Grande Barriera Corallina. Eppure il suo impegno per il clima era fermo a 11 anni fa. Era ora. 

FORESTE ROMANIA ABBATTUTE PER PELLET

Passiamo a un’altra notizia. Non so se vi ricordate ma qualche settimana fa in un audio che vi ho fatto ascoltare qui su INMR il direttore di ICC Daniel Tarozzi si diceva preoccupato che il caro-pellet potesse portare a disboscamento abusivo. Ora noi non è che i direttori li scegliamo così a caso, i primi che passano per strada. Gli scegliamo saggi. E infatti la previsione di Daniel si è presto avverata. Una nuova inchiesta del NYT, infatti, svela come intere foreste siano state abbattute in Romania per far fronte al caro-pellet. Ne parla Valentina Neri su Lifegate. 

“Immaginiamo di essere nel massiccio del Ceahlău, in Romania – scrive – un’area protetta molto amata dagli appassionati di trekking. Immaginiamo di vedere con i nostri occhi i tronchi di alberi secolari mozzati alla base, il loro legname finire sui camion di un’azienda che lo trasforma in pellet per le stufe. Pellet che poi viene esportato in giro per l’Europa, Italia compresa. Nei sacchi c’è scritto che è realizzato esclusivamente a partire da segatura e trucioli. Questa non è immaginazione, è ciò che hanno documentato i giornalisti del New York Times, sulla scorta di una vasta e approfondita inchiesta realizzata dalla Environmental investigation agency. Alla luce di questi fatti, la domanda è lecita: il pellet può davvero essere ritenuto come una fonte rinnovabile?”

L’indagine, condotta in parallelo sia dal team della Environmental investigation agency che dal NYT mostra come le ultime foreste intatte d’Europa vengano abbattute per ricavarne il pellet. Circa un terzo del legname trattato dagli impianti romeni di produzione di pellet arriva dalle aree forestali protette.

E non si tratta, purtroppo, di un caso isolato, né di soli disboscamenti illegali. Ora che la Russia chiude i rubinetti del gas, il fabbisogno di energia diventa pressante e i boschi rischiano di pagarne il conto. In Ungheria il governo ha appena allentato alcune restrizioni alla possibilità di disboscare. In Finlandia ed Estonia si abbattono gli alberi a un ritmo talmente elevato che gli scienziati hanno classificato le foreste come fonti di CO2, e non più come serbatoi naturali.

PARLAMENTO UE, STOP A DEFORESTAZIONE

Intanto il parlamento europeo prova a fermare la deforestazione. Due giorni fa, in seduta plenaria, ha approvato con un’ampia maggioranza una nuova normativa europea per impedire l’ingresso sul mercato comunitario di prodotti e materie prime la cui estrazione, raccolta o produzione è legata alla distruzione delle foreste e le violazioni dei diritti umani.

Si tratta di una posizione, scrive GreenReport, più avanzata rispetto a quella già proposta sul tema dalla Commissione europea: Quest’ultima si applicherebbe a bovini, cacao, caffè, olio di palma, soia e legno, compresi i prodotti  derivati; il Parlamento europeo vuole invece includere nel computo anche anche la carne suina, ovina e caprina, il pollame, il mais e la gomma, nonché i prodotti a base di carbone e carta stampata. I deputati insistono inoltre sul fatto che i prodotti non devono essere stati prodotti su terreni deforestati dopo il 31 dicembre 2019, un anno prima di quanto proposto dalla Commissione.

La nuova legge renderebbe obbligatoria per le aziende di verificare attivamente (quella che si chiama due diligence) che i beni da loro venduti nell’Ue non siano stati prodotti su terreni deforestati o degradati, in nessuna parte del mondo.

Questo perché nel mondo si stima che un’area più grande dell’intera Unione europea è andata persa a causa della deforestazione fra il 1990 e il 2020, e i consumi dei cittadini europei sono stati responsabili del 10% circa di questa perdita.

Dopo il voto di oggi, inizieranno i negoziati tra il Parlamento europeo, i governi nazionali e la Commissione europea: il cosiddetto trilogo. Le normative europee infatti scaturscono dal costante confronto fra questi tre organi, uno espressione diretta dei cittadini europei (il parlamento), uno che rappresenta i governi degli stati membri (il Consiglio europeo) e infine la Commissione europea, che è una specie di governo dell’Unione. La presidenza ceca dell’Ue, che guiderà questo processo, è sotto pressione per concludere i negoziati prima dei vertici Onu su clima e biodiversità previsti per la fine del 2022. Vediamo la versione finale quale delle due proposte sposerà maggiormente.

RITORNO VUOTO A RENDERE

Ultima notizia di oggi, la birra Peroni reintroduce il vuoto a rendere. Ne parla Germana Carillo su GreenMe. Si tratta di un esperimento che per ora riguarda solo bar, circoli e ristoranti delle province di Bari e Taranto. Ma se l’esperimento funzionasse potrebbe venir esteso.

Il motivo dichiarato di questa scelta, in realtà, non è ecologico ma economico: dare un freno all’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime. Le birre acquistate potranno essere portate indietro all’esercente, e dopo essere state trattate e sanificate (fino a 18 volte) potranno essere rimesse in commercio.

Il che ha degli enormi vantaggi ambientali, oltre che ecologici. 

Bene, visto che è tardi due cose al volo sui nostri viaggiatori. Ieri la combriccola ha fatto tappa a Gubbio dove hanno visitato il più grande impianto eolico collettivo d’Italia e intervistato in diretta streaming Sara Capuzzo, presidente di ènostra, con cui hanno parlati di energia.

Oggi invece, dopo la consueta diretta mattutina delle 8,30, i nostri si dirigeranno alla volta di Assisi per parlare di Rifiuti assieme a Fabrizio Ercolanelli, referente per l’Umbria di Zero Waste Italy e portavoce dell’Osservatorio Rifiuti Zero del Comune di Perugia. Con lui scopriremo anche le attività del Centro del Riuso “La Ricicleria” di Alex Trabalza.

FONTI E ARTICOLI

#Carlo III
Lifegate – 7 motivi per cui Carlo III potrebbe essere un re ambientalista
ISPI – Regno Unito: sulle spalle di Carlo III il futuro della monarchia

#colonie
GreenMe – Le ex colonie dell’Impero Britannico rivogliono indietro i diamanti della corona sottratti con violenze e schiavitù

#Australia #clima
GreenMe – L’Australia ha appena approvato la prima legge sul clima con l’obiettivo ambiziosissimo di emissioni zero entro il 2050

#pellet
Lifegate – Foreste della Romania abbattute per il pellet: lo svela un’inchiesta internazionale

#deforestazione
GreenReport – L’Europarlamento vuole fermare i consumi europei che alimentano la deforestazione

#vuoto a rendere
GreenMe – Vuoto a rendere: contro il caro energia questo famoso marchio di birra lo rilancia in nome dell’ambiente

#carne
The Guardian – Chinese pork prices surge to new high prompting authorities to act

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