27 Apr 2022

La mossa della Cina nel Pacifico: accordo con le Isole Salomone – #508

Salva nei preferiti

Seguici su:

La Cina che sigla un accordo sulla sicurezza delle Isole Salomone, estendendo la sua sfera di influenza, Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite che vola a Mosca per trattare con Putin e Lavrov, le proteste che continuano, in Italia, per la nuova base militare che dovrebbe sorgere in un parco naturale in provincia di Pisa e infine il Quebec che vieta, primo paese al mondo, nuove esplorazioni alla ricerca di petrolio e gas e chiudere i siti di trivellazione esistenti entro tre anni.

LA CINA ESTENDE LA SUA INFLUENZA SUL MONDO

La Repubblica Popolare Cinese ha messo a segno un colpo da novanta sullo scacchiere geopolitico, passato abbastanza inosservato. Ha firmato a metà aprile un accordo di sicurezza con le Isole Salomone. Ne parla Limes.

Che vuol dire? E che sono le Isole Salomone? Partiamo da quest’ultima domanda. Sono un centinaio di isolette che stanno nel Pacifico del Sud, a nord-est dell’Australia, a fianco della Nuova Guinea. E sono di quei posti sperduti e quasi sconosciuti che però, sottotraccia, sono teatro di competizione e scontri fra le superpotenze globali. Un po’ perché ricchi di risorse, un po’, soprattutto, per la posizione strategica, nel cuore del Pacifico del Sud.

Le popolazioni locali hanno vissuto in società tribali fino all’arrivo dei conquistatori inglesi durante le ultime esplorazioni avvenute alla fine dell’Ottocento. Nel 1893 l’arcipelago divenne un protettorato britannico, status che mantenne fino al 7 luglio 1978 quando fu proclamata l’indipendenza.

Le Isole Salomone, riporta Inside Over, erano finite sotto la luce dei riflettori internazionali per la prima volta nel 2019, per via della decisione del governo progressista e filocinese di Sogavare di disconoscere Taiwan, di cui abbiamo parlato qualche puntata fa, a favore della politica di “una sola Cina”, e per la seconda volta nel novembre 2021, a causa dello scoppio di una tre-giorni di inaudita violenza come protesta contro le politiche considerate troppo filocinesi del governo. 

In quell’occasione l’Australia, che anche, dal 2018, ha una sorta di accordo sulla sicurezza con il governo locale, mandò l’esercito per sedare le proteste. Sempre in quell’occasione sia gli Usa che la Cina recriminarono un tentativo di intromissione indebita.

Venendo ai fatti recenti, il nuovo accordo siglato da Cina e Isole Salomone è un accordo quadro di cooperazione in tema di sicurezza, che implica l’aumento dell’influenza cinese nell’Oceano Pacifico, a meno di duemila chilometri dalle coste australiane.

L’annuncio è stato dato dal portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, precisando che l’accordo rientra tra i “normali scambi e la cooperazione” tra i due Paesi, e che le due parti “coopereranno nel mantenimento dell’ordine sociale, nella protezione della vita e dei beni delle persone, nell’assistenza umanitaria e in risposta ai disastri naturali”.

Il governo di Honiara (capitale delle isole Salomone) ha confermato la vicenda proprio pochi giorni prima che una delegazione statunitense atterrasse nel paese arcipelago con lo scopo ormai vano di ostacolare la sigla del documento. In base alla bozza del patto circolata su Internet lo scorso mese, la Cina potrebbe inviare sul posto soldati dell’Esercito popolare di liberazione (Epl) qualora fosse necessario “mantenere l’ordine sociale”.

Anche se l’accordo sembra escludere la costruzione di una base militare cinese, di fatto Pechino si è aggiudicata un rilevante punto di approdo oltre la prima catena di isole (Giappone, Filippine, Taiwan, Indonesia, Malaysia) lungo cui gli Usa attuano in prima battuta la tattica di contenimento contro la Repubblica Popolare.

Le Isole Salomone si trovano a Est della Papua Nuova Guinea e a nordovest di Vanuatu, Figi e Tonga. Da quando Pechino ha lanciato le nuove vie della seta nel 2013, ha consolidato i rapporti economici con tutti questi paesi. Lo sviluppo di una presenza militare stabile lungo tale arco di isole consentirebbe alla Cina di monitorare le rotte tra Usa e Australia. 

Conclude Limes che plausibilmente, nel breve periodo, la sintonia con il paese arcipelago non basterà a Pechino per contestare il predominio americano del Pacifico. Ma è un segnale della determinazione cinese nel voler colmare il divario con la talassocrazia americana.

Perciò è probabile che nei prossimi mesi, malgrado la guerra in Ucraina, Washington intensifichi le sue operazioni nell’Indo-Pacifico. Con lo scopo di evitare che altri paesi stipulino patti analoghi con la Repubblica Popolare.

GUTERRES A DIALOGO CON PUTIN

Intanto ieri il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è volato a Mosca per parlare con Lavrov e Putin. 

Prima ha incontrato il Ministro degli Esteri Sergej Lavrov, in un dialogo che il segretario ha definito “molto aperto” sebbene sul conflitto in Ucraina “ci sono due posizioni diverse”. Poi, ai due lati opposti dell’ormai iconico tavolone bianco ha incontrato Putin, che prima lo ha fatto attendere per circa 3 ore, riporta TgCom24, poi lo ha accolto senza dargli la mano (che a ben vedere mi sembra logico se fai sedere il tuo interlocutore a 4 metri di distanza). 

Putin è stato piuttosto categorico nel dire che nessun negoziato tra Russia e Ucraina, e quindi nessuna “garanzia di sicurezza”, potrà avere successo senza prima “un accordo sulla Crimea e sul Donbass”. Ha anche ribadito la sua versione dei fatti, ovvero che sia intervenuto per fermare il genocidio della popolazione filorussa in Ucraina. Ha parlato del massacro di Bucha come di “una messinscena” e una “provocazione” architettata per “sabotare gli importanti passi avanti dei colloqui” diplomatici a cui Mosca tiene molto, come “quelli di Istanbul”. Forse l’unico aspetto nuovo  interessante è che Putin ha anche detto che la Russia sarebbe “pronta a permettere alla Croce Rossa e ai rappresentanti dell’Onu di verificare il trattamento dei prigionieri di guerra ucraini”. Sempre che sia vero.

In generale con questo incontro Guterres non ha ottenuto chissà quali svolte, e si conferma l’impressione che Putin non sia così intenzionato a trattare. Tuttavia, al di là di quello che si sono detti, che non è niente di particolarmente nuovo, penso che questa visita sia un gesto significativo, anche abbastanza scomodo, da parte del Segretario Onu, perché tiene vivo un canale prezioso di comunicazione. Che è importante che resti attivo, soprattutto se le cose dovessero ulteriormente peggiorare.

QUEBEC VIETA LE ESPLORAZIONI PER IL PETROLIO

Notizia di due settimane fa ma passata completamente inosservata da noi. il 12 aprile l’Assemblea Nazionale del Quebec ha votato per vietare nuove esplorazioni di petrolio e gas e chiudere i siti di trivellazione esistenti entro tre anni. Il Québec diventa così, a detta degli attivisti che hanno promosso l’iniziativa, la prima giurisdizione al mondo a vietare l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas sul proprio territorio. Ne parla Energy Mix, ripreso da L’Indipendente. 

L’adozione del disegno di legge da parte del parlamento, che porrà anche fine al finanziamento pubblico nel settore, è arrivata dopo anni di campagne da parte di gruppi ambientalisti, cittadini e studenti. 

Una decisione che fra l’altro va nella direzione opposta rispetto al governo centrale del Canada, che invece ha approvato da pochi giorni un grande progetto petrolifero nell’oceano Atlantico, Bay du Nord, che prevede di sfruttare un giacimento profondo più di un chilometro, al largo delle coste dell’isola di Terranova.

Il Québec sta lanciando un potente segnale, considerando anche che il Canada si posiziona tra i primi posti al mondo per l’estrazione di petrolio. Già l’anno scorso, la provincia canadese aveva aderito alla Beyond Oil and Gas Alliance (BOGA), alleanza di governi internazionale con l’obiettivo di eliminare gradualmente le esplorazioni petrolifere tramite giurisdizioni mirate. Oggi, il Québec è il primo membro dell’alleanza ad approvare una legislazione ad hoc in questo senso e a chiudere i siti di perforazione esistenti entro tre anni, persino dodici mesi se a rischio perdite.

BASE MILITARE, ALTRI AGGIORNAMENTI

Intanto ieri c’è stato un altro presidio di protesta contro la costruzione della Nuova base militare all’interno del parco naturale di San Rossore e Massaciuccoli. La nostra socia Giulia Rosoni c’è stata e ci ha mandato qualche foto che vi mostro come sfondo mentre (se state guardando il video su YT ovviamente).

FONTI E ARTICOLI

#Isole Salomone
Limes – La Cina strappa le Isole Salomone agli Usa e all’Australia
Inside Over – Le Isole Salomone al centro del mondo
Agi – L’accordo tra Cina e Isole Salomone che non piace a Usa e Australia

#Taiwan
Italia che Cambia – Taiwan, sale la tensione

#Guterres-Putin
Domani – Guerra in Ucraina, Putin non indietreggia su Crimea e Donbass. L’Italia invia nuove armi a Kiev

#Quebec
Energy Mix – Quebec Becomes World’s First Jurisdiction to Ban Oil and Gas Exploration

#oleodotto
Pressenza – Fridays for Future chiede a Sace di non assicurare il mega oleodotto EACOP

#Darfur
Pressenza – Darfur Occidentale: violenti attacchi alla popolazione, strutture mediche saccheggiate e operatori sanitari uccisi a Kreneik e El Geneina

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace


La Grecia vieterà la pesca a strascico, primo paese in Europa – #920

|

L’assalto eolico è ingiustizia climatica: le conseguenze sul patrimonio culturale sardo

|

Franco D’Eusanio e i vini di Chiusa Grande: “È un equilibrio naturale, noi non interveniamo”

|

L’arte collettiva del sognare: il social dreaming arriva in Liguria

|

Quanto inquinano gli aerei? Ecco cosa dicono i dati e le leggi

|

No border books, un kit di benvenuto per i piccoli migranti che approdano a Lampedusa

|

Intelligenza artificiale in azienda: ci sostituirà o ci renderà il lavoro più facile?

|

HandiCREA e il sogno di Graziella Anesi di un turismo accessibile e inclusivo

string(9) "nazionale"