19 Nov 2021

Arrivano i contributi ai commercianti per prodotti sfusi e alla spina – #412

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Sta per arrivare, un po’ in sordina, il bonus per prodotti sfusi e alla spina, di cui potranno usufruire oltre 10mila commercianti. Intanto il cibo nei supermercati si fa sempre più caro e un nuovo studio dell’Unione nazionale dei consumatori mostra un trend preoccupante anche da noi. Le origini del rincaro le conosciamo, e sono strutturali, ma cosa possiamo fare per fronteggiare la crisi e non farci prendere dal panico?

Bonus prodotti sfusi e alla spina

Partiamo da una notizia passata un po’ in sordina ma che è molto interessante. A partire dal prossimo martedì, 23 novembre, parte il bonus per i prodotti sfusi o alla spina per tutti gli esercizi commerciali piccoli e medi che hanno almeno una sezione del negozio in cui vendono prodotti senza imballaggi.

Il contributo riguarda sia le piccole botteghe (i cosiddetti esercizi di vicinato, negozi presenti nei piccoli centri urbani, con una superficie di vendita non superiore ai 150 metri quadrati) che quelle medie e i piccoli supermercati (con una superficie compresa fra i 150 ed i 1.500 metri quadrati, situati in comuni con più di 100mila abitanti) che abbiano affrontato delle spese nel 2020 per attrezzarsi per la vendita alla spina. 

Si tratta di un contributo a saldo, che viene erogato sulle spese già effettuate nel 2020. Quindi se avete affrontato dei lavori o acquistato dell’attrezzatura che vi serve per vendere prodotti sfusi o alla spina nel corso dell’anno passato, potete farveli rimborsare a fondo perduto, fino a un massimo di 5000 euro per azienda. Se invece non lo avete ancora fatto, considerate che il bonus sarà attivo ancora per tutto questo anno, quindi potete attrezzarvi adesso e chiedere domanda di rimborso il prossimo anno. 

Sul come fare, sembrerebbe abbastanza semplice. Si fa tutto online, sulla piattaforma padigitale.invitalia.it, a partire dal 23 novembre. Complessivamente i fondi che il governo ha messo a disposizione di questo bonus sono 20 milioni di euro per ciascun anno, 2020 e 2021. Quindi 40 mln in tutto, che facendo due conti potrebbero coprire i lavori di circa 10mila botteghe o anche più, se calcoliamo un contributo medio attorno ai 4.000€.

Insomma, un primo passetto, forse un po’ timido, ma in una direzione interessante, perché il problema dei rifiuti è uno di quei problemi sottotraccia che rischia di far collassare l’intero sistema. Smettere il più possibile di produrne è l’unico modo sensato per affrontarlo. Fra l’altro c’è il divieto, per i negozianti che aderiscono all’iniziativa, di dare i propri prodotti sfusi in sacchetti o contenitori usa e getta, mentre si incentivano le persone a portarsi da casa il proprio contenitore oppure a utilizzare sistemi di vuoti a rendere in cui il commerciante presta un contenitore, con cauzione, al cliente che glielo restituisce la volta dopo.

Quindi ecco, se avete una bottega, o avete un amico che ha una bottega, o avete un bottegaio di fiducia, diteglielo. 

Caroprezzi 

Restiamo sul cibo, ma cambiamo leggermente angolatura. Perché i problemi legati al cibo non riguardano solo gli imballaggi. Uno studio italiano dell’Unione nazionale dei consumatori mostra come il caroprezzi stia diventando sempre più un tema attuale anche da noi. Ne parla GreenMe. Nel mese di ottobre sono lievitati i prezzi non solo di luce, gas e benzina, ma anche di olio (soprattutto di semi, che fa registrare un +17%), pasta, carne e altri generi alimentari.

I motivi di questi aumenti non sono un mistero, ne abbiamo parlato svariate volte anche qui su Io Non Mi Rassegno. Incide il rincaro dei carburanti, e di alcuni additivi tipo l’ADblue, di cui abbiamo parlato in una rassegna giorni fa, incide il costo più alto dell’energia, che aumenta soprattutto per via della scarsità di gas, pesano – moltissimo – il crollo della produzione di tanti prodotti agricoli, come il calo della produzione di frumento duro causato dalla siccità e dalle ondate di caldo eccezionali in Canada e Stati Uniti, ma anche dallo strano tempo di quest’estate 2021 in Europa. E in futuro a tutti questi elementi si aggiungeranno anche gli effetti delle enormi immissioni di liquidità che tante banche centrali stanno facendo per far fronte alla pandemia.

Tutte queste cause sono in realtà profondamente connesse, e hanno a che fare sostanzialmente con cambiamenti climatici, esaurimento delle risorse dei combustibili fossili, più il Covid, che comunque vede nella crisi ecologica perlomeno una delle concause, per quanto ne sappiamo.

Il che fa di questa crisi non una crisi passeggera ma un fenomeno strutturale, che dovremo affrontare come società, sia nelle sue cause che anche nei sintomi, per permettere a tutti e tutte di continuare a mangiare. 

Si ferma Nord Stream 2

Aggiungeteci anche che, notizia di tre giorni fa riportata dal Post, Un’autorità indipendente tedesca ha sospeso il processo di certificazione del controverso gasdotto Nord Stream 2, che collega direttamente la Russia alla Germania e che dovrebbe trasportare in Europa un sacco di gas dalla Russia. I lavori del gasdotto in realtà sono già stati ultimati a settembre, ma non entrerà in funzione fino al 2022, e fino ad allora Putin sembra intenzionato a tenere il freno a mano tirato sulla distribuzione del gas russo in Europa. 

Il che non è un dramma, bruciare meno gas, da un punto di vista ecologico, anzi. Ma ci metterà di fronte a una carenza di energia sempre peggiore. 

Ora, di fronte a queste notizie in molti possono disperarsi. Qualcuno di voi ha commentato il video sulla crisi cinese chiedendo se fosse il caso di fare scorte alimentari e di legname e per quanto tempo. Il che va bene nell’immediato, ma non è una grande soluzione a lungo termine per un problema che come abbiamo visto è strutturale.

Possiamo però provare a fare qualcos’altro, ovvero introdurre nelle nostre vite e ancor più nelle nostre comunità elementi di resilienza alimentare ed energetica. E’ chiaro che finché dipendiamo per tutti i servizi essenziali da cibo o energia che arrivano dall’altra parte del globo, non siamo resilienti. Eppure abbiamo gli strumenti per diventare più resilienti.

Per quanto riguarda la produzione di cibo, c’è il modello delle Community Supported Agriculture e simili, che permette di produrre una buona parte di quello che ci serve a livello di comunità, anche in città. Per l’energia esistono, grazie anche al grande lavoro fatto qualche anno fa dal parlamentare europeo Dario Tamburrano, le comunità energetiche ovvero mettersi assieme per produrre e consumare energia verde a chilometro zero. 

Insomma, se volete mettetelo in congelatore qualche sfilatino in più, ma intanto iniziate, iniziamo a lavorare sulla resilienza, a partire dal posto dove viviamo. 

Articoli e fonti

#prodotti sfusi
GreenMe – Incentivi per prodotti sfusi o alla spina: al via le domande, come richiederli

#rincari alimentari
GreenMe – Rincari alimentari: dall’olio alla pasta, i 10 prodotti che sono aumentati più di tutti al supermercato

#Nord Stream 2
il Post – Un intoppo burocratico ha rinviato l’inaugurazione del gasdotto Nord Stream 2

#Fukushima
GreenMe – Fukushima, rilascio acqua radioattiva trattata in mare: arrivano gli esperti ONU per valutare l’impatto

#riflessioni
Internazionale – La gran voglia di tirare i remi in barca

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