11 Gen 2022

Cosa diavolo sta succedendo in Kazakistan? – #442

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Gli scontri in Kazakistan sembrano essersi placati in seguito alla dura repressione messa in atto dal governo con l’aiuto della Russia. Ma cosa c’è dietro alle enormi mobilitazioni? Che ruolo hanno giocato il prezzo del gas, gli equilibri politici del paese e gli interessi internazionali? Intanto un grosso blackout paralizza Belino mentre la leader birmana Aung San Suu Kyi viene condannata a altri 4 anni di carcere.

Caos in Kazakistan

Migliaia di persone in piazza, il governo che ordina di uccidere i manifestanti, le pressioni internazionali. Cosa sta succedendo in Kazakistan? La risposta breve è: non si sa, di preciso. C’entra il prezzo del gas, ma anche, forse, l’ex presidente e strani giochi di potere internazionali. Iniziamo dai fatti.

Già dalla fine di dicembre il paese ha iniziato ad essere scosso da imponenti manifestazioni, legate alla crescita vertiginosa del prezzo del gas. Per chi segue INMR non dovrebbe essere un argomento nuovo. Ma in Kazakistan c’è un ulteriore fattore di cirticità: la maggior parte dei veicoli vanno a gas, e a dicembre il governo ha rimosso definitivamente i limiti ai prezzi locali del GPL, cosa che ha portato immediatamente a un aumento dei costi del carburante e all’esplodere della protesta.

Il malcontento sociale è montato, come non si vedeva da anni in un paese guidato da un regime autoritario che non si è mai fatto troppi problemi a reprimere le rivolte con la forza. 

Le manifestazioni sono culminate il 4 gennaio scorso in scontri di piazza. I dimostranti hanno fatto irruzione nei municipi di alcune città, inclusa l’ex capitale Almaty, la più popolosa del Paese, dove hanno anche assediato e incendiato il palazzo presidenziale e hanno preso il controllo di un aeroporto. Da lì la situazione ha subito un’escalation violenta, con il governo che ha coinvolto le truppe russe e di fatto ha represso tutto con una violenza inaudita. 

Dapprima spegnendo Internet, per evitare la comunicazione fra i protestanti, poi con l’ordine del presidente Tokayev, nei giorni scorsi, di uccidere i manifestanti. Attualmente si contano 164 vittime secondo il ministero della Salute, innumerevoli feriti e 5.800 persone arrestate, molti dei quali stranieri. 

Ora, sebbene il regime di Tokayev sia facilmente incline alla violenza, una risposta di questa entità è apparsa strana a molti analisti, tant’è che via via che passavano i giorni si è andata delineando un’ipotesi un po’ più complessa. Secondo la quale, in pratica, si sarebbe trattato almeno in parte di una lotta intestina per il potere fra due fazioni, che si è andata sovrapponendo alle proteste. 

L’ipotesi portata avanti da Danil Kislov, un esperto di geopolitica sentito dal New York Times, e ripreso dal Post, è che le proteste siano iniziate spontaneamente, mosse proprio dall’aumento del prezzo del gas, ma che in seguito una fazione avversa al regime di Tokayev capeggiata dall’ex presidente Nazarbayev, avrebbe sfruttato il caos per mettere in campo delle vere e proprie truppe e realizzare un colpo di stato. 

Nursultan Nazarbayev, dimessosi nel 2019 era stato in seguito nominato leader della nazione, mantenendo una serie di importanti incarichi e restando una figura di spicco nella politica del paese. Ma qualche giorno fa è stato sollevato da ogni incarico e secondo alcune voci avrebbe lasciato in fretta e furia il paese.

Le ultime notizie dicono che al momento le rivolte sono state in gran parte represse. Secondo i resoconti dei giornali internazionali, ad Almaty, la città più grande del paese, e negli altri principali centri urbani la situazione è relativamente calma, anche a seguito dell’intervento di 2.500 militari provenienti da un’alleanza di paesi guidati dalla Russia.

Il governo kazako ha scritto in un comunicato che varie «infrastrutture strategiche» ora sono sotto il controllo della forza militare inviata dalla Russia. In particolare, ha fatto sapere il ministro della Difesa russo, le truppe hanno contribuito a riprendere il controllo dell’aeroporto di Almaty, che era stato occupato dai rivoltosi all’inizio delle proteste.

Quindi tutto finito? Non è detto. Così come non è detto che quanto trapelato fin qui sia tutto tutto. A mettere la pulce nell’orecchio a più di un analista è il fatto che il Kazakistan è un paese ricco di risorse chiave dal punto di vista energetico: petrolio, gas e uranio. In Kazakistan lavorano in pianta stabile molte compagnie petrolifere occidentali (fra cui Eni), Russe, Cinesi. Il Kazakistan è anche il primo produttore mondiale di uranio (per distacco: ne produce più del doppio del Canada, che è il secondo) e il secondo per riserve.

Attualmente è un paese amico di Putin, che infatti ha subito mandato delle truppe per ristabilire l’ordine, ma non è da escludersi, anche se qui ovviamente entriamo nel mondo della fantageopolitica, che ci siano interessi sotterranei che si muovono per destabilizzare il paese.

Le ripercussioni sul Bitcoin

Ad ogni modo, un aspetto indiretto ma interessante di tutta questa vicenda è che sembra aver influito e non poco sul calo del bitcoin negli ultimi giorni. Il Kazakistan infatti è diventato una meta per chi fa mining di bitcoin, dopo che la Cina ha praticamente vietato il mining. Creando anche non pochi problemi al paese, tipo vari balckout dovutri alla enorme richiesta di energia che questa attività richiede. 

Con l’avvento delle sommosse, spiega l’Indipendente, il Governo ha provveduto ad oscurare internet e, in un battibaleno, il 12-16% del potere computazionale del blockchain è scomparso dalla Rete. Il che ha contribuito in buona parte al calo delle azioni del bitcoin degli ultimi giorni. L’altra parte del calo è dovuta alle recenti dichiarazioni della Fed che sta valutando di introdurre nuove misure per regolamentare la criptovaluta.

Blackout a Berlino

Intanto, a proposito di blackout, ieri pomeriggio un massiccio blackout ha colpito Berlino, lasciando al buio e senza riscaldamento migliaia di abitazioni. Lo riferisce il Tagesspiegel, ripreso da Ansa, secondo cui l’interruzione della fornitura elettrica è stata causata da un guasto a una grande centrale termica.

Inizialmente si era parlato di 370mila utenti coinvolti, ma poi la società che gestisce l’impianto ha ridimensionato l’incidente, parlando di decine di migliaia, assicurando che il servizio sarà completamente ripristinato nel corso della serata.

Altri 4 anni a Aung San Suu Kyi

Mentre, a proposito di diritti, ieri è arrivata una nuova condanna per l’ex leader birmana Aung San Suu Kyi, deposta dal golpe militare dello scorso febbraio. è stata condannata ad altri quattro anni di carcere con l’accusa di importazione e possesso illegale di walkie-talkie e violazione delle disposizioni per contenere i contagi da coronavirus.

A inizio dicembre era già stata condannata a due anni di reclusione per incitamento ai disordini e violazione delle restrizioni imposte nel mezzo della pandemia di coronavirus. La 76enne Aung San Suu Kyi è accusata tra l’altro anche di corruzione.

Fonti e articoli:

#Kazakistan
il Post – In Kazakistan la rivolta contro il regime è stata in gran parte repressa
Il Fatto Quotidiano – Kazakistan, guerriglia in strada per l’aumento del prezzo del gas: otto morti e 317 feriti. Dichiarato lo stato d’emergenza nazionale
Open – Cosa succede in Kazakistan: l’ombra del golpe sulle proteste e i 5.800 arresti di queste ore
L’Indipendente – I disordini in Kazakistan rivelano i retroscena sulle criptovalute

#bitcoin
Cryptoptimist – Il mining di Bitcoin tra le cause della crisi del Kazakistan

#blackout
Ansa – Maxi-blackout a Berlino, in migliaia senza luce e riscaldamento

#Aung San Suu Kyi
Ansa – Myanmar, per Aung San Suu Kyi altri 4 anni di carcere

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