4 Gen 2022

“Crollano” i prezzi del gas, come mai? – #438

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Dopo aver toccato vette da record, il prezzo del gas in Europa crolla e torna su livelli accettabili, per quanto ancora molto superiori rispetto allo scorso anno. A cosa è dovuto questo crollo improvviso? E possiamo tirare un sospiro di sollievo? La trama è intricata, c’entra un mix di mosse geopolitiche, meccanismi di mercato, cambiamenti climatici e tanto altro.

Crisi energetica

Crollano i prezzi del gas in tutta Europa. Come mai? Scampato pericolo della crisi energetica? Forse. Vediamo assieme cosa sta succedendo. Partendo come al solito dai fatti, per poi fare un po’ di analisi. 

Il 21 dicembre il gas in Europa aveva toccato la cifra record di 180 euro per megawattora. Da lì il prezzo ha iniziato a scendere fino ai 68 € al megawattora di ieri. In pratica, è sceso di oltre il 60%. Cosa è successo a partire dal 21 dicembre? Tre cose, principalmente, e ce le spiega il Financial Times. 

La prima è l’aumento delle temperature. Il meteo in queste ultime settimane non è stato esattamente natalizio, con temperature abbondantemente sopra la media in tutta Europa. Il che, diciamocelo, non è esattamente un buon segno, ma in questo specifico caso ci ha aiutato. Il che significa riscaldamenti, stufe e caldaie a gas meno accese e quindi calo della domanda. 

Oltre al clima mite, la domanda di gas è stata anche frenata anche da un secondo fattore, ovvero il fatto che alcuni dei maggiori utilizzatori di energia in Europa che hanno rallentato la produzione nelle fabbriche e nelle fonderie a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia elettrica. È il caso di Alcoa in Spagna e di Norsk Hydro in Polonia, ad esempio.

Il terzo fattore è che quando in Europa i prezzi del gas sono iniziati a salire vertiginosamente, a inizio dicembre, c’erano alcune navi cisterne che stavano viaggiando dagli USa all’Asia che trasportavano gas naturale liquefatto, che ingolosite dai prezzi record hanno cambiato rotta per fare profitti record, e sono quindi approdate in Europa. E’ il caso, ad esempio, dell’imbarcazione GNL Rosenrot che ha lasciato gli Stati Uniti per la rotta verso la Cina, ma ha invece cambiato direzione e si è diretta nei Paesi Bassi. Complessivamente parliamo di un reindirizzamento di almeno 800.000 tonnellate di Gas liquefatto, su 11 navi cisterna, dall’Asia all’Europa.

Quindi questa combinazione di calo della domanda e aumento dell’offerta hanno portato al crollo del prezzo. Che poi, diciamocelo, è un crollo relativo. Nel senso che anche se è calato di quasi 3 volte resta molto alto rispetto, ad esempio, al gennaio dello scorso anno quando il costo del gas era minore di 20€ al MWh.

Ma abbiamo scampato il pericolo? Non esattamente, perché tutti i fattori che avevano portato all’impennata del prezzo sono ancora lì, pronti a rientrare in azione. Le principali ragioni dell’impennata sono l’aumento della domanda di gas da parte del mercato asiatico, in particolare Cina e India, che sono alle prese con la ripresa della produzione post Covid, e al tempo stesso stanno cercando di emanciparsi dal carbone e quindi hanno iniziato a richiedere più gas, in particolare alla Russia e agli Stati Uniti. 

I problemi energetici dell’Europa, che ad esempio vede la Francia alle prese con una serie di guasti in serie alle sue centrali nucleari. Il calo fisiologico della produzione energetica delle rinnovabili, in particolare del fotovoltaico, in inverno, per via del minore irraggiamento del sole.  

I giochi geopolitici di Putin, che sembrerebbe aver negato l’aumento di fornitura di gas richiesto dall’Europa per far pressione per l’approvazione del controverso Gasdotto Nord Stream 2, che collegherebbe la Russia con la Germania. Uso il condizionale perché sia Gazprom, la principale azienda energetica russa, sia lo stesso Putin hanno più volte negato. Il presidente russo in particolare lo ha fatto in una recente conferenza stampa, molto agguerrita in cui risponde alle accuse europee, che mi avete segnalato nei commenti al video di ieri. 

Ora, è probabile che Putin, col coltello dalla parte del manico, abbia usato la fornitura di gas come strumento di pressione. Ciononostante In quella conferenza stampa il presidente russo dice diverse cose interessanti. Ad esempio Putin spiega che molti paesi europei hanno usato il gas russo (che arrivava a un prezzo inferiore a quello di mercato essendoci in essere un contratto di fornitura) e quello presente nelle proprie riserve di gas non per aumentare l’offerta nel mercato interno europeo, e quindi far calare il prezzo, ma per rivenderlo subito sul mercato, facendo di fatto speculazione sul prezzo alto dell’energia. Tant’è che in piena crisi energetica i flussi all’interno del gasdotto Yamal Europa, che normalmente porta gas dalla Russia alla Germania, hanno iniziato a funzionare nel senso opposto. Cosa riportata anche dal Financial Times, quindi non solo da Putin.

Sono, ovviamente, le storture di affidare la gestione dell’energia, un settore chiave, ai mercati. 

Comunque, tutto questo per dire, che considerati tutti i fattori e con livelli di stoccaggio del gas in tutta Europa ben al di sotto delle medie stagionali, il calo attuale potrebbe essere solo momentaneo.

Questa situazione ci dice anche molto su quanto urgente ma anche difficile emanciparci dalle fonti fossili. Urgente perché le fonti fossili non solo inquinano e causano il cambiamento climatico (che già da solo basta e avanza come motivo ovviamente), ma ci rendono anche fragili, molto poco resilienti, dipendenti dall’esterno. Difficile perché l’energia è un settore chiave da cui dipendono tanti altri, legato sia a questioni geopolitiche e strutturali, nel macro, che alla sopravvivenza delle persone, delle famiglie, nel micro. E metterci le mani è un gran casino. E non si può metterci le mani senza cambiare anche tutto il resto. 

Nucleare e gas naturale, dissenso in Europa

Restando in tema energia, dopo l’opposizione della Germania e dell’Austria, anche il governo spagnolo respinge la proposta della Commissione Ue di considerare fonti green il nucleare e le centrali a ciclo combinato alimentate a gas naturale. Lo scrive il quotidiano El Pais citando una nota del Ministero della transizione ecologica spagnolo. “Il gas naturale e il nucleare non possono essere considerati tecnologie verdi o sostenibili nelle normative tassonomiche, a prescindere dalla possibilità che si possano continuare a fare investimenti nell’una o nell’altra. Indipendentemente dal fatto che si continuino a investire nell’una o nell’altra, riteniamo che non siano energie verdi o sostenibili”. Aggiungendo: “Non ha senso e manda segnali sbagliati per la transizione energetica di tutta l’Ue”.

Sottoscrivo ogni parola. Poche ore dopo, anche il Lussemburgo ha espresso il suo dissenso. 

l’Europa sembra sempre più scissa sul tema. E l’Italia? Per ora tace, anche se secondo Il Fatto Quotidiano è difficile che il nostro paese contesti la linea di Bruxelles, vista la sua ampia dipendenza dal Gas.

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