15 Lug 2022

Draghi, Conte, Mattarella: le domande irrisolte della crisi di governo – #563

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Ieri il premier Draghi ha rassegnato le sue dimissioni al Presidente Mattarella, che le ha però respinte. All’origine della crisi, il mancato voto di fiducia sul dl Aiuti da parte del M5S. Ma ci sono diversi aspetti poco chiari e difficili da spiegare in questa strana crisi di governo. Ieri è anche scomparso Eugenio Scalfari, la figura che più di ogni altra ha influenzato e cambiato il giornalismo contemporaneo. in tanti modi diversi.

LA CRISI DI GOVERNO SPIEGATA

Sono ore concitate quelle che stiamo vivendo, dal punto di vista politico, in Italia. Draghi ieri ha dato le sue dimissioni, che sono state respinte da Mattarella che lo ha rimandato al parlamento. Il governo sembra appeso a un filo. E ci sono parecchie domande irrisolte in questa faccenda. Ma per prima cosa, come al solito, cerchiamo di ricostruire un po’ i fatti.

Come siamo arrivati a questo punto? Teniamo presente che Sapiens (e i nostri politici come ottima rappresentazione della specie) è un animale irrazionale, che vive di istinti e pulsioni per un buon 90/95% dei suoi comportamenti, quindi le motivazioni che andiamo a ricostruire di sicuro sono solo un pezzetto di tutte le cause che hanno portato alla situazione attuale. 

Comunque, per quel che possiamo ricostruire, e seguendo come al solito gli articoli che vi linko nella sezione Fonti e articoli qua sotto, le radici di questa crisi sono antiche (si fa per dire). Le antipatie politiche fra Conte e Draghi non sono roba recente, basti pensare:

a) alla genesi stessa del governo Draghi, che di fatto è stato nominato facendo fuori conte. 

b) al rumor che vorrebbe che Draghi avrebbe chiesto esplicitamente a Grillo di far fuori Conte.

E poi a dire il vero, il governo minestrone tenuto assieme dalla figura di Draghi ha dato varie volte la sensazione di sbandare e essere sul punto di cadere. Spesso in precedenza è stata la lega di Salvini a cercare lo strappo, questa volta quel ruolo lo hanno avuto i 5 Stelle (più o meno).

Fatte queste premesse, comunque il fattore scatenante della crisi attuale sono state alcune richieste dei 5 Stelle che Draghi non sembra disposto ad accogliere e che non hanno trovato riscontro nel Dl Aiuti. Conte ha inviato una lettera a Draghi contenente nove punti, nove richieste al governo, che riguardano il Reddito di cittadinanza, il salario minimo, il Decreto dignità, aiuti a famiglie e imprese, transizione ecologica, superbonus 110%, cashback fiscale, definizione agevolata delle cartelle esattoriali e svolta sulle leggi delega.

Solo che Draghi sembra intenzionato a tirare dritto, tant’è che decide di mettere la fiducia sul dl Aiuti nonostante ci fossero due punti che non stavano bene ai 5 Stelle, uno proprio sul Super Bonus, che ne usciva un po ‘azzoppato, e l’altro sulla volontà di costruire un nuovo inceneritore a Roma. 

La fiducia passa, ma senza il voto dei 5 Stelle che decidono di astenersi, affermando che non c’è stato sufficiente dibattito. Non votano la fiducia, ma nemmeno scelgono di votare contro, mandando un messaggio del tipo: non siamo disposti a trattare né a venire a compromessi su questi punti, ma non stiamo avviando una crisi di governo. Quindi rimandando la palla a Draghi. 

A quel punto è Draghi a fare lo strappo. Annulla il Consiglio dei ministri previsto per le 15:30 e sale al Colle, dove ha un primo colloquio interlocutorio con il PdR Sergio Mattarella. Dopodiché riconvoca il Cdm e annuncia di volersi dimettere, comunicando ai ministri che è “venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo”. Infine si reca di nuovo dal presidente della Repubblica per rimettere il mandato. Ma a quel punto Mattarella gli dice che non accetta le sue dimissioni e che deve verificare se davvero non ha più una maggioranza “nella sede propria”, ovvero in parlamento. Mercoledì della prossima settimana, il 20 luglio, quindi, il premier si presenterà alle Camere per un discorso seguito da un voto in cui si verificherà il sostegno dei partiti. E adesso la palla è di nuovo nel campo del M5S, che dovrà decidere come muoversi.

Ora, veniamo alle considerazioni e alle questioni aperte. Una prima considerazione, forse un po’ scontata ma sempre centrale, è quella sull’utilizzo sempre più smodato che viene fatto del voto di fiducia. La fiducia è la possibilità per un governo di fare all-in su una legge, dicendo, in sostanza, o passa così com’è o cade il governo. Capite bene però che è stata immaginata, nell’architettura istituzionale italiana, per leggi con forte valenza politica, centrali per un governo. Se diventa la norma diventa solo un modo per uccidere il dibattito parlamentare, a maggior ragione se è usata su una legge come il Dl Aiuti che sono disposizioni principalmente economiche, che non hanno poi tutta questa valenza politica (ce l’hanno, come tutto, ma non così centrale). 

Su questo, a onor del vero, non è che sia un’invenzione del governo Draghi, ma è stato un progressivo slittamento peggiorativo di un mal costume della politica italiana. La fiducia è diventata sempre più usata (male).

Seconda questione. Il gesto di Mattarella. Che valore ha il gesto di Mattarella di respingere le dimissioni di Draghi? Ho ascoltato pareri discordanti, anche fra i miei colleghi. E la domanda resta per me aperta. È il gesto rispettoso di chi vuol far rispettare la Costituzione e dice che le dimissioni avvengono solo se non si trova più la fiducia di una maggioranza del parlamento, cosa che fin qui non è successa, o è il gesto di chi vuole tenere in vita a tutti i costi il governo Draghi?

E poi la terza domanda, per me la più difficile da spiegare. Perché? Perché Draghi di punto in bianco sceglie che è il momento di dimettersi? Mi spiego: il governo di Draghi non è un governo politico, probabilmente ideologico sì, ma non politico. La fiducia politica di cui parla non c’è mai stata. Il governo Draghi è nato con il compito specifico di gestire i fondi del Pnrr e forse la campagna vaccinale. Probabilmente l’establishment italiano-europeo non si fidava a sufficienza di Conte per affidargli questi aspetti chiave e un sacco di soldi in mano e si è scelto di mettere una persona stimata da quello stesso establishment. È praticamente la versione ufficiale, non sto inventando niente.

Un governo con questo mandato così chiaro non deve scaldare i cuori, non ha bisogno di pacche sulle spalle e fiducia incondizionata da parte degli alleati, deve solo fare il suo lavoro finché è consentito. Nel caso dei 5 Stelle, al di là delle richieste, sono evidenti le ragioni strategiche di questa mossa, legata anche alla perdita di consensi e alla necessità di riposizionarsi. Ma Draghi? Perché quindi mollare adesso, quando evidentemente c’è ancora del margine, anche se più risicato,per governare? Non ho una risposta. C’è l’ipotesi “Sapiens bizzoso”, per cui potrebbe essere una sorta di capriccio caratteriale davanti alle complicazioni di un incarico politico. C’è l’ipotesi che tutto questo gioco sia un teatro per costruire un Draghi bis senza i 5 Stelle. E c’è l’ipotesi che boh… non lo so. Forse le prossime ore ci diranno qualcosa in più. 

Un po’ a margine, ma segnalo il commento di Alessandro Gilioli, storica firma dell’Espresso e attualmente direttore di Radio Popolare, che fa un ritratto tagliente di Draghi. 

Scrive: “Non so se Mario Draghi fosse “il migliore”, come lo ha definito  prima Berlusconi e poi tutta la propaganda a coda, Repubblica in testa. So che era (è) un economista preparato e stimato ma non privo di ideologia, cioè di una visione del mondo, come tutti noi, compreso chi lo nega. E la sua visione del mondo non comprendeva “i poveri”, se non come una variabile astratta dell’assetto economico, soggetti di produzione e consumo finalizzati al Pil, che quindi devono essere funzionali al meccanismo.

La vita vera però è più complicata di così e comprende altri strumenti di comprensione del reale (la psicologia, la sociologia, la filosofia…) che nel mondo degli economisti hanno raramente ascolto. Non esiste lo statista perfetto: ognuno ha i suoi limiti culturali, di solito determinati dagli studi giovanili, che sono quelli che formattano la nostra mente.

Esistono però quelli che questo limite lo capiscono, quindi non pretendono che il proprio reticolo concettuale e cognitivo sia quello giusto per interpretare il reale e metterci le mani, dunque provano a fuoriscire da questi recinti nel proprio agire, di solito con il più difficile dei lavori, cioè ascoltando. E ci sono quelli convinti che invece no, che ciò che sono loro basta e avanza.”

Anche se forse il ritratto più impietoso di Draghi lo ha fatto… Draghi. Quando qualche sera fa, alla cena dei Corrispondenti (una di quelle robe all’americana che gli piacciono) ha raccontato una barzelletta su una persona che deve fare un trapianto cardiaco e, messa di fronte alla scelta tra il cuore di un giovane e quello di un banchiere centrale molto anziano, sceglie quest’ultimo «perché non è mai stato usato». 

È MORTO EUGENIO SCALFARI

Abbiamo nominato Repubblica, nelle parole di Gilioli, e allora non possiamo non parlare della scomparsa di Eugenio Scalfari, l’inventore di Repubblica, di cui è stato storico direttore per ben 20 anni, scomparso ieri a 98 anni. Una delle figure più innovative nel panorama del giornalismo italiano. 

Difficile farne un ritratto in pochi secondi. E difficile far capire quanto Repubblica fu innovativo nel momento in cui venne creato, nel 1976, nel formato, nel modo di fare giornalismo, nell’idea stessa di giornale. Difficile sia perché da allora molti giornali hanno seguito Repubblica, sia perché Repubblica ha perso per strada molta della sua carica innovativa. Scrive il Fatto Quotidiano: Repubblica è un quotidiano che cambia per sempre l’informazione italiana e che, dopo i primi tre anni di vita stentata, raggiunge e supera il Corriere della Sera, impresa mai riuscita prima a nessuno. È una perfetta creatura di Scalfari, Repubblica: un giornale “meno di un partito e più di un partito” che ha l’ambizione di svecchiare la sinistra e spesso, suscitando a ondate alterne fascinazione e fastidio nei destinatari, di dettarle l’agenda. Che ingaggia il meglio giornalismo svuotando le redazioni del Giorno e di Paese Sera, un’orchestra con tanti solisti “diversi ma compatibili” che tiene assieme ribelli, riformatori e pezzi di establishment. Un giornale innovativo che, per lunghi anni, sarà strumento irrinunciabile per gran parte dei lettori italiani.

Al tempo stesso, come analizza puntualmente il giornalista Sergio Ferraris sul suo profilo Facebook, “nel decennio successivo alla nascita del giornale, Scalfari trasformò il giornale in un “partito”. Influenzare la politica con l’informazione è il demone dal quale tutti noi giornalisti siamo tentati, ma che dobbiamo scacciare, evitando come la peste il fascino dell’esercizio del potere, perché l’informazione non deve influenzare la politica ma deve dare gli strumenti ai cittadini affinchè loro, perchè quello è il loro ruolo in una democrazia, possano influenzare la politica. Scalfari negli anni ’80 tradì questa logica e da lì iniziò la decadenza di tutta l’informazione italiana.

Insomma, ieri se n’è andata a tutti gli effetti la figura che più di ogni altra ha scritto le pagine del giornalismo italiano contemporaneo. Nel bene e nel male. 

Va bene, ci sarebbe da parlare di un sacco di altre cose, dello stato di emergenza in Sri lanka per via delle manifestazioni, della rivolta popolare in Ecuador, ma… ne parliamo domani.

#crisi di governo
Il Fatto Quotidiano – Salario minimo, stop attacchi al Rdc, ritorno del decreto dignità: le nove richieste del M5s a Draghi. I punti della lettera e il testo integrale
il post – Mattarella ha respinto le dimissioni di Draghi
il Post – La crisi politica, spiegata

#Scalfari
la Repubblica – È morto Eugenio Scalfari, il fondatore di Repubblica. Una vita da giornalista patriarca
la Repubblica – Eugenio Scalfari, un’avventura straordinaria. L’intellettuale amato dal popolo
il Fatto Quotidiano – Eugenio Scalfari morto – Diplomatico e generale, guerriero e mediatore: addio al papà di Repubblica, capace di tenere tutto insieme

#Ecuador
L’Indipendente – Reportage esclusivo: in Ecuador è in corso una vera rivolta popolare

#Sri Lanka
il Post – Il presidente dello Sri Lanka si dimetterà
il Post – In Sri Lanka è stato dichiarato lo stato di emergenza

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