2 Nov 2022

Le prime mosse del governo su Covid e Rave Party – #611

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A pochi giorni dall’insediamento il nuovo governo ha fatto le sue prime mosse sul Covid (in particolare su vaccini e mascherine) sui rave party e sull’ergastolo ostativo. Capiamole meglio. Intanto la Russia blocca l’accordo sul grano in seguito all’attacco navale di Sebastopoli facendo volare il prezzo della materia prima. Parliamo anche, ancora, delle elezioni brasiliane e della reazione di Bolsonaro alla sconfitta, del voto in Israele con la quasi certa vittoria di Netanyahu e il boom dell’estrema destra sionista e infine dell’inchiesta del Guardian sul diserbante Paraquat.

LE PRIME MOSSE DEL GOVERNO FRA COVID E RAVE PARTY

Mentre ci siamo distratti un attimo a parlare delle elezioni brasiliane, di clima e quant’altro, il nuovo governo ha iniziato a fare cose. Cose che, come per le prime mosse di ogni governo, stanno facendo discutere. In particolare a tenere banco sono le nuove disposizioni legate al tema Covid. Che sono sostanzialmente tre.

  • Lo stop alla divulgazione del bollettino giornaliero su contagi e morti (bollettino che diventa settimanale)
  • La proroga dell’obbligo di mascherine negli ospedali e nelle Rsa (dopo che inizialmente i governo sembrava intenzionato ad abolirlo)
  • Lo stop alle multe per le persone non vaccinate
  • Il reintegro dei medici non vaccinati

Tutte e tre le misure stanno facendo discutere per ragioni diverse. Nel primo caso il motivo non è tanto lo stop alla divulgazione del bollettino in sé, cosa che ormai era diventato da mesi un rituale abbastanza inutile, sempre che mai abbia avuto un’utilità, quanto il fatto che non è chiaro cosa significa esattamente questo stop. Non è chiaro infatti se i dati semplicemente non verranno più diffusi quotidianamente oppure non verranno proprio raccolti, e quindi non saranno più resi disponibili nemmeno alla comunità scientifica, per studi, analisi e così via. 

Ad Ansa il matematico Giovanni Sebastiani del Cnr si augura che “i dati rimangano disponibili a tutta la comunità scientifica, come fatto finora, nella forma attuale sui vari database pubblici e in particolare su base giornaliera”. Perché statisticamente una cadenza minore nella frequenza di raccolta dati corrisponde a una minore accuratezza. 

Veniamo al secondo punto, ovvero l’obbligo di mascherina nelle strutture sanitarie. Inizialmente il nuovo ministro della Salute Orazio Schillaci aveva previsto di eliminare l’obbligo, o meglio di non prorogarlo, visto che l’obbligo era in scadenza il 31 ottobre. Questa direzione però ha provocato diversi malumori anche interni alla maggioranza e quindi è stata modificata in corsa e alla fine l’obbligo è stato prorogato fino alla fine dell’anno. 

Qui il dibattito ruota attorno a due diverse esigenze. Da un lato un pezzo della comunità scientifica afferma che il senso dell’utilizzo delle mascherine nelle strutture ospedaliere va al di là dell’emergenza Covid (che in questo momento – e nella speranza che la situazione rimanga così – non è più un’emergenza), e che quindi avrebbe senso continuare ad utilizzarle perché gli ospedali sono luoghi dove statisticamente ci si ammala molto, oltre ad essere curati.

Dall’altro c’è l’esigenza degli operatori sanitari di lavorare in condizioni umane, e portare mascherine per turni di lavoro che sono spesso lunghissimi ed estenuanti non è proprio comodo, e alla fine potrebbe influire negativamente anche sulle prestazioni lavorative. E poi c’è il tema dei pazienti: perché se sono solo gli operatori sanitari a portarla cambia poco, mentre farla portare anche ai pazienti ricoverati diventa complicato e in molti casi impossibile. Quindi per adesso l’obbligo viene prorogato di un mese, è possibile che nel frattempo si giunga a qualche soluzione intermedia, in cui l’obbligo diventa permanente ma solo in alcune aree e in alcune situazioni. 

Poi c’è lo stop alle multe alle persone non vaccinate. Il Mef ha deciso di sospendere fino al 30 giugno 2023 le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione verso chi non si è vaccinato. In questo caso devo dire che la misura non ha suscitato grandi polemiche, anche perché la misura in sé era abbastanza ridicola, nonché difficile da attuare anche solo amministrativamente.

Infine il quarto punto, quello più discusso: il reintegro dei medici non vaccinati dal 1 novembre. Il ministro della Salute ha spiegato così questa norma: “il quadro epidemiologico è mutato, in particolare dai dati si vede che l’impatto sugli ospedali è limitato e c’è diminuzione dei contagi e stabilizzazione occupazione negli ospedali. A ciò si aggiunge la carenza del personale medico: quindi aver rimesso a lavorare questi medici non vaccinati serve a contrastare la carenza e garantire il diritto alla salute”.

Il che onestamente mi sembra sensato. La critica, in questo caso, rivolta da alcuni (ad esempio esprime in maniera molto chiara questa posizione il mio Bench Mark nonché acerrimo nemico Francesco Costa nella sua di rassegna stampa per il Post, Morning – scherzo eh Francesco) sarebbe quella che “non ci possiamo fidare di un medico che non crede nei vaccini, perché l’equazione sarebbe “non credo nei vaccini – non credo nella scienza – non sono un buon medico”. Il che mi sembra un ragionamento un po’ troppo semplicistico perché: a) non stiamo parlando di tutti i vaccini ma di uno specifico, peraltro realizzato a tempi record e con procedimenti non sempre super trasparenti da parte delle aziende, e quindi non possiamo presumere che chi non si è vaccinato sia un generico “no vax”, come piace dire alla stampa; b) ci sono stati riportati diversi casi, anche alla nostra redazione, in cui il vaccino veniva sconsigliato (ma senza che nessuno si prendesse la responsabilità di prescrivere un’esenzione) per condizioni sanitarie specifiche, o di reazioni avverse ad esempio alla prima dose che hanno scoraggiato dal farne una seconda o cose di questo genere, c) la scienza non è una cosa certa e definita a priori, si nutre di dubbio e quindi credo sia importante e sano integrare una parte critica nel mondo medico-scientifico e d) se vogliamo fare un discorso di merito e competenze, credo che sarebbero tanti gli aspetti da valutare.

Va bene chiudiamo il capitolo Covid, ma restiamo sulle misure delle nuovo governo. Altre due questioni molto discusse sono quella relativa ai Rave Party e quella dell’ergastolo ostativo. Non mi ci soffermo qui moltissimo, perché abbiamo davvero tante cose di cui parlare, ma mi limito a riportarvi i fatti.

Sui Rave Party il neo ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha da subito mostrato il pugno duro. I rave party sono delle feste a base di musica principalmente techno, organizzate spesso senza chiedere autorizzazioni e famose anche per un atteggiamento abbastanza libertario nei confronti delle sostanze stupefacenti. L’occasione è stato un rave Party a Modena che è stato sgomberato in maniera piuttosto decisa e rapida per ordinanza del Ministro. 

Il problema principale però è che subito dopo è apparsa una legge preparata a tempo record per proibire i rave party, ma che secondo diversi osservatori potrebbe tornar molto comoda anche contro centri sociali, occupazioni, ecc. Scrive Valerio Renzi su Huffington Post: “La cosiddetta legge anti rave, così come è scritta, mette nel mirino del Governo Meloni centri sociali e movimenti studenteschi. Più che una legge volta reprimere con un inasprimento di pene e sanzioni un fenomeno specifico, può essere utilizzata per sgomberare in maniera tempestiva e con gravi conseguenze per chi fosse identificato gli studenti e studentesse che occupano una scuola o un’università, o magari chi entra in un edificio abbandonato per farne un centro sociale per fare attività culturali o di solidarietà. Insomma la “pacchia è finita” sì, ma non tanto e non solo per gli organizzatori di free party a base di musica tekno, quanto per chi potenzialmente può organizzare nelle piazze l’opposizione al governo delle destre”.

Ecco, questa è una roba da tenere d’occhio.

Sull’ergastolo ostativo, magari ne parliamo meglio un’altra volta, ma per adesso adesso vi spiego la cornice: la cornice è quella della riforma del processo penale, la cosiddetta riforma Cartabia, che il nuovo governo vuole modificare e che quindi slitta al 30 dicembre (dopodiché dovrà essere approvata, pena la perdita di parecchi fondi del Pnrr). Però viene anticipato un pezzetto, che riguarda appunto l’ergastolo ostativo.

Questo tipo di ergastolo, spiega Giulia Merlo su Domani, è una delle “misure di emergenza nella lotta alla mafia volute dal giudice Giovanni Falcone nel 1992, e prevede che i condannati per alcuni reati gravi, in particolare mafia, terrorismo e associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, non abbiano la possibilità di accedere ad alcun beneficio penitenziario se non decidono di collaborare con la giustizia, dimostrando così il loro ravvedimento”. 

Il governo ha voluto anticipare questo pezzo di riforma perché c’è una pronuncia di parziale incostituzionalità sulla legge che al momento lo regola e quindi se non avesse legiferato in fretta il pronunciamento della Consulta avrebbe comportato la scarcerazione di diverse persone con ergastolo per mafia e stragi.

Ci sarebbe anche il capitolo sottosegretari, ma magari ne parliamo domani.

UCRAINA, NUOVO STOP AL GRANO

Va bene, facciamo anche un aggiornamento sull’Ucraina. La principale notizia di questi giorni è che c’è stato un nuovo stop al grano da parte della Russia. Non so se vi ricordate, ma nei primi mesi di guerra uno dei principali problemi era costituito proprio dal fatto che l’esercito ucraino aveva minato i porti per evitare attacchi navali da parte della Russia, cosa che però rendeva impossibile anche l’uscita delle navi container ucraine che esportavano il grano. E l’Ucraina rappresenta da sola il 10% degli scambi mondiali di grano. 

Grazie alla mediazione del Presidente turco Erdogan si era trovato un accordo il primo agosto per la creazione di un corridoio del grano e l’esportazione era ripresa. Poi però è successo che la flotta russa ha subito una serie di attacchi a Sebastopoli, cosa che a detta di Putin violerebbe l’accordo e quindi l’accordo è stato sospeso dalla Russia. Il che ha avuto come risultato immediato che il prezzo del grano è tornato a volare sui mercati delle materie prime. 

Questo potrebbe avere ripercussioni enormi dal punto di vista della sicurezza alimentare mondiale. Inoltre preoccupa, dalle nostre parti, l’atteggiamento sempre più disgregato e individualista con cui i paesi europei stanno affrontando la situazione, crisi dopo crisi. Dopo il mancato accordo sul tetto del gas, adesso è una visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz al leader cinese Xi Jinping a far discutere.

Scrive Giulia Belardelli su Huffington Post: “Giovedì (domani), quando la premier Giorgia Meloni farà il suo debutto a Bruxelles, il cancelliere tedesco Olaf Scholz partirà alla volta di Pechino: la sua sarà una visita unilaterale, criticata dal presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, come “un segno di egoismo e ingenuità”. Il paradosso è che Scholz potrebbe sentirsi accolto con maggiore calore dal leader cinese Xi Jinping, piuttosto che dal presidente francese Emmanuel Macron: l’incontro della settimana scorsa a Parigi è stato così deludente da consigliare la cancellazione della conferenza stampa congiunta”.

Questo collasso dell’Unione europea è forse uno dei segnali più preoccupanti al momento. Non è ancora una situazione irreversibile, ma c’è il rischio che l’Unione ne venga travolta.

BOLSONARO NON RICONOSCE LA SCONFITTA, MA ACCETTA LA TRANSIZIONE

In Brasile, ieri in tarda serata Bolsonaro ha rilasciato le sue prime dichiarazioni a più di 48 ore dalla sconfitta elettorale. Non ha ufficialmente riconosciuto la sconfitta – come sarebbe consuetudine – ma ha autorizzato la transizione verso un nuovo governo dichiarando: “Continuerò a seguire la Costituzione. Il nostro sogno continua, più vivo che mai”.

Il che è stato comunque letto come un segnale distensivo, dopo che nelle ore precedenti si stava scatenando il caos. Il silenzio che aveva preceduto questa dichiarazione, scriveva Huffington Post, non ha fatto altro che far ribollire social e piattaforme di messaggistica, dove si sono moltiplicate le denunce di presunti complotti ai danni del capo dello Stato e gli appelli a reagire da parte dei suoi sostenitori. 

Sospetti di brogli sono stati lanciati anche da Steve Bannon, l’ideologo dell’estrema destra sovranista internazionale. “Non è possibile che il risultato delle urne elettroniche sia corretto, è necessario controllarle una per una, anche se ci volessero sei mesi. In questo periodo il presidente (Bolsonaro) non dovrebbe accettare di lasciare” il governo, ha dichiarato l’ex stratega di Donald Trump secondo l’agenzia brasiliana Folhapress. 

Nel frattempo si segnalavano blocchi lungo le autostrada da parte dei camionisti fedeli al presidente uscente Bolsonaro in almeno 11 Stati del Brasile per contestare il risultato elettorale. Secondo un rapporto diffuso lunedì mattina dalla Polizia stradale federale, c’erano almeno 70 blocchi stradali in vari stati, con i camionisti che hanno usato i tir per bloccare le corsie e, in alcuni casi, sono stati anche bruciati degli pneumatici.  La Corte brasiliana ieri ha deliberato la rimozione di questi cortei. E gli ex ministri sostengono che Bolsonaro sia pronto ad ammettere la sconfitta, normalizzando la situazione.

Restano comunque ore concitate, noi ovviamente continuiamo a seguire la cosa.

LE ELEZIONI IN ISRAELE

A proposito di elezioni, ieri ci sono state anche quelle in Israele e secondo i primi dati ha vinto la coalizione di Benjamin Netanyahu, che quindi potrebbe tornare ala guida del paese e diventare il leader israeliano più longevo di sempre. Si registra anche un vero e proprio boom della destra sionista: scrive Ansa: “Il voto segna anche il boom del Sionismo religioso di Itamar Ben Gvir, il radicale di destra anti-arabo dalle venature razziste che vuole annettere l’intera Cisgiordania senza concedere diritti ai palestinesi, che intende attenuare le regole di ingaggio per soldati e agenti e picconare la Corte Suprema, baluardo della costituzionalità israeliana”.

Si prospetta quindi, se i primi dati saranno confermati, il governo più a destra della storia del paese, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per i delicati rapporti nella regione eper la popolazione palestinese.

Intanto un dato certo c’è, ed è quello dell’affluenza, che in controtendenza rispetto a molte elezioni contemporanee è stata molto alta per gli standard del paese. La più alta degli ultimi 40 anni. Comunque, anche di questo argomento direi che ne parliamo meglio domani, con più dati alla mano.

SYNGENTA, IL DISERBANTE CAUSA IL PARKINSON MA L’AZIENDA HA SEMPRE NEGATO

Intanto, un articolo de L’Indipendente, che a sua volta riprende un’inchiesta del Guardian, svela come da una serie di documenti segreti emerga che la grande azienda svizzera Syngenta abbia cercato di nascondere per decenni il legame tra una sostanza chimica diserbante che ha prodotto e venduto nel mondo fin dagli anni ’50, il paraquat, e il morbo di Parkinson. 

In pratica la narrazione pubblica presentata da Syngenta nel corso dei decenni avrebbe nascosto e ostacolato le ricerche sul rapporto tra il paraquat e la malattia neurodegenerativa. Scrive Sara Tonini su L’Indipendente: “Per anni Syngenta ha dichiarato ripetutamente ai clienti e alle autorità di regolamentazione che le indagini non dimostravano un collegamento tra il suo diserbante e la sindrome. Ma i documenti dimostrano altro: le carte indicano che l’azienda ha cercato di proteggere in ogni modo le vendite del prodotto, confutando le ricerche scientifiche esterne, influenzando le autorità di regolamentazione e sminuendo la validità dei risultati degli esami riportati da esperti indipendenti. Syngenta, per citare un episodio, avrebbe cercato di impedire a uno scienziato molto stimato di far parte di un comitato dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) degli Stati Uniti, il principale ente normativo statunitense per i pesticidi”.

Insomma dalle carte mostrate dal Guardian emerge chiaramente che in tanti sapevano dentro l’azienda, e tra l’altro in tanti sapevano anche dentro un’altra azienda, Chevron, che era responsabile della distribuzione. 

Nei file segreti vengono anche descritte accuratamente le modalità per far approvare la sostanza chimica a livello normativo, considerando questo “il modo migliore per influenzare il mondo accademico, gli ambienti normativi e le ONG”. Un documento di “strategia normativa” di Syngenta del 2003 fa riferimento al paraquat come a un “prodotto ‘blockbuster’” che deve essere difeso “vigorosamente” per proteggere oltre 400 milioni di dollari di vendite annuali previste a livello globale. 

Ancora oggi il paraquat è una delle sostanze chimiche diserbanti più utilizzate al mondo, ed è impiegato in agricoltura per controllare le erbacce prima di piantare le colture e per essiccare i raccolti. Viene utilizzato su circa 15 milioni di acri di terreni agricoli statunitensi e i dati del governo americano mostrano che il suo utilizzo nel Paese è più che triplicato tra il 1992 e il 2018. Nel resto del mondo, Syngenta vende attualmente prodotti a base di paraquat in più di venti Stati, dall’Australia all’Uruguay. L’Unione Europea ne ha vietato il suo utilizzo nel 2007, dopo che un tribunale ha stabilito che le autorità di regolamentazione non hanno valutato a fondo i problemi di sicurezza. La sostanza chimica è stata vietata in Svizzera, Paese di origine di Syngenta, nel 1989 e cinque anni fa anche in Cina, sede di ChemChina, che ha acquistato Syngenta.

FONTI E ARTICOLI

#governo
Rai News – Restano le mascherine negli ospedali, stop all’obbligo vaccinale per medici e infermieri https://www.rainews.it/maratona/2022/10/governo-oggi-il-consiglio-ministri-sul-tavolo-bollette-giustizia-e-covid-105d789e-78f3-46bd-b273-8dc24ea43378.html
Ansa – Covid, per Sebastiani (Cnr) lo stop al bollettino giornaliero una ‘scelta errata’
Fanpage – La legge anti rave mette nel mirino del governo Meloni centri sociali e studenti
Domani – Via libera al decreto legge sull’ergastolo ostativo. Ma l’ultima parola spetta comunque alla Consulta
TGCom 24 – Covid, il Mef sospende le multe per i non vaccinati | Ma i medici ospedalieri chiedono di non abbassare la guardia

#Ucraina #grano
La Repubblica – Grano, balzo dei prezzi dopo lo stop della Russia all’accordo. Il mondo rischia una nuova crisi alimentare
Huffington Post – La war fatigue europea sul tavolo di Putin

#Brasile
Huffington Post – Il silenzio di Bolsonaro. Non riconosce la vittoria di Lula, fermento sui social e in strada

#Israele
Ansa – In Israele torna Netanyahu, boom dell’ultradestra

#Messico
pressenza – Messico, López Obrador firma decreto per restituire le terre ai popoli Yaqui

#diserbanti
L’Indipendente – Il diserbante Sygenta provoca il Parkinson, l’azienda produttrice lo sa dagli anni ’50

#Oumaouma
Focus – Spazio Ricordate Oumuamua? Molte domande sono ancora senza risposta

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