9 Giu 2022

Guida pratica ai referendum sulla giustizia – #537

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Domenica si vota per i referendum sulla giustizia promossi dalla Lega e dai Radicali. Eppure quasi nessuno ne parla e ancora meno sembrano sapere di cosa si tratti realmente. E allora ecco una piccola guida per capire cosa si va a votare e provare a rendere un po’ più informato e democratico uno strumento, quello del referendum, che a differenza dei luoghi comuni non lo è poi così tanto.

Allora, come saprete ci sono i referendum e in diversi comuni anche le elezioni amministrative questo weekend. E se ne sta parlando pochissimo, soprattutto dei primi. E allora vediamoli e cerchiamo di capirci qualcosa.

REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA

Si tratta di cinque quesiti referendari sulla giustizia promossi (poco) dalla strana coppia Lega-Radicali. Alcuni hanno a che fare con l’ordinamento giudiziario e con temi che sono al centro della discussione da parecchio tempo, due riguardano invece profili specifici in materia di processo penale e di contrasto alla corruzione. Lega e Radicali avevano proposto un sesto referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, che però come quelli sull’eutanasia attiva e sulla cannabis è stato giudicato inammissibile dalla Corte Costituzionale. Iniziamo analizzando uno per uno i cinque quesiti referendari, e poi passiamo a capirne il significato politico. 

Il referendum numero uno (la scheda di colore rosso) riguarda la cancellazione della cosiddetta Legge Severino, altrimenti nota come “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi”. Poi dici perché la chiamano legge Severino.

Che sarebbe? Legge Severino è la legge approvata nel 2012 che esclude dalle elezioni e dagli incarichi in politica le persone condannate. Attualmente in caso di condanna è prevista l’interdizione dai pubblici uffici, vuol dire che non ci si può candidare, né essere letti, e se si è già parlamentari, rappresentanti di Governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, la carica decade automaticamente. Il referendum di cancella questo automatismo e di restituire ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici uffici.

I promotori del referendum sostengono che i meccanismi del decreto Severino siano non solo inefficaci, ma anche dannosi per le persone coinvolte: dicono, nello specifico, che la decadenza automatica di sindaci e amministratori locali condannati ha creato finora «vuoti di potere» e ha portato alla sospensione temporanea dai pubblici uffici di innocenti poi reintegrati al loro posto.

Chi si oppone all’abrogazione sostiene invece che le motivazioni con cui questo quesito referendario viene presentato si concentrano molto sulla necessità di evitare la sospensione automatica di sindaci e amministratori locali condannati con sentenza non definitiva, mentre il quesito non riguarda l’abolizione di questi singoli aspetti, ma l’abrogazione integrale del decreto Severino, che rappresenta uno dei più ampi interventi normativi di contrasto alla corruzione degli ultimi anni.

Il referendum numero due (scheda di colore arancione) è invece sulla limitazione delle misure cautelari e chiede di eliminare la norma sulla “reiterazione del reato” dall’insieme delle motivazioni per cui i giudici possono decidere la custodia in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini, quindi prima del processo. Le misure cautelari sono quelle per l’appunto che vengono prese prima del processo (del tipo, se c’è un potenziale serial killer a piede libero, prima di essere certi al 100% che sia stato lui intanto lo teniamo in carcere). 

Una delle motivazioni per cui il giudice può predisporre la custodia cautelare in carcere è il pericolo della reiterazione, ovvero della ripetizione, del reato. Ti metto in carcere in attesa del processo perché se resti fuori è probabile che tu continui a fare lo stesso reato. Ecco il referendum propone di eliminare questa motivazione. L’arresto preventivo rimarrebbe comunque possibile nei seguenti casi: pericolo di fuga, inquinamento delle prove e rischio di commettere reati di particolare gravità, con armi o altri mezzi violenti. Il referendum punta quindi a mantenere il carcere cautelativo solo per chi commette i reati più gravi.

I promotori sostengono che la custodia cautelare, da strumento di emergenza, si sia trasformato in una pratica abusata e che l’attuale norma, nella pratica, giustifichi quasi in automatico forme di restrizione della libertà anche in casi in cui l’imputato non è effettivamente pericoloso.

Chi è contrario alla modifica invece fa notare che l’articolo 274 stabilisce già dei limiti (almeno teorici) all’applicazione delle misure cautelari: il codice, così com’è oggi, specifica che in caso di pericolo di reiterazione la custodia cautelare può essere disposta solo se si tratta di delitti che prevedano una reclusione non inferiore a quattro anni o di almeno cinque anni per la custodia cautelare in carcere.

Il referendum numero tre (scheda di colore giallo) è sulla separazione delle funzioni dei magistrati. Chiede l’abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati.

Con questo quesito si vuole introdurre nel sistema giudiziario italiano la separazione delle carriere: i magistrati dovranno scegliere dall’inizio della carriera se assumere il ruolo di giudice nel processo (funzione giudicante) o quello di pubblico ministero (funzione requirente, colui che coordina le indagini e sostiene la parte accusatoria) per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale. Oggi si può passare più volte dal ruolo di giudice a quello di pm e viceversa.

La motivazione dei promotori è creare un sistema più indipendente e con meno commistioni, mentre chi è contrario sostiene che è una faccenda troppo complessa per essere affrontata da un referendum abrogativo e che si rischia di creare una cultura dell’accusa e una del giudizio come due cose separate.

Il referendum numero 4 (scheda di colore grigio) è sulla partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Qui la questione è abbastanza complicata. In pratica al momento c’è un sistema di valutazione dei magistrati, come se fossero delle pagelle a scuola. A valutare l’operato dei magistrati è il Csm, che che decide sulla base di valutazioni fatte anche dai Consigli giudiziari, che sono delle organizzazioni territoriali di cui fanno parte alcuni componenti appartenenti alla magistratura assieme a rappresentanti dell’Università e dell’Avvocatura. Ora votano solo i membri della magistratura sull’operato dei magistrati, il quesito chiede di estendere questo voto di valutazione anche agli avvocati e ai professori universitari, i cosiddetti “consiglieri ‘laici’”.

L’obiettivo dei proponenti è rendere più oggettivi e meno autoreferenziali i giudizi sull’operato dei magistrati. Chi è contrario a questo cambiamento sostiene che non sia opportuno affidare un ruolo attivo agli avvocati nel redigere pareri sui magistrati di cui, all’interno dei processi, rappresentano la controparte. Il rischio sarebbe quello di valutazioni preconcette o ostili. 

Il quinto e ultimo quesito (scheda di colore verde) chiede una modifica nel modo in cui viene eletto il Csm. Praticamente oggi per essere eletto all’interno del Csm un magistrato deve raccogliere da 25 a 50 firme. Questo però ha generato un sistema spesso doi “correnti”, finite nel mirino delle polemiche dopo il caso Palamara per le nomine ai vertici delle Procure, caso che ha mostrato come sia relativamente semplice pilotare le nomine. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del Csm presentando semplicemente la propria candidatura.

L’obiettivo dei promotori è ridurre al minimo la creazione di queste correnti, mentre chi si oppone sostiene che il referendum manca il bersaglio e che le correnti, anche con un altro nome, si riproporrebbero comunque. 

Questo è quanto, niente di più, niente di meno. Ora, tre cose da appuntare. La prima è che questi referendum, depositati mesi fa, sono stati un po’ abbandonati a sé stessi soprattutto dalla Lega, vuoi per il sopraggiungere di novità come la guerra in Ucraina, sia per alcuni cambiamenti nel contesto, e i sondaggi dicono che è quasi impossibile che raggiungeranno il quorum e che comunque quasi sicuramente vincerebbe il NO.

La seconda, che è uno dei motivi forse per cui la Lega sembra aver mollato il colpo, è che in alcuni aspetti i quesiti si vanno a sovrapporre con la riforma della giustizia della ministra Cantabria che deve ancora essere votata al Senato: in particolare sono quelli che riguardano le modalità di elezione dei membri togati del Csm, le modalità di valutazione della professionalità dei magistrati e la separazione delle funzioni. Il che rende tutto ulteriormente complicato.

La terza considerazione è che, probabilmente, se avete iniziato questo video senza avere idea di cosa votare, sarete rimasti dello stesso avviso. Questo perché costruirsi un’opinione sensata su temi così complessi richiederebbe settimane o mesi di studio. Più diventa complessa o tecnica la questione, più lo strumento del referendum come lo conosciamo perde di senso. È come se facessimo un referendum su come si tira su un grattacielo. Non ha molto senso. 

Il fatto di poter esprimere un voto a testa non significa automaticamente maggiore democrazia né ci aiuta a prendere decisioni migliori, a meno che il voto non sia preceduto da un lungo processo di informazione e consapevolizzazione delle persone. Cosa che puntualmente non avviene. Quello che avviene in genere è: o ci si scanna, o non se ne parla. Perciò fate un po’ come vi pare nel weekend, ma tenete a mente che questa cosa qua non funziona e qualsiasi cosa ne emerga ha un valore molto limitato. Se siete curiosi di come si potrebbe gestire diversamente la cosa vi metto un po’ di materiale.

FONTI E ARTICOLI

#referendum
Dire – Referendum 12 giugno, la guida: per cosa si vota e la spiegazione dei cinque quesiti
Il Sole 24 ore – Amministrative e referendum: schede, quesiti e preferenze, la guida al voto
Huffington Post – Perché voterò cinque Sì al referendum del 12 giugno
il Post – I referendum sulla giustizia, spiegati
Internazionale – Il caso Palamara e lo scandalo delle nomine al Csm
Italia che Cambia – Perché la democrazia non funziona più (e quali alternative abbiamo) – Io Non Mi Rassegno #68

#Cooperativa Italia che Cambia
Italia che Cambia – Emozioni a caldo: abbiamo creato la cooperativa di Italia Che Cambia

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