13 Apr 2022

Hong Kong, la Cina approfitta della pandemia per aumentare il controllo? – #500

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Che cosa sta succedendo a Hong Kong e Taiwan? Come hanno vissuto la pandemia prima e la crisi Ucraina poi i due territori indipendenti che, per ragioni diverse, la Cina vuole riannettere? In questa prima parte di questa puntata speciale analizziamo la situazione di Hong Kong, dove la pandemia sembra aver aiutato il governo cinese a stringere il proprio abbraccio sull’ex colonia britannica. In quella successiva andremo a scoprire la situazione di Taiwan.

Oggi facciamo cinquecento puntate, quindi, come prima cosa, celebriamo! 

E quale miglior modo per festeggiare di fare una puntata speciale – in realtà divisa in due parti – dedicata a Hong Kong e Taiwan? No? Dite che non c’entra nulla? È vero, però dovevo pur trovare un gancio. Comunque visto che è un po’ di tempo che ogni tanto Daniel Tarozzi, direttore responsabile di Italia che Cambia, mi chiede di approfondire la questione, in occasione del mezzo migliaio di puntate lo esaudisco. Dai, già così ha più senso.

TAIWAN E HONG KONG, DUE PUNTI CALDI

Taiwan e Hong Kong sono i due punti caldi della politica estera cinese sul piano geopolitico, e in questa situazione già delicata sono diventate due situazioni da osservare con attenzione ancora maggiore. Metteteci anche che nelle ultime settimane stanno succedendo diverse cose da quelle parti, ed ecco che la puntata speciale ci esce facile facile.

A Hong Kong sembra che il governo cinese abbia approfittato e stia approfittando della pandemia per stringere ancora di più il proprio controllo sull’isola. A Taiwan invece per la prima volta, l’esercito ha pubblicato oggi un manuale destinato ai civili per insegnare loro come comportarsi in caso di invasione dell’isola da parte della Cina. Il che fa presupporre che sull’isola la minaccia di un’invasione cinese a breve sia percepita come molto realistica. 

Comunque, prima di addentrarci nei fatti di attualità, serve come al solito fare qualche passetto indietro per capire come ci siamo arrivati, fin qui. Anche se possono apparire due situazioni simili, Hong Kong e Taiwan hanno due storie molto diverse e anche la Cina si rapporta in maniera diversa con queste due realtà.

Visto che fra storia e fatti di attualità la questione è un po’ lunghetta, oggi parliamo di Hong Kong e domani – o nei prossimi giorni – se dovessero succedere cose importanti e impreviste – facciamo un approfondimento su Taiwan. 

HONG KONG, LA STORIA

Hong Kong è questo territorio che sorge sulla costa orientale-meridionale cinese, con cui si intende quella che un tempo era l’area coloniale britannica, e include quindi l’Isola di Hong Kong e la penisola retrostante. Con 7,5 milioni di abitanti ammassati su una superficie di mille kmq è uno dei luoghi più densamente abitati del mondo. È un’ex colonia britannica, nonché centro commerciale e finanziario internazionale, che la Cina sta cercando di reintegrare al 100%, ma a Hong Kong non sembrano essere così d’accordo.

La storia di Hong Kong è all’incirca la seguente. Dopo le cosiddette guerre dell’oppio, che sono due conflitti che si svolsero attorno alla metà dell’Ottocento fra l’Impero cinese sotto la dinastia Qing e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, vinte da quest’ultimo, Hong Kong e la penisola circostante divennero una colonia britannica. Solo che per quel che riguarda alcuni pezzetti di questa colonia, c’era un accordo che prevedeva una sorta di comodato d’uso britannico per 99 anni, dal 1898 al 1997. Dopodiché questi territori sarebbero tornati cinesi.

Perciò con l’avvicinarsi della scadenza, sul finire del secolo scorso Gran Bretagna e Cina hanno iniziato a fare trattative per capire come sarebbe avvenuto quel passaggio e si è deciso che tutta la colonia avrebbe si sarebbe nel tempo ricongiunta alla Cina, previa un periodo di transizione della durata di 50 anni, che scadrà nel 2047.

Fino ad allora il territorio viene considerato una provincia autonoma cinese, e vige quanto deciso nel primo Accordo Bilaterale Uk-Cina firmato a Pechino nel 1984, in cui la Cina promise che, sotto la formula di “un Paese due sistemi”, il sistema economico socialista cinese non sarebbe stato applicato ad Hong Kong fino al 2047, ma la Cina si sarebbe occupata della politica estera e della difesa del territorio.

Solo che nel frattempo Hong Kong, godendo di un legame privilegiato con gli Stati Uniti e l’occidente ma avendo la Cina accanto è diventato un centro commerciale e finanziario di rilevanza mondiale, ed è successo anche che le persone si sono abituate alla democrazia rappresentativa, che (per quanto io – lo sapete – sia molto critico nei suoi confronti) è comunque molto meglio, perlomeno dal punto di vista dei diritti individuali, dei sistemi autoritari. 

E oggi che la Cina ha iniziato a stringere il cappio del proprio controllo sul territorio, comprensibilmente dal suo punto di vista di potenza mondiale, meno da quello di Hong Kong, la situazione per gli abitanti di Hong Kong si è fatta pesante. Nel 2020, anche in risposta alle grandi manifestazioni contro le ingerenze cinesi del 2019, è stata approvata la cosiddetta Legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, che è una legge imposta dal governo cinese che vieta e criminalizza qualsiasi atto di secessione, sedizione e sovversione contro il Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, e presunta cospirazione in collusione con entità straniere, da parte di Hong Kong. 

Nella pratica ha reso impossibile lo svolgersi di elezioni libere e democratiche del parlamento di Hong Kong, visto che molti candidati non hanno potuto presentarsi perché considerati non in linea, e altri sono stati persino arrestati. Ci sono state proteste da parte degli studenti, molti giornali sono stati fatti chiudere. Ma fin qui niente è sembrato frenare la volontà del governo cinese, che anzi ha aumentato via via il controllo sociale anche attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate di sorveglianza come telecamere a riconoscimento facciale che permettevano di riconoscere i manifestanti e in seguito multarli o persino incarcerarli.

LA GESTIONE DELLA PANDEMIA

Le ultime novità ci dicono che l’arrivo della pandemia potrebbe aver segnato un ulteriore aumento del controllo cinese sulla penisola. Riporta l’Hong Kong Free Press, uno dei pochi giornali liberi rimasti dopo che a dicembre scorso la polizia  ha fatto chiudere Stand News, un altro giornale, e arrestato sette persone con l’accusa di sedizione sempre in virtù della legge di sicurezza nazionale, che in particolare con la variante Omicron. Stranamente – e in controtendenza rispetto al resto del mondo – a Hong Kong a febbraio c’è stata una delle peggiori ondate di Covid dall’inizio della pandemia e alla fine di febbraio, Hong Kong ha approvato un’ordinanza di emergenza in modo che la città potesse “attingere al sostegno [della] terraferma” e “intraprendere progetti chiave anti-epidemia a tutta velocità”.

Questo ha spalancato le porte ai medici e infermieri provenienti dalla Cina continentale, ma anche al sistema di gestione della pandemia cinese. In base alle leggi di emergenza, il personale medico è stato in grado di bypassare gli esami di licenza e le procedure di registrazione normalmente richieste per il personale che non è addestrato localmente. Allo stesso modo i computer per la registrazione delle informazioni sui pazienti sono stati cambiati dall’inglese al cinese per accoglierli.

Ma questo è il meno. La città ha distribuito kit di test rapidi, mascherine e un farmaco tradizionale cinese alle famiglie, che pare essere stato pubblicizzato con affermazioni non supportate. 

Inoltre sono stati costruiti a tempi record un ospedale Covid-19 più altre cinque strutture di isolamento per pazienti con sintomi lievi o assenti, visto che La Cina e Hong Kong sono tra i pochissimi posti al mondo che ancora isolano in strutture dedicate anche i pazienti di Covid che sono più o meno asintomatici o in condizioni stabili.

Normalmente a Hong Kong si indicono bandi pubblici quando si costruiscono strutture come ospedali. Questa volta tutte le strutture costruite con l’aiuto della terraferma sono state consegnate alla Chinese State Construction Engineering, una società statale. E alla cerimonia di apertura della struttura più recente gli alti funzionari di Hong Kong sono rimasti sull’attenti mentre un video di operai edili, ritratti come eroi che lavorano fino allo sfinimento, girava davanti a loro. E una canzone in mandarino suonava in sottofondo.

Insomma, il modo in cui Covid è stato gestito dalle autorità di Hong Kong ha dimostrato che il concetto “un paese, due sistemi” è praticamente già scomparso, la Cina ha colto la palla al balzo per stringere il suo abbraccio verso la provincia “non più tanto” autonoma e non sembra intenzionata a farsi indietro una volta terminata l’emergenza. 

Ecco, questa è all’incirca la situazione attuale, su cui di tanto in tanto tornerò ad aggiornarvi. Se la puntata vi è piaciuta non perdetevi, nei prossimi giorni, la seconda parte dedicata a Taiwan, che ha una storia ancora più particolare e che in questo momento si regge su un equilibrio ancor più delicato.

FONTI E ARTICOLI

#pandemia
The Guardian – How Covid helped China tighten its hold on Hong Kong

#legge sulla sicurezza nazionale
CeSI – LA SITUAZIONE DI HONG KONG A UN ANNO DALL’IMPLEMENTAZIONE DELLA LEGGE SULLA SICUREZZA NAZIONALE

#stampa
HKFP – Veteran Hong Kong journalist Allan Au released on bail following arrest over alleged sedition

#storia
Scopri Hong Kong – Storia di Hong Kong

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