14 Feb 2023

Il flop delle elezioni regionali – Io Non Mi Rassegno Ep. 668

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La destra ha vinto, stravinto le elezioni regionali in Lazio e Lombardia. Oppure no? Forse, per l’ennesima volta, le elezioni le ha vinte il pluripremiato partito degli astenuti? Parliamo anche degli strani oggetti abbattuti nei cieli di Stati Uniti e Canada, del primo calciatore in attività a dichiararsi gay e infine di Alfredo Cospito che ha parzialmente interrotto lo sciopero della fame.

Si è votato in Lazio e Lombardia per rinnovare il consiglio regionale ed eleggere il nuovo o la nuova presidente della Regione. Vediamo intanto i risultati. In entrambe le regioni hanno vinto i due candidati di destra, entrambi al primo turno. In Lombardia è stato riconfermato il governatore leghista Attilio Fontana, mentre nel Lazio ha vinto Francesco Rocca di Fratelli d’Italia. Entrambi hanno preso circa il 52% delle preferenze, in entrambi i casi sono arrivati secondi i candidati di centrosinistra all’incirca con il 30-35% dei voti.

Per quanto riguarda i singoli partiti, è Fratelli d’Italia, il partito della premier Giorgia Meloni, a risultare primo partito in entrambe le Regioni. Questo, se era ampiamente prevedibile nel lazio, potrebbe invece causare qualche mal di pancia interno alla maggioranza nel caso della Lombardia, dove la Lega aveva quasi il 30% nel 2018, e FdI il 3%, mentre oggi FdI ha il 26% e la Lega solo il 16%. Cosa questo dato significhi e quali ricadute avrà, lo scopriremo nei prossimi giorni e settimane.

Diversi giornali, fra cui Repubblica, fanno notare comunque che il problema principale per la premier al momento non è tanto i rapporti di forza interni dovuti al consenso politico, né tantomeno la pericolosità dell’opposizione, ma il difficile equilibrio interno alla maggioranza sulla questione ucraina, con le ultime dichiarazioni di Berlusconi che hanno messo in imbarazzo la credibilità di meloni come partner filoatlantista per la Nato. 

Tornando alle elezioni, nonostante questa vittoria apparentemente netta della destra, il dato che più balza all’occhio è quello che ogni volta ci troviamo a commentare, negli ultimi anni. L’affluenza. Queste elezioni regionali hanno infatti segnato un nuovo crollo dell’affluenza. Crollo, attenzione, non calo. L’affluenza è di poco sopra al 40%, con differenze trascurabili fra le due regioni. A Roma addirittura ha votato appena il 33,11%, meno di un elettore su 3. 

Sul fatto che sia un dato bassissimo, c’è poco da dire. Quanto bassissimo è difficile da stabilire perché è la prima volta dal 2010 che ci sono delle elezioni regionali in queste due regioni da sole, non accorpate alle politiche o a qualcos’altro. Nel 2018 aveva votato circa il 70% degli elettori nel Lazio il 74% in Lombardia, ma si votava assieme alle politiche. Nel 2010 la percentuale era stata di oltre il 60%, ma parliamo di 23 anni fa. 

Ad ogni modo, pur nella difficoltà di delineare un trend chiaro, possiamo dirci tranquillamente che non ha votato praticamente nessuno. Se come al solito facciamo i conti della serva, normalizzando le percentuali sulla popolazione reale, viene fuori che a votare i candidati vincitori sono stati circa 2 elettori su dieci. Pochissimi. Quindi, al netto del fatto che i politici di turno cantino vittoria, è lecito chiedersi: che legittimità ha questa vittoria? 

Metto alcuni elementi di riflessione sul piatto. Il primo fattore che penso possa aver influito è un fattore contingenziale. Come spiegavamo anche ieri queste elezioni arrivavano troppo vicine a quelle politiche nazionali per avere una valenza di banco di prova ad esempio per la maggioranza. Perciò sono state raccontate meno, spinte meno, si è fatta meno campagna elettorale e la sensazione generale è che non fossero poi così importanti.

Questo ragionamento però dipende da un fatto: ovvero che spesso, almeno nella storia recente, le elezioni regionali sono state presentate non tanto come una competizione per governare un territorio ma come qualcosa da cui dipendessero equilibri nazionali. Tolto quel tipo di driver lì, cosa rimane? Ben poco a quanto pare. In questo senso, non credo che sia un caso che una percentuale così bassa arrivi dalle due regioni più popolose d’Italia, una con la Capitale politica e l’altra con quella economico finanziaria, quelle considerate più strategiche, dove pesano di più le logiche politiche nazionali e meno l’operato degli amministratori. 

Questa dinamica particolare, comunque, si inserisce in una o forse due parabole di declino molto più profonde: una è quella degli enti intermedi, come province e regioni, che non hanno quella immediatezza e concretezza dei comuni ma nemmeno quell’appeal della politica nazionale. L’altra – ne abbiamo parlato spesso – è la più generica crisi della democrazia rappresentativa elettiva, della politica partitica, concetti che fanno riferimento a un modello di società più solido e stabile che ad oggi non esiste più. 

Altri elementi li aggiunge Riccardo Bonacina, direttore del magazine Vita, in un editoriale: “Da qualunque parte lo si guardi si tratta di un crollo verticale, “il” dato politico che spero sarà al centro di ogni discussione politica nelle prossime ore. La classe politica invece di continuare a guardarsi l’ombelico (specie a sinistra) riparta dal non voto!”

E più avanti: “Quando le ristrettezze economiche personali e famigliari sono sovrastanti o l’esperienza pregressa alimenta sfiducia verso il ceto politico, la scelta della non partecipazione tende a diffondersi anche in un paese, come l’Italia, che aveva una tradizione partecipativa elevata. D’altra parte, il legame tra astensione e reddito pro capite si nota anche a livello europeo. Nei 27 paesi dell’Unione europea nelle elezioni europee del 2019, si vede come al crescere del reddito pro capite cali l’astensione e dunque aumenti il grado di partecipazione”.

Oltre alle riflessioni sul reddito, Bonacina si sofferma anche su quel senso di inutilità legato allo scegliere questo o quell’esponente che sta iniziando a dilagare in maniera trasversale alle classi sociali. E, aggiungo io, è un fenomeno che difficilmente si può attribuire solo al qualunquismo dell’elettorato, ma dipende molto proprio dalla qualità della nostra classe politica. 

Qui vedo già dietro l’angolo il rischio della risposta facile: se la colpa è della classe politica, cambiamola! Nei sistemi complessi difficilmente questa è una buona soluzione. Non dobbiamo guardare a una classe politica scadente come a un caso fortuito, ma come al risultato di un sistema che autoseleziona una classe politica scadente. Insomma, più che cambiare i singoli politici, dobbiamo cambiare il sistema. Il problema che vedo, al momento, è che mi pare che nessuno, all’interno ma nemmeno nelle aree limitrofe alla classe politica, sembri interessato a una riforma vera, basata sul senso, del sistema politico. 

Negli ultimi giorni sono uscite diverse notizie di tre oggetti volanti abbattuti nei cieli degli Usa e del Canada, ma su cosa siano – o meglio fossero – c’è ancora molto riserbo. Al punto che questo riserbo sta alimentando ipotesi strambe e speculazioni, non ultima quella (che però ad oggi sembra davvero improbabile) che si tratti di oggetti alieni. Cerchiamo di vederci più chiaro, partendo dai fatti di cui disponiamo. 

L’antecedente a questi fatti recenti è che ai primi di febbraio il Pentagono aveva individuato e poi abbattuto un pallone aerostatico cinese, sospettato di essere un sistema di spionaggio (ipotesi poi confermatasi vera dall’analisi del contenuto del pallone). Il fatto aveva creato una piccola crisi diplomatica fra Cina e Usa e secondo alcune analisi, come quella di Limes che commentammo ai tempi, la faccenda sarebbe stata usata e anche un po’ gonfiata ad arte da Washington come scusa per annullare il viaggio in Cina del segretario di Stato usa Mike Pence.

Fine della premessa. La novità è che a partire da allora sono stati individuati e abbattuti altri tre oggetti sopra gli spazi aerei di Stati Uniti e Canada tra venerdì e domenica, cosa che ha generato una certa preoccupazione e curiosità. Perché, fondamentalmente, non si sa che cosa siano, né a chi appartengano, né da dove provengano, né diverse altre cose.

Vediamo meglio di che oggetti stiamo parlando. “Venerdì – scrive il Post – era stato abbattuto un oggetto non identificato sul nord dell’Alaska, in una regione poco abitata; sabato ne è stato abbattuto un altro nella regione nordoccidentale dello Yukon, in Canada, in un’operazione congiunta tra americani e canadesi; e infine domenica un altro sul lago Huron, tra Canada e Stati Uniti”.

“Il primo abbattuto sull’Alaska venerdì è stato descritto da John Kirby, portavoce della Casa Bianca, come «molto, molto più piccolo del pallone che abbiamo abbattuto, circa delle dimensioni di una piccola automobile». L’oggetto abbattuto sullo Yukon sabato era cilindrico, e anche questo molto più piccolo del pallone spia. Infine, l’oggetto abbattuto sul lago Huron domenica era ottagonale con delle corde attaccate alla struttura, secondo funzionari americani”.

“Non è del tutto chiaro a cosa servissero questi tre oggetti, ma si ritiene che non costituissero un pericolo immediato, anche se l’ultimo abbattuto sul lago Huron si era avvicinato a basi militari sensibili nello stato del Montana (ma non ci sono prove di una correlazione). La ragione primaria per l’abbattimento è che volavano a una quota relativamente bassa, che avrebbe potuto mettere in pericolo l’aviazione civile”. 

Seguendo le ricostruzioni dei vari giornali, emergono due piste che gli investigatori stanno seguendo. Sull’origine di questi oggetti, l’ipotesi principale è che fossero sistemi di spionaggio, inviati dalla Cina o da altri paesi. Che magari non servono solo a recuperare informazioni ma anche a testare la prontezza delle difese aeree americane e valutare quanto tempo ci impiegano a individuarli e abbatterli, nonché capire come li abbattono.

La seconda ipotesi riguarda invece non tanto l’origine, ma la frequenza con cui stanno venendo individuati. Ecco, questa maggiore frequenza potrebbe non indicare per forza che c’è una sorta di attacco, o che ci sono più oggetti nei cieli, ma che dopo l’individuazione del pallone spia cinese i sistemi radar e di difesa aerea statunitensi siano stati ricalibrati per individuare oggetti dello stesso tipo, cioè velivoli che si muovono lentamente ad alta quota, o che comunque gli esperti addetti ai radar siano diventati più attenti alla loro presenza.

Tuttavia ci sono diversi elementi da chiarire in questa vicenda. Da come le autorità statunitensi ne hanno parlato si intuisce che non sono palloni aerostatici, ma non sono nemmeno dei droni. Cosa sono? Non si capisce. E apparentemente non lo capiscono nemmeno gli esperti americani. Al punto che il generale Glen VanHerck, incaricato di salvaguardare lo spazio aereo statunitense, ha dichiarato che l’esercito non è stato in grado di identificare cosa fossero i tre oggetti più recenti, come fossero rimasti in volo o da dove provenissero. “Alla domanda se avesse escluso la presenza di extraterrestri, VanHerck ha risposto: “Lascerò che siano la comunità dei servizi segreti e quella del controspionaggio a scoprirlo. Non ho escluso nulla”.

In seguito le sue parole sono state ridimensionate, e parlando con i media numerosi funzionari hanno detto di poter tranquillamente escludere l’ipotesi di oggetti extraterrestri. Ad orgni modo, alieni o no, ci sono diversi aspetti da chiarire. 

Ultimo elemento interessante, in queste ore molti paesi stanno dicendo di aver monitorato oggetti di spionaggio nei cieli negli ultimi mesi. Taiwan e Giappone hanno detto di aver osservato palloni aerostatici cinesi sui propri cieli, così come lo stesso governo cinese ha annunciato che dall’inizio del 2022 ad oggi oltre dieci palloni aerostatici americani non autorizzati sono stati osservati nei cieli cinesi. 

Dagli alieni passiamo a qualcuno che forse, per diversi anni dev’essersi sentito un po’ alieno. Che incipit eh!? Mi riferisco a Jakub Jankto, uno dei primi calciatori professionisti (probabilmente il primo di un certo livello) a dichiararsi apertamente gay, in un mondo, quello del calcio, ancora pieno di tabù e pregiudizi sull’omosessualità.

Scrive la redazione di Rivista Undici: “Con un post sul suo canale Instagram, Jakub Jankto ha fatto la storia del calcio europeo e mondiale: da oggi l’ex centrocampista di Udinese e Sampdoria – attualmente allo Sparta Praga, anche se il suo cartellino appartiene al Getafe – è il primo giocatore professionista a fare coming out nel Vecchio Continente mentre è ancora in attività dai tempi di Justin Fashanu, attaccante inglese che all’inizio degli anni Novanta rivelò pubblicamente di essere gay. Jankto ha 27 anni, conta 45 presenze nella Nazionale della Repubblica Ceca e ha deciso di dichiarare la propria omosessualità attraverso un video e una caption.

Questo è il testo pubblicato dal giocatore sul suo profilo: «Ciao, sono Jakub Jankto. Come tutti gli altri: ho i miei punti di forza. Ho i miei punti deboli. Ho una famiglia. Ho degli amici. Ho un lavoro che svolgo al meglio da anni, con serietà, professionalità e passione. E, come tutti gli altri: voglio anche vivere la mia vita in libertà. Senza paure. Senza pregiudizio. Senza violenza. MA con amore. Sono omosessuale e non voglio più nascondermi».

Tanti auguri a Jakob, a cui sono particolarmente legato perché un tempo ce l’avevo al fantacalcio e mi dava grandi soddisfazioni.

Ultima notizia del giorno, c’è un’importante novità sul caso di Alfredo Cospito, l’anarchico attualmente ricoverato nell’ospedale San paolo di Milano per via dello sciopero della fame che ha iniziato quasi 4 mesi fa per protestare contro il regime di carcere duro 41bis che gli è stato sentenziato. 

La novità è che Cospito ha ricominciato a prendere gli integratori dopo aver letto il parere del sostituto procuratore generale della Cassazione, Piero Gaeta, con il quale chiede Cassazione stessa – che il 24 febbraio dovrà esprimersi sul carcere duro imposto all’anarchico –  di annullare il 41 bis con rinvio a nuovo esame. 

Come scrivono Viola Giannoli, Liana Milella su Repubblica “Cospito era in sciopero della fame da 117 giorni, rifiutando ogni forma di cibo. Beve acqua, talvolta con qualche cucchiano di zucchero o sale, una camomilla la sera, in precedenza qualche cucchiaino di miele, ma aveva smesso di prendere qualsiasi integratore. Ora, come gli avevano consigliato i medici di parte che lo hanno visitato, ha ripreso ad assumere anche il potassio, essenziale per provare a scongiurare aritmie cardiache comuni in un organismo debilitato (ha perso quasi 50 chili) e a digiuno da quasi quattro mesi”.

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