29 Set 2022

Il nucleare continua a non avere senso – #589

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Un nuovo studio inglese mostra i costi folli della dismissione delle centrali nucleari. Continua il ping pong di accuse fra Russia e Usa sull’attentato ai gasdotti Nord Stream 1 e 2. E che dire delle rivolte in Iran? Esistono altre versioni dei fatti? Intanto il dibattito pubblico sbarca a Milano, dove si discute del nuovo stadio di Inter e Milan, mentre la prima arbitro donna si appresta a calcare i campi di serie A. Tante notizie oggi, preparatevi, sarà una puntata un po‘ lunga.

QUANTO COSTA LA DISMISSIONE DI UNA CENTRALE NUCLEARE

La notizia in realtà è di qualche giorno fa, per l’esattezza del 23 settembre, ma visto che fra elezioni ed altro mi era passata un po’ sottotraccia, ne parliamo oggi. Il Guardian ha pubblicato un articolo dal titolo “L’operazione di pulizia delle scorie nucleari del Regno Unito potrebbe costare 260 miliardi di sterline”.

In pratica è uscita un’analisi realizzata da un gruppo di ricercaotri guidato da Stephen Thomas, professore di politica energetica presso l’Università di Greenwich, che fa una stima del costo dello smantellamento delle scorie nucleari del XX secolo nel Regno Unito. Ne emerge la cifra mostruosa di 260 miliardi di sterline. Circa il doppio di quanto stimato fin qui.

“Mentre il governo persegue l’energia nucleare con la promessa di una nuova generazione di reattori – si legge nell’articolo del Guardian a firma della corrispondente ambientale Sandra Laville – il costo della bonifica in sicurezza delle scorie delle precedenti generazioni di centrali è in aumento.

Il degrado delle strutture nucleari presenta problemi sempre più pericolosi e impegnativi. Secondo la Nuclear Decommissioning Authority, l’invecchiamento delle apparecchiature e dei sistemi elettrici di Sellafield, che ospita gran parte delle scorie nucleari del Paese ed è uno dei siti più pericolosi al mondo, sta facendo aumentare il rischio di incendi. Lo scorso ottobre una lampada difettosa ha innescato un incendio in un impianto di Sellafield che ha portato alla sua chiusura per diverse settimane”.

Oltre a Sellafield in Uk devono essere smantellate altre 11 centrali Magnox, costruite tra gli anni ’50 e ’70. Molti di questi siti devono essere smantellati in fretta perché non sono più sicuri e ogni anno che passa il rischio di incidenti aumenta. Questi tentativi di accelerare lo smantellamento aggravano i costi di almeno 34 miliardi di sterline. Insomma, dall’articolo si capisce chiaramente che i costi dello smantellamento sono del tutto insostenibili. 

Io ve lo dico qui, davvero senza essere di parte per partito preso, a ma piace cambiare idea, ma sulla fissione nucleare ci sono così tanti contro, dai tempi biblici di costruzione delle centrali, alla pericolosità della tecnologia soprattuto in questo scenario globale, al problema della dismissione delle scorie e dello smantellamento della centrale, che davvero il gioco non vale la candela.

Vi leggo un commento scritto da Cristiano Bottone del movimento delle Transition Toww, sulla pagina Facebook del Movimento, che mi pare riassuma benissimo i punti centrali. 

“Sul nucleare penso sia importante fare un ragionamento a monte: è una tecnologia inadatta a homo sapiens, una scimmia instabile, confusionaria e conflittuale che ha una vita troppo corta per gestire cose che in grado di produrre danni per secoli o millenni (dipende dal tipo di scoria e di materiale contaminato).

In un mondo di creaturine sagge, pacate, con alti livelli di stabilità e capacità di visioni di lungo respiro potremmo fare ragionamenti completamente diversi, ma noi non siamo così.

Questo ancora prima di fare un’analisi tecnica più precisa. Se poi fai quella le ragioni per non fare in nucleare sono talmente tante (tecniche, economiche e politiche) che al momento non c’è storia. Non abbiamo nemmeno le risorse per gestire in sicurezza le centrali esistenti figurati che bella idea sarebbe farne altre. Diverso sarebbe se si potesse passare alla fusione, che sembra ancora lontana anni luce. Non servono analisi complicate, basta un po’ di buon senso”.

NORD STREAM, LE NOVITA’ 

Ci sono un po’ di novità sul probabile attacco ai due gasdotti Nord Stream che portano il gas, o meglio lo portavano, dalla Russia all’Europa. La prima novità è che secondo i servizi di sicurezza tedeschi i tre tubi potrebbero anche risultare inutilizzabili per sempre. Non riparabili, in altre parole. Lo scrive Ansa riportando il quotidiano tedesco Tagesspiegel.

La seconda novità è che ancora non si riesce a capire chi ci sia dietro l’attacco, ma gli attori in gioco stanno prendendo la palla al balzo per attaccarsi a vicenda. La Russia è passata al contrattacco dopo le accuse di sabotaggio ricevute. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, citata dall’agenzia Tass, ha detto che “E’ stupido e assurdo” incolpare Mosca per le fughe di gas,  e che è il presidente americano Joe Biden a dover chiarire se vi siano gli Usa dietro gli incidenti avvenuti al Nord Stream dato che lo aveva preannunciato. Il riferimento è a un video che sta circolando molto nelle ultime ore in cui lo stesso Biden – parliamo di mesi fa – dice che se la Russia avesse attaccato l’Ucraina avrebbero fatto saltare il gasdotto Nord Stream. 

Ma quindi chi è stato? Per ora restano aperte tutte le piste ed è probabile che non lo sapremo, almeno nel breve. Questa incertezza mi induce a una riflessione, che riguarda uno dei concetti più difficili per chi fa informazione, il concetto di verità. Come stanno davvero le cose? Qual è la verità? E ancora, esiste UNA verità? Quante versioni, tutte a loro modo vere, possono esserci di uno stesso avvenimento? Probabilmente tante quanti sono gli osservatori. Al tempo stesso, facendo informazione, non possiamo nemmeno cavandocela con un “tutto è relativo” e “non esiste nessuna verità”. 

Io non so se esiste o meno un’unica verità, so solo che se anche esistesse sarebbe inconoscibile per noi Sapiens, che filtriamo tutto prima attraverso i nostri sensi, poi attraverso il nostro cervello pieno di bias. Ma penso che ci possa aiutare invece ragionare in termini di probabilità. Quanto è probabile che si sia verificato un fatto, e che sia andato in quel modo, in base alle informazioni di cui disponiamo al momento? 

Questo ci aiuta a fare un po’ di chiarezza mentale, penso. Ci sono temi, tipo il fatto che il cambiamento climatico sia di origine antropica, su cui abbiamo talmente tanti dati e studi per cui la probabilità è superiore al 99%, e allora possiamo quasi dire che ci avviciniamo alla verità. Su altri invece è tutto molto più oscuro. 

Quindi, nel caso dell’attentato a Nord Stream? Qui abbiamo talmente pochi dati che è difficile sbilanciarsi. Diciamo che la dinamica sembra mostrare che sia stato un attentato doloso. E la difficoltà di organizzare un’operazione del genere, sul fondale del mare (per quanto il Baltico sia poco profondo), con quantitativi enormi di esplosivo e dovendo conoscere perfettamente l’ubicazione del gasdotto (che non è pubblica) fa pensare che ci sia dietro un’organizzazione grossa, un governo, dei servizi segreti.

Ma dire di quale fazione è davvero impossibile, e non ha senso fare affidamento su ragionamenti lineari tipo “Putin poteva semplicemente chiudere i rubinetti, non aveva bisogno di farlo saltare” oppure “Biden lo aveva detto”. Perché in guerra uno degli obiettivi principali è anche confondere e destabilizzare il nemico, insinuare il dubbio, dividere gli alleati. Insomma, credo che qui siamo di fronte a una probabilità del 50 e 50.

UN ALTRO PUNTO DI VISTA SULLE RIVOLTE IN IRAN

Un altro esempio di come sia difficile parlare di “verità” quando siamo di fronte a scenari complicati e conflittuali sono i fatti di cui parlavamo ieri in Iran. Mi avete segnalato infatti un articolo di Avanti! che dà una lettura diversa di quello che sta accadendo. È un articolo molto schierato, e lo si capisce fin dal titolo: “I riots anglo-sionisti non piegano Teheran”, quindi da prendere con le pinze, ma al netto di questo mi pare contenga alcuni aspetti interessanti.

Intanto vi leggo alcuni pezzi e poi lo commentiamo. Il tema è quello delle grandi proteste che stanno scuotendo l’Iran in seguito alla presunta uccisione di una ragazza in stato di fermo, accusata di portare il velo non in maniera corretta. Se non sapete di cosa stia parlando e volete saperne di più, nella puntata di ieri di INMR ne abbiamo parlato a lungo.

Comunque, secondo la ricostruzione di Marco di Mauro, le cose non starebbero come vengono raccontate qui da noi. Innanzitutto ci sarebbe più di un sospetto che la ragazza sia morta per un ictus o un infarto nella stazione della polizia, e non in seguito a una colluttazione. Scrive il giornalista “Di solito, essere prelevati dai furgoncini biancoverdi non comporta troppi rischi, e si è liberi dopo qualche ora di attesa, un interrogatorio e una formazione sul corretto modo di vestire. Così non è stato per la Amini, entrata in coma il giorno stesso dopo essere collassata improvvisamente nella sala d’attesa del commissariato di Vozaran. Un infarto o un ictus, dunque, la versione ufficiale di Hussein Rahimi, capo della polizia di Teheran, fin da subito contestata da alcuni dei familiari di Mahsa e da testimoni che dicono alla BBC Iran di aver assistito a una colluttazione tra gli agenti della Pattuglia e la giovane che, resistendo all’arresto, avrebbe subito diversi traumi da contusione, tra cui uno fatale alla scatola cranica, e sarebbe stata portata in ospedale già in gravi condizioni, senza passare per alcun commissariato”. 

Dice il giornalista che una autopsia condotta da 3 medici diversi, oltre alla diffusione della cartella clinica della ragazza a cui era stato asportato un tumore all’età di otto anni e che quindi era costantemente in cura e sorvegliata, fanno pensare che l’ipotesi si una morte naturale non sia così assurda.

Altro aspetto sottolineato dall’articolo è che dopo un inizio tradizionale, le proteste hanno cambiato volto: “Non si tratta soltanto delle ragazzine che bruciano il proprio hijab in piazza, ma di orde di giovani che vandalizzano luoghi sacri all’islam, bruciano ritratti del generale Soleimani, aggrediscono le donne per strada forzandole a togliere il velo. E questo tratto ricorda un gruppo ben conosciuto in Iran, il gruppo d’opposizione Mojāhedin-e Khalq, una vera e propria organizzazione terroristica con sede in Albania e attiva nel paese già dalla rivoluzione islamica del 1979. 

A marzo di quest’anno lo storico e giornalista albanese Olsi Jazxhi ha dichiarato che il gruppo è finanziato e sostenuto da USA, Israele e Gran Bretagna. La sua attività consiste soprattutto in omicidi su commissione delle intelligence estere, e un reportage della NBC attribuisce a loro la lunga serie di omicidi di scienziati iraniani avvenuta negli ultimi anni. 

Poi il giornalista porta tutta una serie di esempi e teorie per cui sarebbe credibile che dietro alle manifestazioni ci sia proprio la regia di Stati Uniti e Israele, entrambi interessati a destabilizzare il paese che anche per via del suo programma nucleare preoccupa e non poco i due Paesi. “Non è la prima volta che l’asse anglo-sionista utilizza i curdi per attaccare Teheran, come era già avvenuto nel 2018, quando proteste molto simili – sia per luogo che per modalità – avevano provato a destabilizzare il paese e l’allora governo Rouhani aveva risposto con violenza, causando 28 morti e 450 arresti. Il premier aveva accusato il suo predecessore Mahmoud Ahmadinejad, ma indagini successive fecero venir fuori nuovamente lo zampino del MeK”. 

Ora, veniamo ai commenti. Il primo che mi sento di fare è che non sapevo che esistesse ancora l’Avanti! Sono sorpreso. Invece sull’articolo: non ho le competenze né una conoscenza abbastanza approfondita del paese per dirvi se è una lettura attendibile, e quanto lo sia. Ma la mia impressione è che il ragionamento sia piuttosto fazioso, ma in fin dei conti stia abbastanza in piedi. A parte verso la fine, quando l’articolo sbraca un po’ tirando in ballo i soliti noti delle teorie cospirazioniste: prima Soros, poi la Trilateral Commission, poi il Club Bilderberg. Ma al netto di questo la mia impressione è che almeno un pezzo del ragionamento sia sensato.

Ora, la domanda è: ammesso che ci siano (come è probabile) delle ingerenze da parte di alcune potenze estere nel sobillare le proteste e rendere instabile un paese considerato nemico, quanto incidono? E quanto incide invece la reale stanchezza della popolazione per un regime con diversi aspetti di fondamentalismo religioso?

Difficile a dirsi, difficile farlo senza essere lì, con gli occhi di un occidentale. Qui abbiamo due tensioni, che entrambe probabilmente contribuiscono alla situazione attuale, una di origine interna al paese, l’altra esterna. Come si mischiano? Quale prevale? la verità è che non lo so e credo che al momento nessuno lo sappia. Perciò mi fermo qui.

IL DIBATTITO PUBBLICO SUI NUOVI STADI DI MILANO

La prossima notizia la prendo dalla Gazzetta dello Sport. Sì proprio lei, il giornale più amato e letto dagli italiani.Forse lo saprete già, ma Inter e Milan si preparano ad abbandonare lo storico stadio di San Siro, il Giuseppe Meazza, per costruirne uno nuovo. Quindi che ci frega, direte voi? 

L’aspetto interessante della questione, per noi, è che oggi si avvia una serie di 13 incontri in poco più di un mese di dibattito pubblico sulla questione. Il dibattito pubblico è uno strumento di democrazia deliberativa molto diffuso soprattutto in Francia che serve a coinvolgere la cittadinanza nell’approvazione di interventi che hanno un impatto significativo su un determinato territorio. In pratica le due società hanno presentato un progetto di costruire un nuovo stadio e demolire il Meazza, facendo al suo posto un parco e un’area commerciale. Tuttavia c’è anche chi sostiene che sarebbe meglio ammodernare il Meazza invece di rifare tutto da capo.

Ora, al di là della questione in sé, che conosco troppo poco per darvi un’opinione, ci sono almeno 3 aspetti interessanti di questa vicenda.

  1. Si è scelto di coinvolgere i cittadini in una decisione che coinvolge il territorio, avviando un processo partecipato, che contribuisce a creare una certa densità culturale su questo genere di strumenti. E questo è un aspetto positivo.
  2. Ho un po’ la sensazione che, come spesso avviene per questo genere di grande opera, il dibattito pubblico sia un po’ la foglia di fico per indorare la pillola a decisioni già prese. E questo è un po’ meno positivo. Nel senso che dalle prime dichiarazioni che leggo proprio sull’articolo della Gazzetta mi pare che, ad esempio, l’idea di ristrutturare il vecchio stadio sia già stata praticamente scartata dalle due società, e che il progetto sia più o meno già definito. “Comune e club avranno fino a due mesi di tempo – ma saranno sicuramente più veloci – per produrre il dossier conclusivo in cui confermeranno (a meno di sorprese) il progetto, senza avere comunque l’obbligo di inserire le modifiche chieste nelle prossime settimane dai milanesi.” Ci sarà spazio per un confronto e una partecipazione reale? Perché se la risposta è no, il primo punto perde di valore e il rischio è di depotenziare tutta questa pletora di strumenti facendoli apparire come vuoti ed inutili (e invece sono solo usati male).
  3. Fa riflettere che uno strumento di partecipazione sia usato per la progettazione di uno stadio di calcio e non per questioni molto più urgenti e vitali come, ad esempio il contrasto e l’adattamento ai cambiamenti climatici delle nostre città.
IL PRIMO ARBITRO DONNA A DIRIGERE UNA PARTITA DI SERIE A

Fra l’altro, visto che ero sul sito della Gazzetta dello Sport mi sono fatto un giretto in homepage, cosa che in realtà faccio abbastanza abitualmente giusto per ricalcare lo stereotipo del maschio medio italiano. E vi ho trovato un altro articolo interessante. 

Quello che parla di una donna che con una camicia nera addosso si prepara a svolgere un compito fin qui riservato solo agli uomini. No, che avete capito… sto parlando di Maria Sole Ferrieri Caputi prima donna ad arbitrare una partita di serie A. La data prevista è quella del 2 ottobre, la partita, probabilmente, Sassuolo-Salernitana. Un altro tabù che si infrange.

AGGIORNAMENTI, IN CHIUSURA

Due cose di attualità, rapide rapide. La prima è che, vi ricordate la storia di Umberto Bossi fuori dal Parlamento, non eletto? Ecco, non è vera. C’è stato un errore nel calcolo dei seggi e in realtà Bossi è dentro. Così come anche altri candidati in diverse regioni d’Italia, che sono stati erroneamente esclusi nella prima comunicazione.

La seconda ve la do al volo, ma ne riparliamo domani perché merita un approfondimento di certo maggiore, ed è l’Uragano Ian che dopo aver causato danni e feriti a Cuba tocca terra in Florida come Uragano di categoria 4. Ma non abbiamo tempo oggi, ne riparliamo domani.

FONTI E ARTICOLI

#nucleare
The Guardian – UK’s nuclear waste cleanup operation could cost £260bn

#Nord Stream
Ansa – Quattro le falle nel Nord Stream, tre le esplosioni
la Repubblica – Baltico, le missioni della flotta russa nella zona dell’esplosione

#Iran
Avanti! – I riots anglo-sionisti non piegano Teheran

#San Siro
la Gazzetta dello Sport – Addio San Siro, via al dibattito pubblico. E la Cattedrale cambia forma

#arbitro donna
La Gazzetta dello Sport – Storico: prima partita di Serie A per Maria Sole Ferrieri Caputi

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