28 Mar 2023

Israele nel caos per la riforma della giustizia, governo in bilico – #698

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In Israele il governo è sull’orlo del baratro e il paese è paralizzato da enormi proteste contro la riforma della giustizia voluta da Netanyahu e della sua maggioranza di estrema destra, che secondo i manifestanti trasformerebbe il paese in una specie di regime autoritario. Ieri sera sono arrivati dei segnali di distensione. Parliamo anche degli e-fuels che la Germania ha insistito per inserire nella norma sull’addio alle auto endotermiche, del ritorno dei treni notturni in Europa, della crisi del lavoro e infine grande ritorno della rubrica trova il bias: tema, l’inquinamento a Milano.

In Israele sta succedendo di tutto. Le proteste contro la riforma della giustizia voluta dal governo di estrema destra guidato da Netanyahu sono sfociate in una protesta a 360° contro il governo che sta paralizzando il paese. le manifestazioni di questi giorni sono considerate le più grandi della storia di Israele e stanno mettendo assieme diversi frammenti della società. Poi ieri sera sono arrivati dei timidi segnali di distensione con Netanyahu che ha annunciato la sospensione dell’approvazione della legge e i sindacati che hanno interrotto lo sciopero generale. 

Prima di arrivare alle ultime novità però, cerchiamo di capire meglio sia in cosa consiste questa riforma che come sono organizzate le proteste. Lo facciamo seguendo un articolo di Davide Frattini, inviato del Corriere della Sera. Che scrive: “Sette giorni dopo l’insediamento alla fine dell’anno scorso il governo di estrema destra ha presentato quella che considera una «riforma» necessaria del sistema,[…] che punta a ridimensionare il ruolo della Corte Suprema, dei giudici e dei magistrato.

Per l’opposizione il blitz punta a trasformare il Paese in un regime autocratico. Le proteste vanno ormai avanti da 11 settimane, i sindacati hanno dichiarato lo sciopero generale, il Paese è bloccato (anche verso l’esterno: niente voli). Dopo il licenziamento di Yoav Galat, ministro della Difesa, per aver chiesto a Netanyahu una pausa nell’approvazione in parlamento, le prime spaccature sono emerse nella coalizione al potere”.

L’articolo poi spiega alcuni fatti non molto noti di Israele. Ad esempio che il Paese non ha una vera e propria costituzione, ma al suo posto, più o meno, ha una serie di tredici «leggi di base» che si ispirano alle indicazioni della Dichiarazione di Indipendenza e si concentrano soprattutto sui rapporti tra i poteri dello Stato, sulla protezione dei diritti civili e delle minoranze. 

In assenza di una costituzione propriamente detta diventano ancora più importanti i poteri dell Corte suprema, che ha il potere di bloccare e rinviare alla Knesset (il parlamento) qualsiasi norma che contraddica queste leggi oppure di rifiutare la legge sulla base della «clausola di ragionevolezza» per questioni amministrative.

La destra – e in parte l’opposizione – è convinta che in questi anni la Corte Suprema abbia abusato dei suoi poteri, intervenendo troppo e in troppe questioni. In particolare lo sostengono i leader dei cosiddetti “coloni”, gli israeliani che vivono in Cisgiordania e nei territori occupati e che vedono nei giudici un ostacolo ai piani di annessione della Cisgiordania. 

Ad avercela con la Corte suprema sono anche I partiti ultraortodossi (che fanno parte del governo), perché la Corte si è opposta – in nome dell’uguaglianza tra i cittadini – all’esenzione degli studenti delle yeshiva, le scuole rabbiniche, dal servizio militare obbligatorio per i giovani. Così come si è opposta al tentativo del governo di abbattere la legge anti-discriminazione, senza la quale ad esempio un tassista, proprietario di albergo, un medico potrebbero decidere di rifiutare i propri servizi per ragioni religiose, mettendo in pericolo i diritti di donne, cittadini arabi, o omosessuali.

Ad ogni modo, uno dei punti principali è che con questa proposta di legge il governo vuole rendere molto più facile bypassare la Corte suprema. In pratica si vuole introdurre la possibilità di sovrascrivere una decisione della Corte con un voto del parlamento a maggioranza minima (61 su 120 deputati). In questo modo qualunque intervento dei giudici diventerebbe inefficace perché la maggioranza parlamentare potrebbe facilmente ribaltarlo. 

In mezzo a tutta questa vicenda c’è anche una faccenda molto personale: Netanyahu è sotto processo per corruzione. Ripete quotidianamente che il processo contro di lui è un golpe per rimuoverlo, e quindi ha inserito nella riforma anche la novità che le nomine e le promozioni dei giudici vengano decise dall’esecutivo. Mentre in passato è stato tra i più decisi difensori dell’indipendenza della magistratura.

Come dicevamo è un attacco molto grave alle istituzioni democratiche del paese, alcuni analisti parlano di golpe o di stato autoritario. E ciò sta alimentando come ossigeno il fuoco delle manifestazioni. Scrive ancora Frattini: “Le manifestazioni vanno avanti da undici settimane e sono diventate le più grandi nella Storia del Paese. Ormai in strada scendono anche conservatori moderati che hanno votato il Likud di Netanyahu, religiosi. Assieme alla comunità Lgbtq+ (preoccupata dalle frange oltranziste e dichiaratamente omofobe nella coalizione), alle donne, ai movimenti favorevoli a un accordo con i palestinesi. 

Ma non solo: “L’avanguardia è guidata dai riservisti dell’aviazione e delle forze speciali: sono considerati l’élite e minacciano di rifiutare la chiamata in servizio. La spaccatura coinvolge quindi le forze armante e i generali sono preoccupati che i Paesi o le organizzazioni nemiche possano approfittare di questo indebolimento. Le violenze in Cisgiordania sono quotidiane – i palestinesi uccisi quasi 80 dall’inizio dell’anno – e gli attacchi contro gli israeliani hanno causato 14 vittime”.

Anche le aziende sono spaventate da questa situazione e la cosiddetta startup nation voluta da Netanyahu – che ha un master dalla Sloan School dell’Mit a Boston – ovvero la nazione paradiso delle startup, sta traballando perché i banchieri, i fondatori seriali di aziende hi tech, gli investitori internazionali temono che uno sbilanciamento tra i poteri, le crepe nella certezza del diritto, spingano alla fuga dei capitali.

L’altro ieri notte, dopo che Netanyahu aveva licenziato il ministro della Difesa Yoav Galant contrario alla riforma della giustizia, le proteste hanno messo a ferro e fuoco il paese, con scontri da Tel Aviv a Gerusalemme, anche nei pressi della residenza del premier. Secondo i media israeliani, sono scese in strada centinaia di migliaia di persone. La polizia ha aperto gli idranti e lanciato lacrimogeni per fermare i manifestanti.

Negli ultimi giorni per cercare di salvare il salvabile il presidente Herzog ha annunciato un paio di volte in diretta nazionale di aver approntato un compromesso, ma per giorni la cosa non è sembrata avere particolare concretezza. Poi ieri sera un segnale un po’ più concreto di distensione. In una conferenza molto attesa attorno alle 19 ore italiane Netanyahu ha annunciato la sua decisione di rinviare l’approvazione della riforma a dopo Pasqua con il benestare del ministro dell’Interno Ben Gvir che in cambio ha chiesto l’istituzione di una Guardia Nazionale sotto il suo controllo. Rinviare però non significa annullare, né rivedere. Insomma, è un’apertura, ma non significa per forza che la soluzione sia più vicina. 

 È davvero un periodo curioso, fatto di tante tensioni ma anche tanta energia nell’aria, in tutto il mondo. I governi sembrano essere molto spaventati da questo improvviso aumento dell’energia e ricorrono sempre più spesso a meccanismi autoritari anche in paesi democratici (lo abbiamo visto succedere anche in Francia) per provare a imbrigliarla. Cosa che a sua volta alimenta nuove tensioni. 

Le tensioni alimentano l’energia umana, energia che può essere distruttiva, come in una guerra, ma anche ad esempio essere incanalata per ribaltare un regime sempre più autoritario come quello israeliano. 

Torniamo a parlare della decisione dell’Ue sulle auto a combustione interna. A quanto riportano i giornali, è stata raggiunta l’intesa tra la Commissione europea e la Germania per consentire che anche dopo il 2035 i motori termici possano essere venduti a condizione che utilizzino solo ed esclusivamente e-fuel. Ne abbiamo parlato giorni fa, adesso arriva una sorta di semi-ufficialità. Purtroppo. 

Oltre a dare la notizia vorrei dirvi due cose in più su cosa sono questi e-fuels. Alcuni giornali sembrano non farsi troppe domande, tipo la Repubblica che titola “Ecco come sarà il motore del futuro alimentato con gli e-fuel …”. Dando già per scontato che questi e.fuels funzionino e quindi che saranno il motore del futuro. 

Solo che questi e-fuels hanno un sacco di problemi. Una delle prime cose che dicono diversi articoli è che questi e-fuel sono destinati ad alimentare in un futuro molto prossimo – si parla del 2026 – anche le vetture della Formula 1. E-fuels sta per electrofuels e sono dei carburanti sintetici prodotti attraverso un processo di elettrolisi dell’acqua, al fine di ottenere idrogeno.

L’idrogeno viene miscelato con la CO2 catturato dall’aria. E qui sta la differenza con i veicoli a idrogeno. L’idrogeno da solo ha bisogno di veicoli specifici e di tutta una infrastruttura specifica, molto costosa ed energivora. Gli efuel no, possono essere immessi nei veicoli tradizionali a benzina e diesel e possono essere distribuiti alla clientela attraverso le infrastrutture già esistenti. 

Ma:

  • Come dichiarato, ci viene messa CO2, CO2 che viene poi immessa in atmosfera bruciando. Il giochino è che si tratta di un circuito chiuso, perché è CO2 sottrratta in atmosfera per essere aggiunta all’idrogeno e poi tornare in atmosfera. 
  • Poi c’è la questione polveri sottili. Secondo alcuni studi gli e-fuel bruciando non ne produrrebbero ma mi pare di capire che non ci sia unanimità su questo.
  • Poi ancora c’è il problema non da poco che produrre efuel richiede un sacco di acqua e di energia. E non so se nel computo è inserita anche l’energia che serve a sottrarre CO2 all’atmosfera, che è tanta tanta al punto che al momento sembra che il gioco non valga la candela. 

Infine, tutto ciò fa sì che per ora il suo costo finale, secondo alcuni studi tecnici, arriverebbe fino a 10 euro. 

Per Markus Duesmann, patron dell’Audi, i carburanti sintetici “non sono destinati a giocare, nel medio termine, un ruolo rilevante nel settore delle auto più vendute”. E in funzione del loro costo molto elevato, secondo altri esperti, verranno utilizzati al massimo per vetture di lusso.

Detto ciò, mi sfugge il senso di questa barricata tedesca per ottenere questa concessione.

Ci spostiamo sul Post per commentare un articolo dal titolo: “In Europa stanno tornando i treni notturni”. Ve ne leggo un estratto: “Negli ultimi mesi in Europa sono aumentate le tratte percorse da treni notturni, quelli dotati di cuccette che partono la sera per arrivare a destinazione la mattina dopo, e nel prossimo anno ne verranno inaugurate di nuove. Diverse aziende ferroviarie, nazionali e private, stanno infatti investendo in questo tipo di trasporti, che hanno il vantaggio di percorrere lunghe tratte senza far perdere intere giornate ai viaggiatori. Dietro all’ampliamento di queste tratte c’è dichiaratamente la strategia di venire incontro ai viaggiatori, sempre più numerosi, che vogliono ridurre l’uso dell’aereo o della macchina per motivi di impatto ambientale”.

L’articolo poi ricorda alcune iniziative pubbliche a sotegno della mobilità su rotaia in diversi paesi, come in Francia, dove sono state vietate tre tratte aeree percorribili anche in treno in tempi ragionevoli, o in Germania dove la scorsa estate sono stati promossi biglietti da 9 euro al mese per viaggiare con treni regionali e trasporti pubblici in tutto il paese. 

E successivamente analizza quali sono le nuove offerte proposte dalle compagnie, che sono molte e in tutta Europa. Diverse di queste tratte potenziate riguardano anche il nostro paese anche se per opera di compagnie straniere, non mi pare leggendo l’articolo che al momento le compagnie italiane siano coinvolte in operazioni del genere. Al netto di ciò questa resta una notizia davvero bellissima, anche perché è indice di una scelta compiuta da sempre pi+ persone, che sta condizionando il mercato dei trasporti.

Torniamo a parlare di lavoro e più nello specifico del fenomeno di abbandono del lavoro da parte di una fetta sempre più consistente di persone. Due articoli, uno pubblicato da noi su Italia che Cambia e l’altro sul Sole 24 Ore, entrambi facenti riferimento a due ampie analisi, mostrano come questa tendenza, esplosa con la pandemia, non accenni a fermarsi. Scrive Francesco Bevilacqua su ICC “Dopo anni di pandemia che ha rivoluzionato il nostro modo di lavorare e gli obiettivi di vita dei lavoratori italiani, oggi l’Osservatorio BenEssere Felicità avvisa istituzioni, imprenditori e stakeholder di tutte le aziende italiane: i primi dati del 2023 dimostrano che la crisi nel mondo del lavoro rischia di cronicizzarsi. Per il terzo anno consecutivo l’associazione Ricerca Felicità, attraverso un sondaggio somministrato a un campione di 1106 persone, misura lo stato di salute della felicità e del benessere dei lavoratori, sia nella dimensione aziendale sia in quella individuale e sociale.

L’aspetto che mi sembra più interessante è che a voler cambiare di più lavoro sono proprio coloro che ci sono appena entrati nel mondo del lavoro, la cosiddetta generazione Z, gli under 25 che hanno risposto sì al 60%.

Il secondo articolo, quello del Sole, guarda l’altra faccia della medaglia, quella delle aziende che il lavoro lo offrono: “I datori di lavoro faticano a trovare profili da assumere, e non solo nel settore alberghiero e della ristorazione. Nel frattempo, andando ulteriormente ad alimentare la domanda, a fine 2022 il boom delle dimissioni volontarie ha toccato il suo picco massimo in Paesi come l’Italia, la Spagna e la Francia, diventando il sintomo più evidente del fatto che gli europei dopo la pandemia non vogliono più lavorare come prima”.

Questi dati sono il frutto di un’inchiesta – durata tre mesi – dello European data journalism network, a cui ha preso parte Il Sole 24 Ore insieme ad altre testate europee. Insomma il mondo del lavoro sta cambiando. O forse, credo io, il concetto di lavoro sta cambiando. Mi piacerebbe approfondire ulteriormente le motivazioni, ma come abbiamo detto più spesso in questa sede, credo che ci sia qualcosa di grosso che bolle in pentola, nell’inconscio collettivo della nostra società. Che ha a che fare con il senso del lavoro, del tempo libero, della vita.

Torna dopo una lunga pausa la mitica e mitologica rubrica Trova il bias! Se non sapete di cosa stia parlando, trova il bias è una storica rubrica di INMR in cui vi leggo Alcuni pezzi di un articolo in cui è contenuto un bias cognitivo e vi invito a individuarlo. I bias cognitivi sono degli errori logici del nostro cervello, che possono essere più o meno consapevoli e volontari ma il cui risultato è un ragionamento fallace. È importante imparare a conoscerli per saperli riconoscerli sia negli altri che in noi stessi.

Veniamo alla notizia. Nei giorni scorsi Milano è balzata agli onori delle cronache, si fa per dire, per la pessima qualità della sua aria. Molti giornali hanno titolato con titoli molto forti. Due esempi: Il Fatto Quotidiano: “Milano nella top 10 mondiale delle metropoli più inquinate. Cittadini per l’aria: “Sfatato il mito della città green”. Sala respinge le critiche”, GreenMe “ Milano non si respira: rimane ai primi posti nella classifica delle città più inquinante del mondo”.

Dopo questa serie di articoli, sono iniziati a uscirne molti altri che spiegavano come in realtà la notizia fosse una mezza fake, montata sul web. Milano è stata al terzo posto nella classifica delle città più inquinate, in una specifica classifica fornita da un’azienda provata che si chiama IQAir, i cui rilevamenti si basano su metodi scientifici non riconosciuti ufficialmente e in più è stata al terzo posto solo per poche ore. Il giorno dopo era già scesa al sessantesimo.

Ora, ciò non significa che l’aria a Milano sia fantastica e non ci siano polveri sottili, assolutamente, ma il modo in cui è stata presentata la notizia da molti giornali è decisamente fallace. Ora la domanda di rito è: in quale specifico bias cognitivo sono caduti (volontariamente o meno, non è importante) i titolisti o gli autori degli articoli dei giornali? Voglio il nome esatto, scrivetemelo nei commenti del video su YT. Al primo o la prima che indovina in omaggio una menzione d’onore nella rassegna di domani. 

#Israele
Corriere della Sera – Cosa prevede la riforma della giustizia in Israele? Il perché delle proteste. Netanyahu cambierà idea?
la Repubblica – Israele: accordo con Ben Gvir, Netanyahu annuncia: “Rinvio la riforma”. L’opposizione: “Pronti al dialogo”. Finito lo sciopero generale. Casa Bianca: “Accogliamo con favore il rinvio”
la Repubblica – Israele, il governo si spacca. Ben Gvir: se Netanyahu ritira la riforma della giustizia faccio cadere l’esecutivo
il Post – La riforma della giustizia contro cui si protesta in Israele, spiegata bene

#treni notturni
il Post – In Europa stanno tornando i treni notturni

#lavoro
Italia che Cambia – Cambiare lavoro: il 2023 sarà l’anno della “grande fuga”?
Il Sole 24 Ore – In diversi Paesi si registra carenza di manodopera .Picco di contratti risolti in Spagna, Francia e Italia. E cresce anche il turn over

#inquinamento #trovailbias
il Fatto Quotidiano – Milano nella top 10 mondiale delle metropoli più inquinate. Cittadini per l’aria: “Sfatato il mito della città green”. Sala respinge le critiche
GreenMe – A Milano non si respira: rimane ai primi posti nella classifica delle città più inquinante del mondo
Wired – Davvero Milano è la terza città più inquinata al mondo?

#Cuba
il Post – Una delle più gravi crisi a Cuba dalla rivoluzione castrista
Ansa – Elezioni a Cuba, scongiurata la diminuzione dell’affluenza

#forestazione urbana
Open polis – L’Italia non ha rispettato gli impegni sulla forestazione urbana

#Ilva
Irpi Media – Ex Ilva di Taranto, transizione impossibile

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